La proposta avanzata dal Centro Ittico consiste nell’utilizzo di due zone: quella che va da Chiapparo al Ponte Girevole e l’area antistante la Città Vecchia. Nel tratto di mare compreso tra via Margherita e via Lago di Misurina ci sono, però, ben sette scarichi di emergenza dell’Acquedotto Pugliese. A far suonare il campanello d’allarme sono stati la Capitaneria di Porto e l’Aqp ricordando un vincolo ben preciso: la legge vieta la balneazione e le attività di pesca e mitilicoltura per un raggio di 500 metri dagli scarichi in mare. In più, la Capitaneria di Porto ha posto il divieto in relazione al traffico mercantile. Per sciogliere il nodo, quindi, occorrerà studiare meglio la situazione.
Domani il presidente del Centro Ittico Tarantino, Massimo Giusto, dovrebbe effettuare un sopralluogo in Mar Grande per individuare ulteriori aree da destinare alla mitilicultura compatibili con le esigenze dei coltivatori per poi comunicare le relative coordinate alla Capitaneria di Porto affinché si possa trovare una congiuntura favorevole che soddisfi l’economia del prodotto e le esigenze della navigazione.
Insomma… per trovare nuove aree idonee alla miticoltura, l’attività più sana ed antica della città, bisognerà districarsi tra divieti, scarichi in mare, problemi legati alla navigazione e chissà quanto altro ancora. Ogni punto rischia di risultare davvero troppo sensibile. Sembra uno scherzo del destino: ma il mare di Taranto si è trasformato in un enorme campo minato.
Alessandra Congedo
La mappa dei veleni: la distribuzione di pcb nei sedimenti dei mari di Taranto, elaborata dal Cnr e corrispondente a uno studio effettuato dall’Ispra. Le varie tonalità di blu, soprattutto quelle più scure, rendono evidente la gravità della situazione in più zone.
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