A bordo dell’auto blu c’è il ministro dell’Ambiente Corrado Clini, colui che non farebbe mai crescere il nipote nel quartiere impolverato. Il centro di Taranto è presidiato dalle forze dell’ordine, off limits per i cittadini. Il percorso è punteggiato da decine di macchine dei Vigili Urbani, in una giornata che non prevede strappi alla regola e improvvisazioni. Clini non chiederà mai al suo autista di andare in via Orsini per raggiungere la piazzetta in cui è esposta la targa voluta da Peppino Corisi prima di morire. “Ennesimo decesso per neoplasia polmonare – 8 marzo 2012”. È questo il suo ultimo e doloroso messaggio, impresso sul balcone di casa.
Peppino è morto nello stesso giorno in cui si celebra la festa delle donne. E sono proprio tre donne, la moglie e le due figlie, a testimoniare il suo infaticabile impegno per una città più sana e il drammatico impatto con la malattia. «Aveva una tosse molto forte, gli mancava il respiro – racconta la moglie Graziella, 64 anni – dopo i controlli (raggi e tac) è stato ricoverato d’urgenza. La diagnosi equivaleva ad una sentenza senza appello: cancro maligno ai polmoni».
Il messaggio lasciato sul balcone di casa Corisi è nato da una conversazione con gli amici più cari, qualche giorno prima di morire: «Io non ce la faccio – ha confidato Peppino, nonostante la sua indole da combattente – affido a voi la mia denuncia contro l’inquinamento, nel rispetto di tutti i cittadini che si ammalano». Ora il testimone è passato agli altri componenti della famiglia. «Era mio padre quello che si esponeva, noi restavamo sempre defilate – racconta con pudore Sabrina, 37 anni – se oggi parliamo coi giornalisti non è per smania di protagonismo. E’ solo perché avvertiamo un dovere morale, in primis verso noi stesse, poi verso la cittadinanza».
# Frammento n. 1- Alessandra Congedo
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