A vestire i panni del fustigatore è il presidente dell’Ilva Bruno Ferrante che prima di cominciare un’audizione davanti alla Commissione di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, ha dichiarato: «Ho letto durante l’udienza delle frasi intercettate di Archinà (in merito alla stampa comprata, ndr). Mi sono molto stupito, e devo dire anche arrabbiato e indignato. Per cui era giusto che andasse via». Al giornalista che provocatoriamente gli ricorda che Archinà “curava gli interessi dell’azienda”, Ferrante ha replicato: «Sì ma li curava male, molto male». E alla domanda: lei non si era accorto di niente? Il neo presidente dell’Ilva ha risposto visibilmente piccato: «Io sono da un mese lì…».
Ma la giornata nera di Ferrante doveva ancora conoscere un’altra parentesi amara. Poco dopo è stato lui, infatti, vittima di una sonora critica. Ecco cosa ha dichiarato il presidente della Commissione d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti della Camera, Gaetano Pecorella (Pdl), al termine dell’audizione: «Ferrante mi ha convinto solo di una cosa: vi è in corso un’alternativa senza possibilità di sfuggirvi che è: o ci lasciate andare avanti così o noi chiudiamo tutto, non solo Taranto, ma anche le altre fabbriche che da Taranto dipendono. Questo non è condivisibile e non è accettabile, perché così come in altri Paesi anche da noi si deve produrre l’acciaio senza produrre diossina e senza provocare malattie, credo che questo sia possibile farlo. Capiamo che non si possa fare in pochi giorni o in pochi mesi, ma il progetto che deve avere l’Ilva è quello di arrivare alla compatibilità tra salute e lavoro».
Alessandra Congedo
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