Alla scoperta del Mar Piccolo: lo studio di Arpa e Cnr su falde, citri e scarichi

cozze tarantoCozze di Taranto alla riscossa? Quelle del secondo seno pronte per la Categoria A

mar piccoloTARANTO – Pochissimi tarantini conoscono la vera natura e conformazione geofisica del Mar Piccolo. Anche per questo è molto utile leggere e conoscere lo studio realizzato da ARPA Puglia, in collaborazione con tre istituti del CNR (l’IRSA, Istituto di Ricerca sulle Acque sede di Bari, lo IAMC, Istituto per l’ambiente marino costiero sede di Taranto e l’IRPI, Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica sede di Bari), il Politecnico di Bari e Conisma. Riteniamo dunque doveroso avere un approccio didattico all’argomento, in modo tale da consentire ad ogni lettore di avere una conoscenza quanto più approfondita possibile sul Mar Piccolo. Anche perché prima di prendere posizione su qualsivoglia tematica, bisognerebbe avere sempre l’umiltà di studiare ed informarsi in maniera approfondita: e soltanto dopo esprimere il proprio pensiero.

Caratterizzazione idrogeologica e corpi idrici sotterranei

Sulla base della letteratura disponibile e delle informazioni derivate dai servizi cartografici regionali, nello studio è stata considerata un’area di studio estesa 1.400 km2, comprendendo l’intero bacino idrogeologico le cui acque sotterranee trovano efflusso nel Mar Piccolo. La circolazione idrica sotterranea del bacino è stata schematizzata considerando la presenza di due distinte falde idriche sotterranee. La prima, più profonda, è rappresentata da una unica falda idrica sotterranea, spesso denominata profonda o carsica; la seconda è rappresentata da più falde idriche sotterranee, denominate superficiali in quanto rinvenibili a minore profondità e sovrapposte alla precedente. Si tratta di falde idriche sotterranee tra loro in genere non interconnesse e di limitata potenza e potenzialità. Considerando la continuità spaziale, il tipo e soprattutto il grado di permeabilità, nell’area di studio sono state distinti sei complessi idrogeologici, procedendo dal basso: calcare, calcarenite, argille, sabbie e calcareniti, depositi alluvionali e sabbie.

Il complesso idrogeologico del calcare, riferibile al Calcare di Altamura, il complesso idrogeologico della calcarenite, riferibile alle Calcareniti di Gravina. Al tetto della calcarenite c’è il complesso idrogeologico delle argille, debolmente marnose, riferibili alle Argille Subappennine. Al tetto del calcare, della calcarenite, delle argille o delle sabbie e delle calcareniti, è stato invece rinvenuto, sempre in affioramento, il complesso idrogeologico dei depositi alluvionali, riferibile ai depositi alluvionali e palustri, talvolta torbosi, della sedimentazione attuale e recente. Infine c’è il complesso idrogeologico delle sabbie, riferibile ai depositi dei sistemi di spiaggia (Dune costiere attuali e recenti), affioranti lungo il litorale ad ovest della città di Taranto, composto in prevalenza da sabbie silicee grigie o giallo-rossastre, talora grossolane ed a stratificazione incrociata, che presenta una permeabilità elevata per porosità interstiziale.

Proprio un tale complesso idrogeologico ha fatto sì che nel tempo si siano determinate due sistemi di circolazione idrica sotterranea: la prima, più profonda, è rappresentata dalla falda idrica carsica; la seconda, è rappresentata da una falda idrica superficiale che si rinviene a piccola profondità dal piano campagna, spesso frazionata in più livelli, la cui esistenza è dovuta alla presenza di sedimenti poco permeabili al letto della formazione che funge da acquifero.

Procedendo da ovest verso est, si individuano tre emergenze principali: Galeso, Riso e Battentieri. Nell’area della sorgente Galeso si distinguono ulteriori sorgenti: Lavandaia, Marangio e Nasisi. Le prime due sono riferibili all’acquifero profondo e sono state interessate negli ultimi decenni da rilevanti modificazioni plano-altimetriche, derivanti dalla realizzazione di infrastrutture stradali e di accesso all’area costiera, che hanno variato le condizioni di efflusso da rendere di scarso interesse il loro monitoraggio quantitativo. La sorgente Nasisi, riferibile a un acquifero superficiale del complesso idrogeologico sabbie e calcareniti, non è risultata accessibile in quanto racchiusa in una proprietà privata per la quale non è stato acquisito l’autorizzazione all’accesso.

Nella parte settentrionale di entrambi i seni del Mar Piccolo si rinvengono, sul fondale marino, le sorgenti sottomarine, denominate “citri”. Fra questi, i più importanti sono: il citro Galeso e il citro Citrello, posti nel 1° Seno, il citro Le Copre, il citro Calandrea e il citro Mascione, posti nel 2° seno. Nel complesso, comunque, le acque di falda superficiale sono accumunate da scarsa potenza, bassa soggiacenza, limitate potenzialità idrogeologiche e non sono in genere in continuità. Discorso diverso va fatto invece per la falda profonda. In particolare, l’andamento della superficie piezometrica evidenzia che le direzioni principali dei deflussi sotterranei convergono principalmente verso il Mar piccolo: ciò conferma che le sorgenti presenti nella fascia costiera restituiscono all’ambiente le acque provenienti da un bacino idrogeologico decisamente esteso.

