Negli ultimi tre mesi Greenpeace ha promosso una campagna per fare luce sull’impatto ambientale, climatico e sanitario del più grande gruppo energetico del Paese. Oltre ad aver accumulato nuovi dati sul primato assoluto di Enel come emettitore di anidride carbonica (azienda n.1 in Italia con 36,8 milioni di tonnellate di CO2 emesse nel 2011, quarta in Europa con 78 MtCO2), l’associazione ambientalista ha commissionato a un Istituto di ricerca indipendente uno studio in cui – applicando a dati di emissione ufficiali la metodologia dell’Agenzia Europea per l’Ambiente – dimostra che la produzione termoelettrica a carbone dell’azienda causa in Italia una morte prematura al giorno e danni al Paese stimabili in quasi 2 miliardi di euro l’anno. In Europa quella stessa produzione causerebbe quasi 1.100 casi di morti premature l’anno e danni per 4,3 miliardi di euro.
«L’“energia che ti ascolta” vuole oscurare un sito che critica la sua politica industriale –dichiara Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace. –Solleviamo questioni della massima importanza, che riguardano la salute delle persone e il futuro dell’ambiente, del clima, del lavoro. Enel risponde che i danni da noi denunciati non hanno base scientifica, eppure sono calcolati con i metodi già impiegati dall’Agenzia Europea per l’Ambiente. Persino Christine Lagarde, capo del FMI, ha recentemente denunciato i 70 mila morti causati in India dall’uso del carbone per produrre elettricità».
«La nostra campagna è certamente forte e d’impatto. Ma si basa su due affermazioni non smentibili: la prima è che il carbone uccide – sia il clima che le persone – la seconda è che Enel è di gran lunga il primo produttore di elettricità da carbone in Italia. Domani comincia dunque una partita anche sul diritto di espressione e di protesta, che aumenterà la nostra determinazione nel portare avanti questa campagna» conclude Boraschi.
Greenpeace contesta il peso delle emissioni di gas serra e la politica pro-carbone di Enel dal 2006. In questi sei anni l’azienda non ha mai aperto un confronto sulle sue politiche industriali, al contrario come risposta ha inviato una lettera di risarcimento per 1,6 milioni di euro per le azioni di protesta fatte nei suoi impianti a carbone dal 2006 in poi.
Comunicato stampa – Greenpeace
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