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Se l’Ilva adesso scoppia (Il Manifesto)

TARANTO – Dopo qualche giorno di calma apparente, ieri si è vissuta un’altra giornata di passione per Taranto e l’Ilva. Nel tardo pomeriggio un operaio, Giuseppe Raho, di 34 anni, ha riportato ustioni di primo grado in seguito allo scoppio delle scorie incandescenti di un contenitore denominato ‘paiola’, all’interno del reparto GRF (Gestione rifiuti ferrosi), sottoposto a sequestro preventivo dalla magistratura insieme ad altre cinque dell’area a caldo. L’operaio è stato trasportato all’ospedale ‘Perrino’ di Brindisi per ustioni di primo grado a braccia e volto. L’uomo, investito dalle scorie mentre era a bordo di una escavatrice, è stato subito soccorso e medicato nell’infermeria dello stabilimento. Nel reparto GRF, secondo quanto appreso da fonti sindacali, era in corso un’operazione di svuotamento del grosso contenitore che contiene scorie prodotte dall’Acciaieria 2 nei processi di formazione delle bramme. Le scorie sono scoppiate a contatto con il terreno umido, schizzando in varie direzioni. Il lavoratore ha subìto ustioni superficiali: piccole ustioni puntiformi in varie parti del corpo guaribili in otto giorni. Sempre ieri, gli operai che da otto giorni protestavano sul camino E312 e sull’Altoforno 5, hanno sospeso l’occupazione degli impianti dopo aver avuto un incontro con il prefetto di Taranto, Claudio Sammartino, al quale ha partecipato anche il presidente dell’Ilva, Bruno Ferrante.

Il caso ha voluto che l’incidente sia avvenuto proprio nel giorno in cui il decreto sul risanamento ambientale di Taranto è diventato legge, e mentre nelle aule del Tribunale di Taranto preneva il via il processo ai vertici dell’Ilva e dell’ex Italsider accusati di omicidio colposo per la morte di 15 operai, ammalatisi di amianto. Procedimento diverso rispetto all’inchiesta per disastro ambientale portata avanti dalla Procura di Taranto sull’inquinamento prodotto dall’area a caldo dello stabilimento siderurgico. Alla sbarra ci sono 29 imputati: nell’elenco figura anche Emilio Riva, il figlio Fabio, il direttore dello stabilimento di Taranto, Luigi Capogrosso, e diversi dirigenti che hanno gestito il passaggio del siderurgico dalla gestione pubblica (Finsider e Partecipazioni Statali) a quella privata, avvenuta nel 1995 con la vendita dell’Ilva a Riva da parte dell’Iri allora guidato da Romano Prodi.

Tra i rinviati a giudizio anche Giorgio Zappa, direttore generale di Finmeccanica, in forza all’Italsider dal 1988 al 1993 quale vice prima e direttore generale poi. Per tutti gli imputati è stato ipotizzato il reato di disastro colposo e l’omissione dolosa di cautele sul luogo di lavoro. I dirigenti dello stabilmento, si legge negli atti d’accusa, “omettevano nella direzione dell’impresa, di adottare cautele che secondo l’esperienza e la tecnica sarebbero state necessarie a tutelare l’integrità fisica dei prestatori di lavoro”: in particolare impianti di aspirazione nonché sistemi di abbattimenti delle polveri-fibre contenenti amianto idonei a salvaguardare l’ambiente di lavoro dall’aggressione del materiale cancerogeno, nonché “omettevano di far eseguire in luoghi separati le lavorazioni afferenti al rischio di inalazione delle polveri-fibre di amianto, generatesi durante le lavorazioni, a tutela dei lavoratori ripetutamente esposti ad amianto durante lo svolgimento di attività lavorative”.

Come non bastasse, é stata depositata ieri alla cancelleria penale del tribunale di Taranto la prima denuncia con la richiesta di contestazione del reato di omicidio volontario con dolo eventuale nei confronti dei rappresentanti dell’Ilva già coinvolti nell’’inchiesta per disastro ambientale. A presentarla l’avvocato Giuseppe Lecce, del foro di Taranto, per conto della figlia di un ex dipendente comunale che ha lavorato con mansioni da giardiniere per 30 anni in un vivaio in contrada Taranto Croce ed è deceduto nel 2006 a causa di un melanoma. Si tratta dello stesso legale che guiderà la class action dei cittadini, per la quale ipotizza una similitudine con il processo Thyssen.

A completare la giornata, la responsabile controllo spesa farmaceutica della Asl di Taranto, Rossella Moscogiuri, che nel corso del congresso della Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg) a Villasimius, ha reso noto alcuni dati relativi al primo semestre del 2012, “nel quale si è registrato un drastico aumento di ricoveri per patologie tumorali su tutto il territorio della Asl di Taranto, pari a un +50% rispetto al primo semestre del 2011”. Rilevando che in oncologia si registra “un aumento del 60% di day hospital e del 40% di accessi ambulatoriali”. A Taranto “si registra un’alta percentuale di patologie respiratorie insieme a una più alta spesa farmaceutica rispetto alla media nazionale”. La Moscagiuri ha anche spiegato che la Asl di Taranto ha avviato uno studio comparativo con altre Asl di Veneto, Toscana e Abruzzo: “Dai primi dati risulta che a Taranto il 3,3% della popolazione soffre di grave patologia respiratoria, contro l’1,8% di Verona e il 2,3% di Teramo”.

Gianmario Leone (Il Manifesto del 4 ottobre 2012)

 

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