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Eni, il “no” a Tempa Rossa in una petizione al Parlamento Europeo – Iniziativa di Legamjonici

TARANTO – Varcare i confini nazionali per richiamare l’attenzione sul progetto “Tempa Rossa” dell’Eni. Il Comitato Legamjonici ha presentato nelle scorse settimane una petizione al Parlamento Europeo per ottenere il rispetto della legislazione comunitaria, a partire dalla revoca del decreto di compatibilità ambientale relativo al progetto.

Il documento, messo a punto in collaborazione con l’associazione Greenaction Transnational, è già stato accolto e registrato. Ora bisognerà aspettare il compimento del suo iter, che potrebbe durare circa sei mesi. I dettagli dell’iniziativa sono stati illustrati ieri mattina da Daniela Spera, coordinatrice di Legamjonici.

«Tanto per cominciare – ha dichiarato l’ambientalista – nella procedura di Via (Valutazione d’Impatto Ambientale) per il progetto “Adeguamento stoccaggio del greggio proveniente dal giacimento Tempa Rossa”, è stata esclusa l’effettiva partecipazione del pubblico, con conseguente violazione dell’art. 6 della direttiva 85/337/CEE».

La Spera ha sottolineato che nello Studio di Impatto Ambientale (sintesi non tecnica) risultano completamente omesse le valutazioni relative ai rischi di incidente rilevante nella Raffineria e lo studio sull’effetto domino. «La popolazione non è nemmeno informata dei rischi attuali dell’impianto (articolo 13, paragrafo 1, della Direttiva Seveso) – ha detto la Spera – tali gravi omissioni costituiscono severa violazione delle Direttive 96/82/CE e 2003/105/CE».

I motivi di preoccupazione sono legati alla manipolazione di greggio, alla costruzione di due serbatoi della capacità di 180.000 m3, al possibile sversamento di sostanze tossiche in atmosfera e in mare. A preoccupare è anche l’aumento del traffico di navi petroliere, col rischio di riversamento di idrocarburi nel Mar Grande e di esposizione della popolazione alle conseguenze di un incidente rilevante.

Inoltre, si fa presente che lo studio di impatto ambientale ha fatto emergere diverse criticità: la mancanza di dati relativi ad un’indagine epidemiologica che tenga conto delle attuali condizioni sanitarie della popolazione ionica; il previsto incremento di emissioni diffuse e fuggitive fino a circa il 12%; l’assenza di proposte alternative, compresa la cosiddetta “opzione zero”.

Legamjonici ha poi segnalato il pesante inquinamento del Mar Piccolo e l’elevato rischio di definitiva compromissione del Mar Grande. Ha quindi citato il parere dell’istituto Superiore di Sanità del 12 maggio 2010, che aveva evidenziato più di un anno fa, il rischio sanitario derivante dal consumo di prodotti ittici contaminati da pesante inquinamento. Secondo il Comitato, ciò configura una violazione della direttiva 93/43/CE sulla sicurezza alimentare. «A tal proposito – ha spiegato la Spera – vista la gravità della situazione, riteniamo necessario l’intervento della Direzione Generale per la Salute e i Consumatori (Sanco) della Commissione Europa».

Infine, un cenno a quanto avvenuto in occasione del sit-in organizzato dal comitato davanti alla Raffineria agli inizi di ottobre: «Nel corso di una conversazione telefonica Carlo Guarrata, direttore dello stabilimento, si era impegnato ad incontrare una nostra delegazione. In seguito ho presentato formale richiesta senza ricevere, però, alcuna risposta. La verità è che la grande industria non è aperta al dialogo».

Alessandra Congedo

 

 

 

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