Ieri, in Condindustria, il responsabile per le relazioni istituzionali Girolamo Archinà ha utilizzato toni più accesi e risentiti. Una difesa d’ufficio per i suoi colleghi in quanto “si tratta di accuse infamanti che non hanno ragione d’essere” e accuse – più o meno velate – a chi conduce un’indagine perché nonostante “il rispetto per la magistratura ci sono uomini che possono fallire”.
Il portavoce dell’Ilva ha poi ripercorso alcuni passaggi che hanno portato l’azienda a un processo di riconversione: «Se oggi si disconosce di non essere all’anno zero per gli interventi di ambientalizzazione è inutile che continui a parlare. Oltre 4 miliardi investiti dai Riva: se non si riconosce questo mi fermo qui. C’è un dramma che stanno vivendo i miei colleghi, dopo 58 anni Riva ha spontaneamente rinunciato alla presidenza ma questo è stato interpretato come una presa in giro. Tutti dobbiamo riflettere e ognuno deve stabilire se non si è fatto nulla oppure se bisogna proseguire per completare quelle attività di ambientalizzazione già in atto. Non è possibile raffrontare oggi al ’98, occorre analizzare quanto messo in campo dall’Ilva negli ultimi anni».
Poi si passa al contrattacco: «Vogliamo certezze normative. È inaudito entrare in vortici a causa di cavilli legislativi differenti che si intrecciano l’un l’altro. Io faccio parte di quest’azienda da decenni e ho fatto carriera durante la partecipazione statale. Sono anche grato a quel periodo ma bisogna ammettere che oggi paghiamo le conseguenze di quegli anni».
Infine, l’appello accorato: «Ci vuole buon senso. Mi auguro si utilizzi ragionevolezza a Taranto, a Bari e a Roma. Ci vogliono certezze normative perché le aziende devono muoversi in ambiti chiari. Senza di queste le imprese sono morte. Senza l’Ilva lo è l’economia locale e non solo».
Alessio Pignatelli (Nuovo Quotidiano di Puglia)
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