Categories: Attualità

Addio al Sud, le provocazioni di Angelo Mellone

TARANTO – La confusione esercita una forza disarmante.  Stilisticamente voluta. Umanamente cercata. E’ lapalissiano che Angelo Mellone, tarantino di nascita, tanto nel testo Addio al Sud, quanto nella trasposizione scenica (più che reading è un vero e proprio spettacolo), abbia scelto di provocare, soffiando rabbia, la sua, e sollevare il vento della critica accentuando la provocazione. Sul palco del teatro Bellarmino  un “comizio furioso del disamore”. Scrittore, giornalista, protagonista perché attore in scena, Angelo Mellone resta sospeso. Rispetto al Sud, anche il suo Sud, seppur da tempo non vissuto con la carne, sceglie la contraddizione. Parafrasando Pasolini “con lui e contro di lui”. “Via. Andare via. Perché Sud è una faccenda da chiudere, un conto da regolare... Eppure Sud mi continua a chiamare”.

La scrittura è di pregio. I contenuti scivolano pesanti, duri perché reali nelle tragedie di un Meridione in affanno.  Sono volti, ricordi, ma anche pregiudizi, tanti, ancorati nella storia, ma in parte sganciati dal qui e ora, quelli che incalzano veloci nelle letture di Angelo Mellone e di Raffaella Zappalà, ottima interprete. C’è la Taranto degli anni ’80 con le sue mattanze della malavita, c’è il santo laico Iacovone, c’è un cenno alla Grande Fabbrica e pure a Giancarlo Cito. C’è la piaga del caporalato (“…scaricano rumeni ammassati nei bugigattoli come pelati in barattoli”). Poi ci sono le cronache più moderne con tinte di nero e di rosa: il delitto di Avetrana (“tuguri dischiusi al mondo solo grazie all’antenna parabolica”) e il turismo modaiolo del Salento, (“le slovacche scendono col charter per sposarsi un bancario danzatore di pizzica”).

E ancora. C’è la Lucania e Francis Ford Coppola, Napoli (“la capitale del Sud arroventata”), e i luoghi comuni su De Magistris e Nichi Vendola. Racconti letti, ascoltati e commentati nelle strade e nelle stanze di Roma dove vive oggi Angelo Mellone. A circa 500 km di distanza da Taranto. Una battaglia la sua. Da lontano. E’ lui stesso a definirla così nelle ultime sfumature del testo: “Solo quando la guerra sarà finita prenderò congedo e allora dirò a mia figlia, e allora dirò a mio figlio: tu questo sei. Anche tu porti cenere, ulivo e salsedine”.

La confusione è il continuo divenire emotivo dell’autore. Addio al Sud è uno zibaldone cocente di pensieri e parole, dal ritmo frenetico, che aggancia chi ascolta. Meritano le musiche e i video sullo sfondo. Ma non stupisce. Fa discutere, questo si. Nel bene e nel male purché se ne parli. Strappa però un attimo di suggestione alla cadenza affamata e feroce della narrazione una parentesi sublime, scritta della stesso Mellone, scevra di rancore, e interpretata dalla Zappalà. Un monologo, innamorato, questa volta, nel quale la leggerezza permette finalmente alle parole di volare: “Lei è Sud perché ama essere trafitta dal sole e sprofondare nella battigia costruendo collane di telline”.

Alessandra Cavallaro

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