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Registro Tumori, i dubbi di Peacelink: «Occorre un approfondimento sui lavoratori esposti ai cancerogeni»

Non si è fatta attendere la reazione di Peacelink dopo la presentazione del primo report del Registro Tumori avvenuta questa mattina a Palazzo di Città. Pur dando atto del lavoro svolto con abnegazione da chi, con pochissime risorse, ha dovuto elaborare una grande mole di dati arretrati, l’associazione presieduta da Alessandro Marescotti mette in guardia sulla incompletezza di questi primi dati: «Ciò che emerge è solo una informazione preliminare che necessita di approfondimenti per capire l’impatto che gli inquinanti hanno avuto sulle aree di popolazione più esposta. Mancano infatti i dati disaggregati di coloro che quotidianamente per motivi di lavoro entrano a contatto in modo più frequente e massiccio con i cancerogeni industriali. Gli operai “esposti” a Taranto sono “invisibili” nella mappa del cancro. Eppure la legge prevede che vi sia un Registro dei lavoratori esposti ad agenti cancerogeni».

Peacelink si rivolge direttamente alle autorità competenti chiedendo se abbiano ottemperato alle prescrizioni di legge, emanate con Decreto Ministeriale 155/07 del Ministero della Salute (Regolamento attuativo dell’articolo 70, comma 9, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626. Registri e cartelle sanitarie dei lavoratori esposti durante il lavoro ad agenti cancerogeni, G.U. 18 settembre 2007, n. 217). In base a quanto riferito da Marescotti, il Registro dei lavoratori esposti ad agenti cancerogeni (previsto dall’articolo 70, comma 1, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni) deve essere istituito dal datore di lavoro e inviato agli organi preposti alla prevenzione e alla sicurezza. Questo prevede il comma 3 dell’articolo 2 del DM 155/07 che istituisce il Registro dei lavoratori esposti ad agenti cancerogeni:“Il datore di lavoro invia in busta chiusa, siglata dal medico competente, la copia del registro di cui al comma 1 all’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL) e all’organo di vigilanza competente per territorio entro trenta giorni dalla sua istituzione”.

Continua Marescotti: «L’Ispsel è stato recentemente sciolto e incorporato nell’Inail, e tuttavia il DM 155/07 andava e va attuato, e chi doveva attuarlo deve dare conto di ciò che è stato fatto a Taranto. Il DM 155/07 prescrive: “La conservazione dei dati sanitari raccolti deve essere assicurata per 40 anni dalla cessazione del lavoro comportante esposizione ad agenti cancerogeni” (art.3 comma 6). Quindi le autorità sanitarie dovrebbero essere in possesso di una consistente quantità di dati che possono consentire di effettuare calcoli statistici sull’impatto che i cancerogeni industriali hanno avuto e hanno attualmente sui lavoratori dell’Ilva».

Arriviamo quindi ad una domanda inquietante: dove sono le “cartelle sanitarie e di rischio” dei lavoratori Ilva in pensione? Scrive Marescotti: «Tali cartelle sono previste dal dlgs 626/94 e consentono di documentare gli effetti dell’esposizioni dei lavoratori agli agenti cancerogeni. Sono decine di migliaia le “cartelle sanitarie e di rischio” su cui si possono compiere indagini, sia per capire l’incidenza dei tumori sui lavoratori in attività sia per verificare se quelli in pensione hanno avuto delle conseguenze dopo l’esposizione».

A questo punto, Peacelink chiede alla Procura della Repubblica di farsi carico, nell’ambito dell’incidente probatorio, di un’indagine specifica sull’esposizione dei lavoratori agli agenti cancerogeni, anche per verificare se il Registro dei lavoratori esposti ad agenti cancerogeni sia stato effettivamente attivato e se sia disponibile per effettuare elaborazione statistiche per verificare quanti decessi e quanti ammalati vi siano stati in questi anni nei reparti a più alto rischio.

Infine, va segnato che Peacelink ha deciso di effettuare una donazione agli allevatori che si sono costituiti come parte offesa nell’incidente probatorio al fine di effettuare una consulenza tecnica che valuti gli aspetti ambientali ed epidemiologici dell’inquinamento industriale. Un modo per esprimere solidarietà agli allevatori e la fattiva vicinanza ai lavoratori dell’Ilva.

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