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Il Governo punta sul petrolio – Il ruolo del progetto Tempa Rossa

Il premier Mario Monti punta forte sul petrolio. Ed uno dei suoi “bracci armati”, il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera, si è subito messo all’opera per attuare nel più breve tempo possibile, una nuova strategia energetica per l’Italia, che mira al rilancio della produzione nazionale di idrocarburi. Lo stesso Passera ha infatti dichiarato che “ci sono riserve ingenti di gas e petroliouna parte importante delle quali è attivabile in tempi rapidi, consentendo di soddisfare il 20% dei consumi, contro l’attuale 10“. Trovando una sponda fertile nel presidente di Assomineraria, Claudio Descalzi, che da anni va ripetendo come “il settore estrattivo e, in particolare quello dell’esplorazione e produzione di idrocarburi, può investire ingenti risorse finanziarie per lo sviluppo di giacimenti a terra e a mare, soprattutto nelle regioni del Sud, con particolare attenzione per la Basilicata” (il Sole24Ore). E’ sempre lei, l’”Arabia Saudita italiana”, ad essere al centro dei pensieri della politica e dei suoi tecnocrati. Ed alla Basilicata e al suo petrolio, Taranto è da sempre legata. Non solo metaforicamente, ma anche e soprattutto praticamente, “grazie” all’oleodotto di Viggiano che arriva direttamente all’interno della raffineria Eni partendo dalla Val’Agri, cuore pulsante degli interessi nazionali ed internazionali (vedi progetto “Tempa Rossa”).

E i primi passi in tal senso, a livello istituzionale, sono stati già mossi. Prima con l’impegno del Governo per la sigla del Memorandum, poi con l’articolo 16 del testo sulle liberalizzazioni ed infine con l’intesa raggiunta nel Consiglio regionale della Basilicata. A molti infatti, è sfuggito nei giorno scorsi il vertice che si è svolto a Roma, tra l’amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, ed il governatore lucano Vito De Filippo. Dove si è parlato di sicurezza, ambiente e lavoro che le compagnie petrolifere dovrebbero garantire al territorio lucano. E non solo, aggiungiamo noi. Ma il vertice aveva un obiettivo ben preciso, peraltro raggiunto: quello di ottenere il sì al completamento del programma di produzione in Val d’Agri: sono attualmente 24 i pozzi in produzione, di cui uno di reiniezione. Nove sono ancora da realizzare, tre dei quali adibiti alla ricerca. Ogni pozzo prevede nella fase di perforazione l’impiego di una media di 130 addetti. Pronti a partire anche i lavori per la quinta linea del ‘Centro Olio’. Dureranno dai 20 ai 24 mesi, con un investimento di 250 milioni: ricadute occupazionali intorno alle 400 unità, con un massimo ipotizzato di 700 unità, cui si aggiungono le imprese dell’indotto. Attualmente, i lavoratori dell’Eni al Centro Olio sono circa 300, mentre gli indiretti (i contrattisti all’interno dell’impianto) sono 1.700.
Ed ovviamente sul tavolo non poteva mancare il progetto “Tempa Rossa” gestito in concessione dalla Total. A cui manca soltanto l’autorizzazione definitiva dell’Unmig (Ufficio nazionale minerario per gli drocarburi e le georisorse). In attesa, dopo l’ultimo ok al progetto definitivo da parte del Cipe, come riportammo giorni addietro sono stati firmati i primi contratti. L’Ati tra Tecnimont Spa e Tecnimont KT si è aggiudicata, per 500 milioni, la realizzazione del Centro Olio di Corleto Perticara, in cui saranno trattati e stabilizzati petrolio, acqua e gas associato. I lavori di costruzione dell’impianto, che partiranno il 14 maggio e dureranno tre anni, avranno ricadute occupazionali fino a 1.000 unità. Alle aziende locali, invece, sono state lasciate soltanto le briciole: 60 milioni di euro per i lavori civili, ovvero di preparazione per quelli che saranno effettuati dalla Maire Tecnimont. Stessa cosa avverrà alla raffineria Eni di Taranto, che ha programmato lavori per 300 milioni di euro, che potrà effettuare soltanto un’azienda con bilancio minino annuale da 250 milioni di euro: con un bando scaduto nello scorso anno, ma di cui ancora non si conosce la ditta vincitrice.

Anche se, al centro degli interessi, resta sempre l’intero sottosuolo della Basilicata, come quello di gran parte del Paese, ancora inesplorato. Sempre sul “Sole24Ore” di ieri, il direttore generale Risorse minerarie ed energetiche del dipartimento Energia del Mse, Franco Terlizzese, ribadiva il concetto: “Sono leggermente aumentate le produzioni nazionali: ma il problema è che in Italia non si fanno pozzi esplorativi, necessari per uno sviluppo oculato dei giacimenti. È necessario spingere le compagnie petrolifere a investire in ricerca per creare un patrimonio di conoscenza che l’Italia e in particolare la Basilicata ci auguriamo riescano a ottenere“. In tutto questo, non c’è spazio per parlare di tutela della salute e dell’ambiente. Né per avanzare anche solo l’ipotesi di un’economia che può e deve ritornare a quelle che sono le bellezze e le risorse vere di un territorio. Si pensa soltanto a scavare quanto più a fondo possibile. In spregio a tutto il resto. La produzione attuale è di circa 85mila barili/giorno nel giacimento lucano dell’Eni (con una partecipazione minoritaria di Shell) in Val d’Agri, ma si punta ad arrivare a circa 130mila con il nuovo Piano di sviluppo in corso di trattativa tra Eni e Regione Basilicata. A cui vanno aggiunti i 50mila barili al giorno che saranno prodotti dalla Total (anch’essa con Shell socio di minoranza) col giacimento di ‘Tempa Rossa’. In tutto, parliamo di circa 180mila barili di petrolio al giorno. Chapeau.

Gianmario Leone (dal TarantoOggi del 27 aprile 2012)

 

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