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Ilva, Archinà tra difesa e attacco

TARANTO – Ci si era lasciati con le parole del presidente dell’Ilva Ferrante venerdì scorso. Una conferenza stampa in cui l’attuale presidente dello stabilimento siderurgico ponderava termini e toni, conscio di una situazione delicatissima. Confermando, sostanzialmente, l’impegno del gruppo a restare in città e ammettendo che se avesse ricoperto questo ruolo in epoca passata avrebbe scelto “strategie diverse di dialogo con la città”.

Ieri, in Condindustria, il responsabile per le relazioni istituzionali Girolamo Archinà ha utilizzato toni più accesi e risentiti. Una difesa d’ufficio per i suoi colleghi in quanto “si tratta di accuse infamanti che non hanno ragione d’essere” e accuse – più o meno velate – a chi conduce un’indagine perché nonostante “il rispetto per la magistratura ci sono uomini che possono fallire”.

Il portavoce dell’Ilva ha poi ripercorso alcuni passaggi che hanno portato l’azienda a un processo di riconversione: «Se oggi si disconosce di non essere all’anno zero per gli interventi di ambientalizzazione è inutile che continui a parlare. Oltre 4 miliardi investiti dai Riva: se non si riconosce questo mi fermo qui. C’è un dramma che stanno vivendo i miei colleghi, dopo 58 anni Riva ha spontaneamente rinunciato alla presidenza ma questo è stato interpretato come una presa in giro. Tutti dobbiamo riflettere e ognuno deve stabilire se non si è fatto nulla oppure se bisogna proseguire per completare quelle attività di ambientalizzazione già in atto. Non è possibile raffrontare oggi al ’98, occorre analizzare quanto messo in campo dall’Ilva negli ultimi anni».

Poi si passa al contrattacco: «Vogliamo certezze normative. È inaudito entrare in vortici a causa di cavilli legislativi differenti che si intrecciano l’un l’altro. Io faccio parte di quest’azienda da decenni e ho fatto carriera durante la partecipazione statale. Sono anche grato a quel periodo ma bisogna ammettere che oggi paghiamo le conseguenze di quegli anni».

Infine, l’appello accorato: «Ci vuole buon senso. Mi auguro si utilizzi ragionevolezza a Taranto, a Bari e a Roma. Ci vogliono certezze normative perché le aziende devono muoversi in ambiti chiari. Senza di queste le imprese sono morte. Senza l’Ilva lo è l’economia locale e non solo».

Alessio Pignatelli (Nuovo Quotidiano di Puglia)

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