La falda idrica superficiale e le aree a destinazione industriale

Focalizzando l’attenzione nella porzione di territorio dove hanno sede le attività produttive, industriali e artigianali, di Taranto, le ispezioni effettuate nella falda idrica profonda, in particolare quelle con quota minore di 4 metri, hanno evidenziato un chiaro spartiacque sotterraneo, con asse SSW-NNE (quasi a lambire P. Rondinella) e che divide il flusso idrico sotterraneo diretto verso il Mar Piccolo da quello diretto verso il Mar Grande. Tale andamento era stato evidenziato anche nello Studio di fattibilità relativo alla messa in sicurezza e bonifica della falda superficiale del SIN Taranto, realizzato nel 2011 dalla Sogesid S.p.A. Tali osservazioni dimostrano che l’individuazione accurata dei percorsi della falda idrica dell’acquifero superficiale nell’area industriale di Taranto richieda una densissima e accurata molteplicità di informazioni, inerenti la stratigrafia, la morfologia, l’altimetria e la conducibilità idraulica. Disponendo di tali dati quindi, non sarebbe complesso ricostruire i percorsi idrici a monte e a valle di ciascun punto potenziale di pericolo, sia

essa una discarica, controllata o no, o qualsiasi altra sorgente di inquinanti. Si pone, quindi, in evidenza nello studio che le informazioni ad oggi disponibili forniscono delle indicazioni qualitativamente chiare circa la modalità di circolazione idrica sotterranea della falda superficiale e dei relativi percorsi. Allo stesso tempo, il passaggio alla conoscenza puntuale e accurata delle suddette caratteristiche potrebbe conseguirsi dall’acquisizione e dall’analisi unitaria della grande quantità di dati già nella disponibilità di terzi e/o in corso di acquisizione nell’area industriale, nella zona Tamburi e, più in generale, in un congruo intorno del Mar Piccolo.

Gli scarichi idrici nel sottosuolo

A causa della copiosa, non sistematizzata e quasi esclusivamente in formato cartaceo documentazione relativa alle autorizzazione agli scarichi, presente negli archivi della Provincia di Taranto, al momento è stato condotto uno screening relativo esclusivamente a studi pregressi condotti dal CNR-IRSA per la redazione di strumenti di pianificazione idrica a livello regionale. Da tale analisi è emerso che gli scarichi idrici autorizzati nella provincia di Taranto, sono stati 170 (informazioni disponibili: titolare dello scarico, comune, ubicazione impianto, tipo insediamento, portata e recapito finale), la maggior parte relativi a immissioni più o meno dirette nel sottosuolo e quindi tali da raggiungere agevolmente la falda idrica sotterranea.

Modello di circolazione delle acque del Mar Piccolo (a cura del Politecnico di Bari)

Sebbene il bacino viene da sempre visto come un’area interna relativamente chiusa, collegata al Mar Grande mediante i soli Canali Navigabile e Porta Napoli, al fine di valutare anche l’influenza della circolazione più esterna sul bacino stesso, si è deciso di estendere il dominio di indagine ben oltre la zona di maggiore interesse. In questo modo le condizioni al contorno sono state imposte su un confine aperto abbastanza distante dal Mar Piccolo.

Dall’analisi dei dati anemometrici disponibili (ENAV 1951-1967 e della campagna di acquisizione del 2007) e dall’elaborazione dei dati onda metrici, è emerso come ci siano due situazioni medie annue riconducibili al periodo invernale ed a quello estivo.

Per quanto riguarda la direzione prevalente dei venti, in inverno si osserva una direzione prevalente dal quadrante Nord-NordOvest ed un’intensità variabile tra 11 e 17 nodi, mentre in estate la direzione prevalente diventa dal quadrante Ovest-SudOvest con intensità tra 11 e 17 nodi.

Pertanto le principali strutture di circolazione invernale si possono così riassumere: nel 1° seno si osserva un intenso flusso costiero nella parte nord-est, che si richiude in vortice orario alle maggiori profondità; la presenza di strutture vorticose locali, influenzate dai getti in transito nei canali di ingresso e nel canale di collegamento; nel 2° seno si osserva la presenza di due vortici opposti con intensità rilevanti sui rami esterni. Nel periodo estivo, invece si osserva: nel 1°seno la presenza di due vortici opposti, con maggiori intensità in prossimità dell’idrovora Ilva; nel 2°seno si osserva la presenza di due vortici opposti con intensità rilevanti sul ramo ascendente del vortice più orientale.

Dall’analisi del modello di circolazione si evincono e confermano, inoltre, alcune considerazioni generali: esiste un contributo consistente da parte dell’Idrovora dell’Ilva sul flusso di richiamo e sulla circolazione complessiva del 1° seno del mar Piccolo; caratteristica ciclicità della circolazione per effetto delle condizioni imposte al sistema di marea ciclica e di vento omogeneo; un’inversione dei flussi nei canali tra alta marea e bassa marea; esistono delle strutture vorticose sul 1° e 2° seno con variazioni modeste nel tempo; le intensità delle correnti decrescono procedendo verso il fondo dei bacini.

La questione inerente la bonifica del Mar Piccolo, come si può ben evincere dai dati di questo studio, è molto, ma molto complessa. Domani entreremo nel vivo dello stato delle acque da un punto di vista dell’inquinamento dei sedimenti. E torneremo ancora una volta a fare i nomi di chi, nel corso dei decenni, ha causato il disastro ambientale e naturale a cui oggi siamo costretti ad assistere quasi impotenti.

Gianmario Leone (TarantoOggi, 12.11.2014)

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