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Risarcimento per danno biologico ad operaio Ilva, le valutazioni del dottor Mazza (Idv)

A seguito della notizia del riconoscimento di danno biologico, ad un operaio dell’Ilva di Taranto, appresa dalla stampa in questi giorni, operaio ammalatosi di epatopatia cronica tossica, quindi tumore, per prolungata esposizione a sostanze micidiali e riconosciute come “tossiche”, appunto il toluene (solvente) ed l’apirolio (pcb), per il quale è stato calcolato in un risarcimento di 198.000,00 euro, sento di voler esprimere mie personali valutazioni.

Reputo che se viene dimostrato che vi è un nesso di causalità tra l’insorgenza della malattia e l’attività lavorativa svolta, come nel caso di specie, giunto a sentenza grazie al pervicace lavoro svolto dal legale dell’operaio e quindi del Giudice del Lavoro, il danno subito dalla persona e quindi da riconoscere debba essere determinato in un “quantum” anche maggiore rispetto alle 198.000,00 euro, da risarcire dall’industria, perché se si considera che una persona vive in media fino ad 80 anni il calcolo andrebbe effettuato prevedendo una perdita economica per sé stesso, e se capo famiglia anche avendo riguardo agli interessi di quest’ultima.

Quindi presumendo che la persona lesa abbia 50 anni e le venga diagnosticato un tumore, considerando la media degli 80 anni come riferimento di età massima raggiungibile, reputo che si debba fare una stima di circa 30mila euro all’anno da calcolarsi per 15 anni, validi per arrivare all’età pensionabile, così giungendo ad un totale di 450mila euro, ai quali vanno sommati inoltre gli anni della pensione, quindi da calcolarsi circa 20mila euro annui per ulteriori 15 anni (calcolo dai 65 anni agli 80 stabiliti come media di vita) per un totale di 300mila euro; per finire il totale sarebbe di 750mila euro (cioè i 450mila euro più i 300mila euro).

A tutto ciò bisognerebbe aggiungere il danno patito dalla famiglia sia in termini economici, quindi perdita di reddito sia in termini morali ed affettivi, questi ultimi decisamente ardui da definire in cifra numerica, ragione per cui se io dovessi stabilire un danno globale subito e da riconoscere ad un operaio ad esempio di 50 anni, con le problematiche e tutte le motivazioni esposte sopra, ed ancorate al nesso di causalità tra malattia ed attività lavorativa, partirei da una base di risarcimento di almeno 1milione di euro aumentabili a seconda dell’età e dell’attività del soggetto.

Pertanto a tutti i lavoratori ammalatisi di tumore, quindi patologie correlate ad attività lavorative riconosciute come “perniciose” per la salute, non dovrebbe essere applicato un danno forfettario come fatto sino ad oggi dall’Inail né calcolato secondo una tabella standard che non tiene conto di così importanti valutazioni non solo economiche ma anche etiche e sociali; un danno calcolato voce per voce come fatto dal sottoscritto.

Dottor Patrizio Mazza – Consigliere Regionale della Puglia per l’Italia dei Valori

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