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Legambiente: «Riva pensa a salvare il San Raffaele. E Taranto?»

“Se i reati ipotizzati fossero confermati – affermano  Stefano Ciafani, Francesco Tarantini e Lunetta Franco di Legambiente – saremmo di fronte a quella che può essere definita una intollerabile “refrattarietà” dell’azienda ad operare rispettando le regole confermando quello che tanti lavoratori Ilva sostengono nell’anonimato. A Emilio Riva ci viene di suggerire che piuttosto che investire i suoi denari nel salvataggio del San Raffaele (un altro favore al Governo dopo il congruo contributo al salvataggio Alitalia?) farebbe bene a investirli a Taranto per rendere lo stabilimento siderurgico più grande d’Europa un carico più sopportabile per la città che lo ospita”.

Per Stefano Ciafani, responsabile scientifico nazionale di Legambiente “la nuova inchiesta per disastro ambientale causato dal siderurgico, per la gravità dei reati ipotizzati, per l’ampiezza e la qualità del pool di periti messo in campo, cui si è aggiunto un ulteriore gruppo di periti epidemiologi per la parte riguardante la salute di lavoratori e cittadini, può dare il contributo decisivo a chiarire come ha operato l’Ilva, quale carico di veleni ha riversato su Taranto e sui suoi cittadini, quante e quali patologie possono essere ascritte a questo carico inquinante. Un quadro che, alla luce dell’indagine del NOE di Lecce, resa nota ieri e conclusasi con la richiesta di sequestro cautelare degli impianti per bloccare il protrarsi delle attività inquinanti del siderurgico, sembra delinearsi di assoluta gravità, come già del resto quello che portò nel 2002 al sequestro delle cokerie da parte della magistratura”.

In questa inquietante cornice si pone la vicenda dell’Autorizzazione Integrata Ambientale  che rischia di concludersi con un inaccettabile colpo di mano da parte del Ministero e della Commissione. Legambiente conferma l’allarme già lanciato da Altamarea: “Rischiamo  di chiudere malissimo un iter che ha avuto una durata abnorme (doveva concludersi nell’ottobre 2007) e nel quale in troppe occasioni le richieste dell’ILVA per un “ammorbidimento” delle prescrizioni previste hanno trovato pronta e sicura accoglienza negli organismi ministeriali e nello stesso ministro Prestigiacomo (si ricordino soltanto la fiera opposizione del Ministro alla legge regionale “antidiossina” e il D.L. sul benzo(a)pirene votato lo scorso agosto e, da ultimo, la convocazione di una riunione il 4 luglio, un giorno prima della conferenza di servizi, per consentire all’ILVA di presentare le proprie ulteriori osservazioni al Parere Istruttorio Conclusivo sull’AIA redatto dalla Commissione Ippc)».

Conclude Legambiente: “Non possiamo che ribadire che qualunque “annacquamento” dell’AIA sarebbe inaccettabile e rappresenterebbe in caso di accertamento di reati un vero e proprio atto di connivenza con il gestore. Ci chiediamo infine se gli accertamenti effettuati dal NOE e la conseguente richiesta di sequestro degli impianti non debbano costituire elemento di attenta valutazione per la stessa commissione IPPC ”.

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