Entrando nel merito delle due perizie elaborate dagli esperti incaricati dal gip Patrizia Todisco nell’ambito dell’inchiesta sull’inquinamento Ilva, gli avvocati non vanno tanto per il sottile sostenendo che “la perizia medica è gravemente errata e fuorviante”, in quanto attribuisce le responsabilità delle emissioni di PM10 interamente all’Ilva senza tenere conto delle altre fonti inquinanti. Inoltre, contestano il valore guida considerato dai periti: la soglia di 20 μg/m3 indicata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, invece di 40 μg/m3, limite di legge fissato in Europa e quindi anche in Italia. Nel commentare i dati delle centraline del quartiere Tamburi, i legali dell’Ilva dichiarano che il quadro è molto più rassicurante di quello che si registra in molte città italiane come Roma, Firenze e Padova, dell’intera Pianura Padana e di altre realtà estere. Secondo loro, quindi, non vi sarebbe alcun motivo di allarme per i tarantini. E pazienza se gli sforamenti dei limiti previsti per le polveri sottili si sono verificati proprio nel quartiere a ridosso dell’Ilva, dove il traffico veicolare non gioca certo un ruolo decisivo, come accade invece nelle località citate, dove si ricorre al blocco del traffico per rimediare all’emergenza.
I legali si sbilanciano anche in merito ai dati del Registro Tumori. Quelli accertati si fermano al 2006. Nella memoria, però, si afferma con gran sicurezza che i fenomeni tumorali a Taranto sono inferiori alla media nazionale, a quella regionale e ai dati della provincia di Lecce. Per tirare fuori dalle responsabilità l’attuale gestione Ilva, Perli e Marra affermano che a Taranto si registrano per lo più tumori ai polmoni nella popolazione maschile “sia per il pregresso utilizzo dell’amianto nei cantieri navali, sia per una maggiore propensione al fumo della popolazione maschile nelle città portuali. Fenomeni comunque riconducibili a più di 20-25 anni per il periodo di lunga latenza che caratterizza quel tipo di malattie tumorali”. Convinti di queste loro certezze, sostengono “che le perizie in questione hanno volutamente descritto una situazione ambientale e sanitaria che, fortunatamente, a Taranto non esiste”. E pazienza se in una recente intervista il dottor Cosimo Nume, presidente dell’Ordine dei Medici della provincia ionica (insieme ad altri autorevoli medici) ha parlato di un preoccupante aumento dei tumori alla tiroide, “per le quali vi è una stretta correlazione con gli inquinanti ambientali e in particolare con le diossine”.
A parere dell’Ilva, evidentemente, non sarebbero da prendere sul serio neanche le parole del dottor Patrizio Mazza, esperto ematologo, che denuncia un impressionante aumento di varie patologie tumorali che si presentano con sempre maggiore aggressività anche tra i più giovani. Così come non avrebbero grande rilevanza gli inquietanti risultati riportati nello studio Sentieri, coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità, che ha raccolto i dati su 44 Siti contaminati di interesse nazionale. Questa è la strategia adottata dall’Ilva per uscire incolume dall’inchiesta che la vede protagonista nelle aule giudiziarie. La sua verità, quindi. Ma è proprio in quelle aule giudiziarie che attendiamo di conoscere la Verità con la v maiuscola.
Alessandra Congedo
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