Ecco uno stralcio della lettera: “In poche ore, a seguito di una telefonata balneare, la mia dignità professionale, la mia lealtà istituzionale, il prestigio dell’Agenzia che dirigo e di tutte le Arpa della cui associazione, AssoArpa, sono presidente, sono stati esposti a pubblico ludibrio e al tritatutto mediatico, ventilando una presunta cedevolezza se non arrendevolezza agli arroganti diktat di Ilva”. E’ quanto scrive Assennato nel documento che riportiamo in allegato in forma integrale: assennato.
In un altro passaggio si legge: “La drammatizzazione paventata da Archinà della situazione di Ilva corrispondeva comunque ad una consolidata strategia aziendale, fatta di minacce di rottura delle relazioni istituzionali, che già era stata dimostrata essere un bluff in occasione della legge regionale sulle diossine (“non si può fare”, “licenzieremo migliaia di operai”). In quella circostanza Taranto Sera pubblicò un articolo con la mia foto ed il titolo “Arpa condanna tremila famiglie” (incidentalmente, due settimane fa, lo stesso giornale ha pubblicato un articolo dello stesso tenore, dal titolo “Arpa antioperaia”.
Assennato continua: “Da parte mia la tattica è sempre stata opposta a quella di Archinà. Mentre si teneva e si è sempre tenuta la barra ben dritta (cosa ben nota allo stesso Archinà), nelle conversazioni si cercava di promuovere una moral suasion finalizzata a conseguire un impegno dell’azienda ad accedere alle nostre proposte, senza che queste comportassero rischi di chiusura”. Poi, aggiunge: “Non si è mai determinata nessuna arrendevolezza o cedevolezza ad Archinà da parte mia, come nei confronti di qualsiasi altro stakeholder; Arpa ed io stesso abbiamo sempre mantenuto la schiena dritta nel difficile compito assegnato di tutelare l’ambiente e la salute dei cittadini: diversamente non sarebbe spiegabile quello che risulta da altre trascrizioni ovvero che fosse stato architettato un piano per distruggermi (Corriere del Mezzogiorno di ieri)”.
A. Congedo
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