Lungomare di Taranto, Legambiente: ecco il museo degli orrori

musei orrori 2È un autentico museo degli orrori quello che si può visitare percorrendo il vialetto lungo la scarpata del Lungomare di Taranto. Un museo a cielo aperto, con ingresso gratuito, che offre uno spettacolo a suo modo istruttivo e impressionante, con una sua oscena grandezza, fatto di amputazioni, moncherini, scalpi, capitozzature.

Alberi ridotti a sculture lignee con, sullo sfondo, l’azzurro cupo del mar Grande. Ovunque solo legno, senza più foglie, senza chiome; una infinita reiterazione di grossi rami e di tronchi tagliati di netto. Si resta quasi pietrificati di fronte a tanta bruttezza, alle tante testimonianze di una gratuita e assurda violenza, che si continua a perpetrare senza ritegno, senza freni e, soprattutto, senza che il Comune di Taranto intervenga per porvi fine.

In questa città tutti, a parole, vogliono difendere l’ambiente. Proprio gli alberi, oltre a rendere più belli i luoghi in cui viviamo, forniscono un contributo essenziale contro l’inquinamento. In Italia assorbono ogni anno 12 milioni di tonnellate di CO2, quasi il 3 per cento delle emissioni totali. Le loro chiome intercettano le polveri sottili così dannose per la nostra salute. Forse è il caso di ricordarlo quando si parla di tutela del verde urbano.

La potatura deve essere limitata alla rimozione di parti di chioma secche, lesionate o alterate da danni fisici o da agenti patogeni. La riduzione della chioma non dovrà mutare la forma naturale della pianta” Non sono parole tratte da un libro: sono le prescrizioni contenute nel Regolamento Comunale per il Verde Pubblico adottato dal Comune di Taranto nel lontano maggio del 2009, insieme alla disposizione .”Sono vietati gli interventi di capitozzatura“, con la previsione di sanzioni e di richieste di indennizzi per i danneggiamenti subiti dal patrimonio arboreo.

Ma nella realtà sono disposizioni e sanzioni che restano sulla carta senza essere rispettate: non abbiamo notizia di multe o di azioni intraprese in questi anni dal Comune di Taranto verso i responsabili degli innumerevoli episodi di potature assurde e scellerate puntualmente denunciati da Legambiente.

Certo, una volta ricevuta una nostra segnalazione, qualcuno si attiva, gli interventi magari vengono sospesi e, nei giorni successivi, le potature tornano ad essere potature e non amputazioni. Ma dura poco: poi puntualmente si torna all’antico, a pratiche in teoria vietate ma puntualmente adottate e che hanno già provocato la morte di tanti alberi. El’assurdo è che si tratta di interventi effettuati da aziende, come AMIU o INFRATARAS, di cui il Comune è proprietario e cui, evidentemente, non impone di rispettare il regolamento comunale, e che non sanziona di fronte agli atti compiuti ed ai danni provocati.

E’ una storia infinita, che dura da anni. Ci sono nostri incontri con dirigenti, assessori e tecnici, lettere al Sindaco, diffide e denunce fin dall’ottobre del 2009 (per non parlare degli interventi che hanno precedeuto l’adozione del regolamento comunale per il verde) puntualmente ripetute ogni anno, anche più volte l’anno. Siamo stanchi: quando si deciderà l’Amministrazione Comunale di Taranto a voltare pagina?

E’ dal dicembre del 2013 che attendiamo che il servizio di manutenzione del verde urbano venga affidato a una ditta specializzata: quanto dobbiamo aspettare ancora prima che il Comune di Taranto si decida a dare attuazione a quanto deliberato?

Che cosa deve succedere per convincere l’Amministrazione Comunale di Taranto a far rispettare la legalità in materia di verde urbano? Ad individuare i responsabili, cioè i mandanti di questi interventi assurdi, accertando chi li ha richiesti e chi ha deciso di effettuarli? A dare disposizioni inequivocabili, in tal senso, ai vigili urbani? O, come ci sembra, si preferisce continuare ad amministrare “all’insaputa” di quello che puntualmente denunciamo e documentiamo? Sono domande che abbiamo già rivolto al sindaco di Taranto a ottobre dell’anno scorso. Le risposte, sia a parole che nei fatti, continuano a non arrivare.

LEGAMBIENTE TARANTO

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