«La valutazione di questo progetto – aggiunge Leo Corvace del direttivo di Taranto – non può limitarsi alla sola valutazione di impatto ambientale ma deve anche tener conto della sua funzionalità in rapporto al territorio. Non si può infatti permettere che il nostro territorio, a fronte delle mancate bonifiche, sia utilizzato per scopi speculativi seppur mascherati da finalità ambientali. Spesso nel dibattito in corso si dimentica come la nuova centrale andrebbe a sostituire in maniera molto parziale quella in esercizio. Di quest’ultima, infatti, è prevista la dismissione di moduli per meno di 20 mgw, con il mantenimento in funzione di turbogas e turbine a vapore per una produzione di circa 67 mgw. Quindi la nuova centrale sarà dotata di una potenza di circa 307 mgw rispetto agli attuali 87 con relativo incremento della produzione di energia elettrica da 437 Gwh/a a 2166. La natura speculativa del progetto è ancor più evidente se si considera che solo il 25 % di questa produzione servirà per soddisfare il fabbisogno della raffineria mente il resto è destinato al mercato. Un’operazione soprattutto di ordine commerciale dunque che consideriamo incompatibile – aggiungono i due esponenti ambientalisti – con le criticità ambientali del territorio ed inopportuna in una regione già esportatrice dell’82% dell’energia prodotta dagli impianti siti sul suo territorio. Sul piano ambientale poi ad una riduzione delle emissioni di SO2 (biossido di zolfo) fa da contraltare il notevole incremento di monossido di carbonio (da 87 a 456 ton/a) e di anidride carbonica (da 337mila a 931mila ton/a)».
Per Legambiente è assolutamente necessario, invece, il risanamento della inquinante ed in gran parte obsoleta vecchia centrale: «Qualsiasi soluzione adottata deve tradursi in operazioni che tendano al solo soddisfacimento dei bisogni energetici della raffineria e alla sua sicurezza. In quest’ottica sono possibili due soluzioni: la realizzazione di una nuova centrale a ciclo combinato di potenza inferiore rispetto al progetto proposto e con contestuale chiusura completa della vecchia. Oppure il mantenimento delle componenti più funzionali (comunque il modulo più recente è del ’93) di quest’ultima integrandole con caldaie più moderne. Infine occorre una maggiore trasparenza rispetto all’osservanza, da parte dell’ENIPOWER, delle prescrizioni imposte dall’A.I.A. e dal suo piano di monitoraggio in sede di rilascio avvenuto nel dicembre 2009».
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