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Emissioni Ilva, le inquietanti immagini fornite da un’ecosentinella

Riportiamo l’articolo pubblicato questa mattina dal TarantoOggi insieme alle inquietanti immagini fornite da un’ecosentinella.

TARANTO – Sono le 20 di lunedì 2 luglio. Taranto è avvolta in una cappa di calore. Un’eco-sentinella di nostra fiducia è all’esterno dell’area Ghisa dell’impianto di agglomerazione dello stabilimento Ilva di Taranto, dove avviene la specifica attività di sinterizzazione (impianto di primaria ed essenziale importanza per il siderurgico). In pratica, siamo sotto il maestoso camino E312 che si libra nell’aria in tutta la sua grandezza e altezza. E’ una struttura che incute oggettivamente timore.

Ed è forse la rappresentazione “migliore” dell’era industriale novecentesca e del suo folle innamoramento per il capitalismo. Come si evince chiaramente dall’immagine, dal camino non esce praticamente nulla. Una situazione che negli ultimi mesi si è ripetuta spesso, specie sino a quando è ben presente la luce del giorno. Di notte, invece, la situazione cambia, ma non certamente come negli ultimi anni.

Sarà per via della riduzione della produzione o per il fermo di alcuni impianti. Sarà anche per questo se le appena quattro campagne effettuate da ARPA Puglia nel 2011 sulle emissioni del camino E312 nell’arco di un intero anno, abbiano dato come esito finale un clamoroso 0,3, al di sotto del limite previsto dalla legge regionale anti-diossina n.44 del 2008, ovvero i famosissimi 0,4 ng TEQ/Nm3. Sarà.

Eppure, come ben sapete, abbiamo sempre contestato la validità scientifica di quei dati, basati su un impianto a ciclo continuo h24 che lavora 365 giorni l’anno. Perché il problema dell’inquinamento, come abbiamo sempre saputo, non è solo in quel camino. Anzi. Per capirlo, basta ritornare alla relazione tecnica dei periti chimici nominati dalla Procura di Taranto nell’ambito dell’inchiesta sull’Ilva. Perché la verità è che le parole, da sole, non bastano quasi mai a spiegare la realtà. Le immagini, invece, hanno il potere di fermare il tempo e lo spazio. E soprattutto di esprimere pensieri senza l’ausilio delle parole. Ed è quello che abbiamo deciso di fare oggi. Anche perché non è possibile pubblicare i video registrati sempre quella sera, presso l’area su citata.

D’altronde, quando i periti chimici affermarono nella loro relazione che “l’esame dei profili dei congeneri PCDD/PCDF e PCBdl analizzati e riscontrati nelle matrici suolo, aria ambiente e bioindicatori prelevati nelle aree urbane, agricole e i terreni adiacenti l’insediamento Ilva, hanno evidenziato un’elevata correlazione tra i profili riscontrati nei campioni prelevati presso lo stabilimento di Ilva Spa, area agglomerazione, quali quelli delle polveri abbattute dagli elettrofiltri ESP e MEEP e quelle prelevate nei campionamenti ambientali effettuati in prossimità del reparto, risultando invece meno evidente il contributo di quanto emesso in atmosfera dall’emissione E312 AGL2, in quanto caratterizzato da profili di congeneri PCDD/PCDF diversi”, in molti sono rimasti interdetti.Ma come, ci si chiese: non era dal camino E312 che usciva tutta la diossina riscontrata negli ultimi anni? Non è quel camino che ha avvelenato la nostra aria, la nostra terra, i nostri animali?

