Teleperformance, si rischia la chiusura: da domani 8 giorni di sciopero

teleperformanceTeleperformance ha confermato ai sindacati le difficoltà nel mantenere aperte alle attuali condizioni le sedi di Taranto e di via di Priscilla a Roma, attualmente in perdita. Lo rende noto il segretario della Slc Cgil di Taranto dopo la riunione che si è svolta ieri all’Unione degli industriali di Roma. “L’azienda – osserva il sindacalista – ci ha comunicato che in questo contesto non regge e che se non si risolve la questione chiudono Taranto e vanno via dall’Italia, lasciando solo la commessa su Parco Leonardo a Fiumicino”.

Le segreterie nazionali dei sindacati “stanno scrivendo urgentemente al Ministero del Lavoro e al Governo – prosegue Lumino – per aprire tavolo specifico su Teleperformance”. La multinazionale francese nei giorni scorsi aveva annunciato ai sindacati la volontà di scorporare la sede di Fiumicino per farla confluire in una newco e mantenere la Spa In e out per le sedi di via di Priscilla a Roma e di Taranto modificando perciò i contratti e riducendo il monte ore da 33 a 20. Proposta poi respinta dai sindacati che hanno chiesto al governo di modificare urgentemente le norme introdotte dalla Legge di stabilità per le incentivazioni alle assunzioni, soprattutto riguardo la decontribuzione triennale, che hanno indotto, nel settore dei servizi dei call center, “una distorsione – sottolineano – accentuata della concorrenza”.

Nonostante il sindacato si sia mostrato, ancora una volta, propositivo e pronto ad ascoltare la controparte nel rispetto degli accordi, delle normative e dei lavoratori l’azienda ha continuato a ribadire i soliti insopportabili ritornelli sulla societarizzazione e sull’identificazione dei lavoratori con i fannulloni e più in generale con la zavorra. Ma al netto dei singoli casi, l’Ugl ritiene che tutto questo sia inaccettabile – si legge in una nota dell’Ugl Telecomunicazioni -. Nonostante i vari sacrifici a cui i dipendenti di Teleperformance sono sottoposti da diverso, troppo tempo, non è mai mancato l’impegno e la professionalità, come dimostrano i diversi premi vinti in questi anni. Chiederci di replicare l’accordo del gennaio 2013 e che scadrà il 30 giugno, per di più irrobustito da ulteriore e inconcepibile flessibilità, non ci trova d’accordo. E non crediamo che serva trovare rifugio negli ammortizzatori sociali, perché servirebbe solo a procrastinare il problema e non a risolverlo”.

Confermo la totale disponibilità del Governo alla convocazione in tempi rapidissimi di un tavolo di crisi, previa richiesta non ancora pervenuta delle parti interessate”. Ad affermarlo interrogata da un’interrogazione della deputata tarantina di Sel Donatella Duranti sulla crisi di Teleperformance, il ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi nel corso del question time. Il tavolo, ha chiarito il ministro, sarebbe convocato “allo scopo di risolvere la situazione di crisi e soprattutto preservando e garantendo gli attuali livelli di occupazione”, che vedono oltre 2mila addetti a Taranto e circa 700 nel Lazio.

Queste le parole. Perché poi i fatti sono spessi molto più crudi e duri da digerire. Soprattutto per i lavoratori. Che nella serata di ieri si sono visti recapitare una nota dell’azienda nella quale si afferma che a causa della crisi, sarebbe al rischio il pagamento del prossimo stipendio. Una mossa, quella dell’azienda, che sa molto di forzatura. Nel tentativo di lavorare ai fianchi i sindacati e soprattutto in quello, che purtroppo sta già riuscendo, di spaccare il fronte dei lavoratori. Che sia in azienda che all’esterno, hanno iniziato la solita battaglia tra chi è pronto a tutto e chi (rifiutando di rinunciare al contratto di 33 o 40 ore settimanali), invece, per problemi di varia natura, soprattutto economica, è disposto a fare un passo indietro e ad accettare le condizioni dell’azienda. In tanti, infatti, negli ultimi giorni e soprattutto dopo il susseguirsi degli eventi nelle ultime ore, hanno accettato la riduzione dell’orario di lavoro (a 24 o 20 ore settimanali, oltre ad una serie di condizioni che porteranno soltanto altra flessibilità) che altro non è che una riduzione di stipendio. Parliamo di 750 euro mensili. In famiglie con uno o più figli a carico. Spesso anche monoreddito.

Si va a fare male sulla pelle di persone che già svolgono un lavoro, e questo è il caso di dirlo e ribadirlo sempre, usurante, alienante e non certo gratificante. I sindacati, ovviamente, stanno lasciando liberi i lavoratori di scegliere cosa è più giusto al momento per la loro vita. Nella consapevolezza però, che anche qualora tutti accettassero la riduzione dell’orario, una replica dell’accordo siglato nel 2013, ed ulteriore flessibilità (preavvisi minimi, obblighi a rimanere in caso di aumenti di flussi, turni spezzati a 3 h, ecc…), la vertenza non si risolverebbe per sempre. Ma il tutto sarebbe rimandato di 6 o al massimo 12 mesi. Probabilmente ci saranno nuove assemblee e nuovi scioperi. Ma è chiaro che il mondo del lavoro è precipitato in un burrone dove i diritti e le storiche battaglie per ottenerle non li scorge più nessuno. Dove ognuno, nel bene e nel male, pensa a se stesso: e certo non si può incolparlo per questo. E dove altri, invece, sognano ancora che tutto, soprattutto nel mondo del lavoro, sia ancora possibile cambiare attraverso la lotta e la solidarietà tra lavoratori. Servirebbe il giusto mix tra queste due visioni. E soprattutto servirebbe la presenza di uno Stato forte, serio e in grado di fare leggi che tutelino i lavoratori da queste multinazionali che stanno giorno dopo giorno triturando il mondo del lavoro e i diritti dei lavoratori. “Il lavoro non mi piace, non piace a nessuno, ma a me piace quello che c’è nel lavoro: la possibilità di trovare se stessi” (Joseph Conrad, Berdyčiv, 3 dicembre 1857 – Bishopsbourne, 3 agosto 1924).

Gianmario Leone

NB: I sindacati di categoria Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil e Ugl Tlc hanno proclamato, da domani a venerdì 26, uno sciopero di due ore per ogni turno (le prime due o le ultime due a scelta dei lavoratori) nel call Center Teleperformance di Taranto.

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