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Il Tar di Lecce respinge ricorso Ilva su uso acque depuratore

TARANTO – La sentenza del Tar di Lecce depositata lo scorso 11 luglio non ha rappresentato una vittoria su tutti i fronti per l’Ilva. Pur accogliendo le istanze del siderurgico su alcune prescrizioni contenute nell’Autorizzazione Integrata Ambientale, i giudici del Tar hanno respinto il ricorso riguardante la prescrizione di utilizzo delle acque ultra affinate del depuratore Gennarini- Bellavista, contenuta nel decreto di autorizzazione ambientale integrata emesso dal Ministero dell’Ambiente. Lo ha confermato nella giornata di ieri l’assessore alle Opere pubbliche e Protezione civile Fabiano Amati.
I giudici amministrativi di Lecce, quindi, hanno ritenuto legittima la prescrizione richiesta dalla Regione Puglia, di obbligare l’Ilva, entro 24 mesi, alla predisposizione di un sistema di distribuzione interna, al fine di utilizzare nei propri impianti produttivi, e prioritariamente, le acque affinate degli impianti reflui civili di Taranto Gennarini/Bellavista, secondo accordi da stipulare con la Regione Puglia, che disciplineranno le modalità di gestione degli impianti e la relativa contribuzione annuale fissa al costo di gestione a carico dello stabilimento.

Parallelamente alla detta prescrizione, il TAR Lecce ha ritenuto legittimo l’ulteriore obbligo a carico dell’Ilva di predisporre, entro sei mesi dal rilascio dell’AIA, uno studio di fattibilità finalizzato a ridurre il prelievo primario del 20% entro 3 anni e del 50% entro la scadenza dell’AIA, mediante il riuso delle acque dolci usate nel ciclo produttivo e attraverso il riutilizzo delle acque degli impianti di trattamento reflui civili della zona, secondo accordi da stipulare con la Regione, compatibilmente con la fornitura quali-quantitativa conforme alle esigenze di utilizzo.

La motivazione di legittimità posta a fondamento del rigetto del ricorso, nella parte relativa alle prescrizioni sull’approvvigionamento idrico dell’industria siderurgica tarantina, è relativa al “potere della Regione di incentivare il risparmio delle risorse idriche ha ora un esplicito riferimento nell’art. 99, secondo comma, del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, per il quale: “Le regioni, nel rispetto dei principi della legislazione statale, e sentita l’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, adottano norme e misure volte a favorire il riciclo dell’acqua e il riutilizzo delle acque reflue depurate”.

A sua volta il D.M. 12 giugno 2003 n. 185, richiamato nella prescrizione impugnata, ha dettato norme tecniche “per il riutilizzo delle acque reflue domestiche, urbane ed industriali attraverso la regolamentazione delle destinazioni d’uso e dei relativi requisiti di qualità, ai fini della tutela qualitativa e quantitativa delle risorse idriche, limitando il prelievo delle acque superficiali e sotterranee, riducendo l’impatto degli scarichi sui corpi idrici recettori e favorendo il risparmio idrico mediante l’utilizzo multiplo delle acque reflue” (art. 1, primo comma).

Tenuto conto del quadro normativo sommariamente delineato, la prescrizione con cui si favorisce l’uso delle acque affinate dell’impianto Gennarini/Bellavista si dimostra legittima e ragionevole, dal momento che viene accompagnata da una serie di misure volte a impedire sostanziali nocumenti all’attività produttiva, poiché l’utilizzazione delle acque non è prevista in via esclusiva (bensì “prioritariamente”), a seguito di accordi con la Regione Puglia (nei quali dovranno trovare adeguata considerazione tutte le ragioni rappresentate dall’Ilva, compresa la questione relativa alla realizzazione delle tubature di adduzione) e, soprattutto, “compatibilmente con la fornitura quali-quantitativa conforme alle esigenze di utilizzo” (così da salvaguardare le necessità tecniche di un approvvigionamento idrico idoneo al processo produttivo). Negli stessi termini del previo accordo con la Regione e della compatibilità con le esigenze di utilizzo si esprime la prescrizione (…) del parere istruttorio (che onera Ilva di predisporre uno studio di fattibilità finalizzato a ridurre il prelievo primario)”.

“La sentenza del Tar Lecce – ha commentato l’assessore – non attribuisce la qualità di vincitore o vinto a nessuno; afferma semmai un principio di migliore utilizza della risorsa idrica, per preservarla prioritariamente agli usi potabili. Devo sinceramente dire, che reputo utile che sull’argomento siano stati interpellati i Giudici amministrativi, perché oggi ci vediamo restituire uno statuizione di principi idonea a chiarire un contesto normativo ed amministrativo oggettivamente complicato e controverso. Non nascondo tuttavia – ha concluso Fabiano Amati – che la decisione interviene in un contesto storico in cui i timori del rischio siccità appaiono più che fondati anche rispetto al 2004, quando il Commissario delegato per l’emergenza idrica in Puglia, aveva previsto il completamento del progetto dell’utilizzo industriale Ilva delle acque reflue di Taranto, al fine di riservare all’uso potabile ed irriguo le acque del Sinni e del Tara, il cui prelievo da parte di Ilva, ad oggi, è di 250 litri al secondo, immettendo nel ciclo produttivo, in termini sostitutivi, le acque reflue civili dopo l’apposito trattamento di ultra affinamento”.

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