Queste foto dimostrano che i periti chimici avevano ragione. Nella loro relazione infatti essi affermano che “i risultati portano pertanto a ritenere che i terreni agricoli indagati, utilizzati per il pascolo ed altre attività agricole, siti in aree adiacenti allo stabilimento Ilva spa, risultano contaminati da PCDD/PCDF e PCBdl emessi dall’attività di sinterizzazione presente nello stabilimento”. Per dichiarare subito dopo che “pur nella cautela che i limiti della conoscenza scientifica e sperimentale in questo caso pongono, si ritiene ragionevole affermare una correlazione preferenziale dei contaminanti riscontrati nei tessuti e negli organi animali esaminati con i profili di congeneri di PCDD/PCDF riscontrati nelle emissioni diffuse da ILVA spa”.

Nelle foto che pubblichiamo oggi, potete guardare con i vostri occhi quello che i periti hanno scritto nella loro relazione. Ovvero una fuoriuscita continua di inquinanti dagli elettrofiltri posti alla base dell’area di agglomerazione prodotti dall’attività di sinterizzazione dell’Ilva. Che si disperdono non solo nell’area circostante: perché da lì iniziano un viaggio che nessuno è in grado di dire dove andrà a finire. Sono quelle che vedete nella foto le famose emissioni diffuse e fuggitive che a Taranto costituiscono la vera criticità dell’impianto di agglomerazione. D’altronde lo confermarono anche i periti quello che avviene ogni giorno nell’Ilva: “numerose e varie sono le emissioni non convogliate incontrollate che si originano dai diversi impianti dello stabilimento Ilva nella sua attività produttiva”.

Questa è la verità delle immagini. Oltre che delle parole. Un documento sconvolgente, che per la prima volta viene pubblicato su un giornale che da anni combatte una battaglia che tende unicamente alla verità dei fatti: per difendere una città intera e non solo alcune parti di essa. Operai in primis.

Immagini che dimostrano ancora una volta come l’Ilva sia lontana anni luce non solo da un’idealistica e impossibile eco-compatibilità, ma “semplicemente” da un serio e rigoroso controllo giornaliero soprattutto nelle aree più critiche. Dalle quali si sprigionano inquinanti che hanno avvelenato per decenni i nostri terreni, la nostra aria, i nostri polmoni, i nostri animali. Come hanno confermato i periti epidemiologi nella loro relazione: “L’esposizione continuata agli inquinanti dell’atmosfera emessi dall’impianto siderurgico ha causato e causa nella popolazione fenomeni degenerativi di apparati diversi dell’organismo umano che si traducono in eventi di malattia e di morte”.

Dopo queste immagini, crediamo sia del tutto inutile, almeno in questo articolo, riportare il vuoto delle dichiarazioni di ieri mattina sulla giornata organizzata dal Centro Studi Ilva proprio sulla diossina, con la presenza di esperti internazionali, che però hanno taciuto sulla realtà di Taranto. Ciò nonostante, l’ing. Giancarlo Quaranta, direttore del Centro Studi Ilva, è riuscito ad affermare che “i dati a disposizione, così ci dicono gli studiosi, non confermano gli allarmismi di alcuni”. Crediamo sia del tutto superfluo sottolineare ancora una volta come il miliardo di euro speso in tema ambientale in tutti questi anni, non abbia affatto risolto i problemi cronici di cui soffre da sempre il siderurgico tarantino. Così come, di fronte a queste foto, è inutile sottolineare chi dice il vero e chi afferma il falso. Chi è dalla parte della ragione e chi da quella del torto.

Chiosa finale: dopo 15 anni da direttore del siderurgico, si è dimesso l’ing. Luigi Capogrosso, coinvolto in diversi procedimenti insieme alla famiglia Riva. Lo stesso manterrà la qualifica di Dirigente e “si dedicherà in particolare al supporto tecnico per la difesa dell’attività dello stabilimento e dei suoi dipendenti nell’ambito dei noti procedimenti in corso”. La storia, lentamente, fa il suo percorso inesorabile. E “il nostro unico dovere nei confronti della storia, è di riscriverla”. (Oscar Wilde, Dublino, 16 ottobre 1854 – Parigi, 30 novembre 1900).

Gianmario Leone (dal TarantoOggi del 5 luglio 2012)

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