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Inquinamento: l’UE condanna l’Italia

Un’altra figuraccia per l’Italia. La corte di giustizia dell’Unione Europea l’ha condannata per non aver rispettato gli obblighi comunitari sulle industrie inquinanti in merito alla direttiva IPPC del 2008 sulla “prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento proveniente da un’ampia gamma di attività industriali”.

«Gli Stati membri – ricorda la Corte – dovevano adottare le misure necessarie affinchè le autorità competenti vigilassero, mediante autorizzazioni, che entro il 30 ottobre 2007 gli impianti esistenti funzionassero secondo i requisiti della direttiva. In Italia, secondo la Commissione Ue, alla scadenza del termine del 30 ottobre 2007, numerosi impianti funzionavano senza essere dotati dell’autorizzazione e tale situazione persisteva allo scadere del termine previsto nel parere motivato (2 aprile 2009). Da una nota dell’Italia del 14 aprile 2009 emerge che le autorità competenti non erano neppure in possesso di tutte le informazioni relative al numero di impianti presenti sul territorio nazionale e alle loro attività. Dalle informazioni comunicate dall’Italia nel 2009 emerge che soltanto una parte delle autorizzazioni preesistenti era stata riesaminata e aggiornata, mentre le autorita’ competenti non avevano ritenuto necessario riesaminare le autorizzazioni di 608 impianti preesistenti».

Quindi, afferma la Corte, “l’Italia, non avendo adottato le misure necessarie affinchè le autorità competenti controllino, attraverso autorizzazioni rilasciate a norma della direttiva IPPC, 2008/1/CE, ovvero mediante il riesame e l’aggiornamento delle prescrizioni, che gli impianti esistenti funzionino secondo i requisiti imposti dalla stessa, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza della direttiva”.

«Ancora molti siti industriali italiani – ha commentato Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente  – sono privi delle nuove Autorizzazioni integrate ambientali (Aia) che dovevano essere rilasciate gia’ dalla fine del 2007. Ne e’ esempio l’Ilva di Taranto, uno dei piu’ grandi complessi industriali d’Europa, noto negli anni scorsi per le sue elevate emissioni di diossina e per quelle di benzo(a)pirene. Ma anche per questo cancerogeno invece di intervenire per abbassarne le emissioni, il Governo con il recente Dlgs 155/2010 ha prorogato l’entrata in vigore del valore limite al 2012. Ci auguriamo pertanto che, dopo questa condanna, la Commissione Aia e il Ministero dell’Ambiente concludano al piu’ presto le procedure di autorizzazione, evitando scorciatoie pericolose, che al danno farebbero seguire una imperdonabile beffa».

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