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All’amore in Ilva? No, grazie – Irriverente provocazione di un sindaco del Nord

Per una volta, abbiamo deciso di prenderla con il sorriso. Con filosofia ed un pizzico di ironia. D’altronde, dopo la consegna della relazione sulla perizia svolta dai periti chimici che costituisce la prima parte della maxi perizia sull’Ilva, disposta nell’ambito di un incidente probatorio dal Gip Patrizia Todisco, è iniziata puntuale la nauseante corsa al classico “l’avevamo detto prima noi” o, peggio ancora, siamo costretti ad imbatterci in faziosi comunicati stampa provenienti dal settore comunicazione del siderurgico e in chi, imperterrito, pur avendo un ruolo di primo piano nell’informazione locale, continua a giocare di sponda con l’Ilva, dipingendo una realtà che non esiste o, addirittura, finendo per stupirsi che in tutti questi anni non ci sia stata detta tutta la verità. Sorpresa nella sorpresa, in molti sono costretti oggi ad ammettere che sì, la diossina che ha inquinato i terreni nel raggio di oltre 20 km dagli impianti industriali, causando l’abbattimento di migliaia di capi e la rovina di intere famiglie e storiche masserie, è di origine “siderurgica”: come se la diossina o tutti gli altri inquinanti presenti nella nostra aria, nel nostro mare e nella nostra terra, provenissero da chissà dove.

Per tutti questi motivi, dunque, arriva proprio al momento giusto l’iniziativa di Domenico Finiguerra, sconosciuto sindaco di Cassinetta di Lugagnano, comune sperduto dell’hinterland milanese. Un paesino “a cemento zero”: ovvero  un’amministrazione che ha deciso di non occupare più un solo metro quadro di suolo agricolo con nuovo cemento. Una nuova filosofia di come praticare seriamente la tanto decantata sostenibilità ambientale (da noi la chiamano eco-compatibilità, per sostenere la tesi che industria ed ambiente non sono poi così in contraddizione), poiché implica concetti fondamentali quali la consapevolezza che vivere in un pianeta limitato con risorse limitate, deve comportare un uso intelligente delle sue risorse. In pratica, tutto il contrario di quanto sinora pensato ed attuato nel nostro territorio negli ultimi sessant’anni.

E così, veniamo a scoprire che questo simpatico primo cittadino di questo piccolo comune lombardo, non solo è riuscito a convincere i suoi concittadini che questa è la strada giusta per difendere l’ambiente e la loro salute, tanto da auto-tassarsi pur di portare avanti questa politica innovativa. Ma si è concesso anche il lusso di provocare gli scettici con un irriverente sondaggio, ponendo loro una domanda più che scabrosa per la moralità comune, ma molto semplice e disarmante allo stesso tempo: “Voi dove preferireste fare l’amore? Alle Fontane Bianche (una spiaggia di fiume) o in un centro commerciale sul cemento duro? Magari in compagnia di un po’ di puzza di smog, con motorini che arrivano da tutte le parti? Dentro una grande industria? Oppure preferireste farlo in un fienile, in campagna, all’aperto, sotto una bella coperta? Su le mani, facciamo un sondaggio. Però dovete essere sinceri”.

Il bello, o il brutto se volete, è che il Sindaco Finiguerra ha fornito ai partecipanti ad un convegno anche una tabella lasciando aperte varie possibilità tra cui scegliere. E come esempio di industrie inquinanti dove qualcuno alla ricerca di “nuove emozioni” vorrebbe provare a far l’amore, chi ti spunta fuori? Sempre lei, l’Ilva di Taranto. In compagnia dell’altro mostro italiano, Porto Marghera. Indubbiamente, il sindaco Finiguerra usa un tono giocoso e ironico, ma centra il punto: in un territorio devastato dall’inquinamento industriale e occupato sempre più dal cemento e dalle discariche (noi abbiamo sia l’uno, che l’altro e l’altro ancora), non resta più spazio per nulla: nemmeno per i posti romantici dove fare l’amore.

Non siamo forse nella stagione adatta – ironizza Finiguerra – ma guardatevi attorno: effettivamente i posti all’aperto candidati a ospitare coppie che fanno all’amore sono un bel po’ ridotti causa inquinamento. Molte delle campagne italiane sono state colonizzate dai centri commerciali frequentati di sabato e domenica proprio da ragazzi che mano nella mano guardano imbambolati vetrine e bevono caffè assolutamente al chiuso. Non parliamo poi delle spiagge colonizzate sia da buste di plastica, che da bottiglie e immondizia varia e abbondante. O del territorio svenduto alle grandi industrie e alle grandi discariche”.

In luoghi come Cassinetta di Lugugnano, hanno fatto una scelta di vita: in tutti i sensi. Noi, invece, continuiamo ad avere amministratori, sindacati, imprenditori, intellettuali ed industriali, che continuano a scegliere per noi e il nostro futuro, per rincorrere interessi economici e personali di varia natura. Ma qualcosa, anche se molto lentamente, sta cambiando. Anche noi sogniamo una Taranto a “cemento zero”, libera dalle industrie, dalle discariche, circondata dalle sue campagne e dalle sue storiche masserie. Con un mare finalmente libero di brillare ed un cielo terso con i suoi orizzonti mozzafiato, anch’essi liberi dai fumi degli oltre 200 camini che ci affogano da decenni. Sogniamo? Certo. Ma i sogni, come gli ideali, si coltivano, giorno dopo giorno. Una Taranto migliore dipende soprattutto da noi. D’altronde, lo diceva anche Rosa Luxemburg: “La Rivoluzione dice: io sono stato, io sono, io sarò”.

Gianmario Leone

g.leone@tarantooggi.it

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