Giornata Mondiale contro lo spreco alimentare: in azione anche gli studenti del Cabrini di Taranto

L’Italia si è data finalmente una legge contro lo spreco alimentare: la 166 del 19 agosto 2016. E’ una buona legge e, mentre la Francia punisce chi spreca, quella italiana premia chi dona e distribuisce prodotti alimentari e farmaceutici al fine di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi.

La legge, nelle more dell’economia circolare, permette la riduzione della produzione, il riuso, l’eventuale riciclo e comunque la riduzione dei prodotti di rifiuto in discarica. Si intende così sensibilizzare i consumatori e le istituzioni, con particolare riferimento alle giovani generazioni. La legge distingue il termine minimo di conservazione di un prodotto dalla data di scadenza.

Nella società moderna il concetto di spreco fa riferimento ad un utilizzo non corretto di un determinato bene. Dal punto di vista della sostenibilità questo significa un consumo di risorse doppiamente inutile, prima per produrre e poi per smaltire il bene stesso inutilizzato. ISDE, già il 22 aprile del 2016, propose agli studenti del Vittorino da Feltre, nella Giornata Mondiale della Terra, un percorso di sensibilizzazione con l’associazione Bethel che si impegna nel sociale.

Gli studenti raccolsero in poche ore un cospicuo quantitativo di cibo poi donato ad indigenti, nel rispetto anche degli obiettivi dell’Agenda 2020-30, che intende dimezzare gli sprechi, abolire la povertà estrema e ridurre la fame nel Mondo. L’operazione si ripeterà sabato prossimo con una classe dell’Istituto Cabrini.

I concetti che ho evidenziato agli studenti in alternanza scuola-lavoro sono: l’impronta ecologica di ognuno di noi, di un Paese, l’impronta idrica dei cibi e dei prodotti di uso comune e l’impronta ambientale di ciò che mangiamo. Conoscere il ciclo della vita di ogni prodotto significa saper valutare l’impatto ambientale, conoscere cioè il consumo di acqua, la produzione di gas serra ed il consumo di terra. In questo modo possiamo contribuire a ridurre gli sprechi. Questo Pianeta, questa Nazione, questa città hanno bisogno di resilienza, di rispetto.

“La crescita ad ogni costo sta uccidendo il Pianeta. La rivoluzione non è più una questione ideologica, è una questione di sopravvivenza” (Naomi Klein).

Questa giovane generazione ce la farà a rendere l’economia, la società e l’ambiente sostenibili perché è la generazione della 3^ Rivoluzione Industriale, la generazione di Internet, della condivisione, mi spingo a dire perché ci credo, dell’empatia.

Un accenno allo spreco con dei numeri: 1,3 miliardi di tonnellate è il cibo sprecato ogni anno nel Mondo per un valore di mille miliardi di dollari e che farebbe mangiare 3 miliardi di persone, ma 1/4 del quale sfamerebbe gli 800 milioni di persone che soffrono la fame.

Il cibo sprecato nel Mondo è il terzo produttore di gas serra (3,3 miliardi di tonnellate di CO2) dopo la Cina e gli USA; 6,6 milioni di tonnellate è invece il cibo sprecato in Italia che basterebbe per dare da mangiare a 17,5 milioni di cittadini (1/3 della popolazione); un italiano spreca 150 kg di cibo l’anno per un valore di 450 euro. Nei Paesi ricchi si spreca in tutta la filiera, ma più nella commercializzazione e nel consumo (domiciliare e di ristorazione).

Nei paesi poveri si spreca prevalentemente nei campi, nella produzione, nella prima parte della filiera perché non dispongono di depositi refrigerati e di mezzi di trasporto sufficienti. Le persone non sanno di quanta acqua c’è bisogno per produrre il cibo che hanno nel piatto. E’ acqua virtuale, ma è quella che consumiamo di più. Ad esempio 1 mela vale 70 litri; per 1 uovo ci son voluti 135 litri di acqua; per un hamburger 2.400 lt.; e poi una T-shirt 2000 lt.; un paio di scarpe 8000 lt. E  allora al ristorante non facciamoci problemi, la legge lo permette: portiamoci a casa gli avanzi e perfino la bottiglia del vino non consumata. E ancora, compriamo prodotti di stagione, non di serra, freschi, possibilmente non d’oltremare, consumiamo meno carne.

Gianfranco Orbello – Medico ISDE (Medici per l’Ambiente)

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