Ilva, il decreto alla Camera: 336 milioni stanziati, solo 79 presenti

Parlamento amianto uranio

TARANTO – Dopo aver ottenuto il via libera, in sede referente, delle Commissioni Ambiente e Attività Produttive della Camera dei deputati, il decreto legge “per il risanamento ambientale e la riqualificazione del territorio della città di Taranto”, impropriamente chiamato “salva Ilva”, è approdato ieri nell’Aula di Montecitorio. Lo scorso 26 luglio, venne stipulato un Protocollo d’intesa tra il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero per la coesione territoriale, la Regione Puglia, la provincia di Taranto, il Comune di Taranto e il Commissario straordinario del Porto di Taranto.

Il Protocollo prevede una serie di interventi per la cifra di 336,7 milioni di euro. Al primo punto del Provvedimento la nomina di un Commissario straordinario, con il delicato compito di assicurare l’effettiva attuazione degli interventi previsti dal Protocollo. Il Commissario, inoltre, viene individuato come soggetto attuatore per l’impiego delle risorse, per un importo pari a 30 milioni di euro, del Programma Operativo Nazionale (PON) Ricerca e Competitività, nonché delle risorse già assegnate nell’ambito del Programma Operativo Nazionale (PON) Reti e Mobilità, per un importo pari ad euro 14 milioni. A tal proposito è stata realizzata una cabina di regia ad hoc, che sarà guidata dalla Regione Puglia nella persona del governatore Vendola.

L’area industriale di Taranto, sito d’interesse nazionale di Taranto che il 30 novembre del 1990 venne dichiarata area ad “elevato rischio di crisi ambientale”, nel 2012 viene riconosciuta come “area in situazione di crisi industriale complessa”, vede così attivare i progetti di riconversione e riqualificazione industriale la cui finalità è quella di agevolare gli investimenti produttivi, anche di carattere innovativo, dei territori interessati. Ciò detto, è bene ricordare ancora una volta come il protocollo d’intesa in questione, preveda nella maggior parte dei casi lo sblocco di fondi per progetti già approvati da tempo e destinati all’area di Taranto. In pratica, come denunciammo in solitaria lo scorso 27 luglio, un autentico bluff.

Lo stanziamento complessivo previsto dal protocollo di 336.668.320 euro, di cui 329.468.000 di parte pubblica e 7.200.000 di parte privata (non l’Ilva ma la TCT, che gestisce il traffico dei container nello scalo ionico), è così suddiviso: 119 per ‘interventi di bonifica’, 187 per ‘interventi portuali’ e 30 per ‘interventi per il rilancio e la riqualificazione industriale’. Ma tutto questa divisione altro non è altro che una rendicontazione sia di progetti da anni in itinere per lo sviluppo di Taranto sia di cifre prive di copertura economica a carico dello Stato. Dal Mar Piccolo ai Tamburi, dai dragaggi al potenziamento delle banchine del molo polisettoriale, vengono elencati una serie di interventi già annunciati o stanziati anni addietro. E mai realizzati. Dei 336 milioni di euro stanziati, dunque, solo 119 sono destinati alle bonifiche.

Ad oggi, di soldi veri da destinare a questa operazione fondamentale per il futuro di Taranto, ce ne sono appena 79 e di questi 59 sono della regione Puglia. Il ministero ne mette appena 20 di milioni. “Il risanamento di Taranto non é una questione locale ma un intervento di interesse nazionale”. Così il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, ha aperto i lavori intervenendo in Aula della Camera, dando il via alla discussione generale del ddl di conversione del decreto legge per il risanamento dell’area di Taranto. Peccato che ce ne si sia accorti soltanto dopo l’azione della magistratura.

Gianmario Leone (Il Manifesto)

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