Aborto spontaneo e inquinamento: uno studio conferma l’esistenza di criticità

Esiste un rapporto tra gli aborti spontanei e l’inquinamento da particolato sottile (PM2,5)? La questione viene trattata in uno studio condotto da Arpa Marche – Dipartimento di Ancona – Servizio Epidemiologia Ambientale. Tale studio, pubblicato nei giorni scorsi e datato maggio 2016, si è proposto di descrivere la distribuzione e l’andamento temporale dell’evento sanitario ‘aborto spontaneo’ nei comuni della regione Marche e, più nello specifico, di effettuare valutazioni analitiche sul rapporto della sua incidenza con la qualità stimata dell’aria outdoor attraverso la concentrazione del particolato sottile (PM2,5). La relazione è composta da ben 52 pagine, ma il succo è contenuto in questo paragrafo:
“I risultati dell’analisi multivariata mostrano un’associazione statisticamente significativa con la classe di età 35-49 anni, la cittadinanza, i precedenti aborti e l’esposizione al particolato sottile. In particolare un’esposizione a PM2,5 compresa tra 10 e 14 µg/m3 incrementa il rischio di aborto spontaneo del 9% mentre un’esposizione a PM2,5 superiore a 14 lo incrementa del 13%; valutando l’incremento unitario del PM2,5 si evidenzia un trend positivo del rischio di aborto con un valore p di 0,0332. I risultati sono stati confermati anche senza considerare il fattore di correzione dell’indice di deprivazione socio-economica”.
In precedenza l’argomento era stato trattato dal dottor Agostino Di Ciaula (medico Isde) e dal dottor Massimo Bilancia in uno studio pubblicato sulla rivista International Journal of Environmental Health Research nel febbraio 2015. “Si dimostra  per la prima volta una relazione tra alcuni inquinanti atmosferici (particolato e ozono) e insorgenza di aborti spontanei, anche per concentrazioni abbondantemente sotto i limiti di legge – aveva commentato Di Ciaula – l’analisi parte dalla situazione di alcune tra le più critiche città pugliesi (Barletta, Taranto, Brindisi) e conferma che i limiti di legge sono solo un inutile artificio teorico. A farne le spese, in questo caso, bambini mai nati. Ridurre le emissioni inquinanti sarebbe un importante strumento di prevenzione primaria”. (leggi qui)
aborto

Dati e metodi dello studio pubblicato da Arpa Marche 

In base ai dati ricavati dalle Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO) fornite dall’Agenzia Regionale Sanitaria della Regione Marche per il periodo che va dal 2006 al 2012, sono stati analizzati i ricoveri, ordinari e day hospital, delle donne in età fertile (15-49 anni) residenti nelle Marche e selezionate sulla base della diagnosi principale e delle diagnosi secondarie della SDO, codificata secondo la IX revisione della classificazione internazionale delle malattie (ICD-IX-CM). Lo studio si articola in una prima fase descrittiva del fenomeno dei ricoveri ospedalieri per abortività spontanea a livello comunale, e in una seconda fase, di tipo analitico, che tenta di indagare gli eventuali fattori di rischio associati.

Il rapporto tra inquinamento atmosferico e l’aborto spontaneo 

Nell’ambito della fase analitica dello studio, particolare attenzione è stata rivolta al ruolo
dell’inquinamento atmosferico quale fattore di rischio di aborto spontaneo. La letteratura sulle relazioni causali tra l’inquinamento atmosferico e l’aborto spontaneo non è ancora molto
consistente e i risultati degli studi svolti non sono sempre tra loro coerenti.  Ciò conduce alcuni autori a ritenere necessarie ulteriori ricerche a supporto e conferma dell’associazione rilevata nei propri studi e, eventualmente, a chiarire i meccanismi responsabili dei risultati osservati.

Solo da pochi anni sono comparse le prime osservazioni sul possibile rapporto causale tra
l’inquinamento atmosferico e l’abortività spontanea. Riguardo tale associazione, nello studio di Ciaula et al.  è stato stimato un aumento del tasso medio mensile di abortività spontanea pari a 19,7% e a 33,6% per incrementi di 10 μg/m3 rispettivamente di PM10 e Ozono (14).

I risultati dell’analisi multivariata del presente studio hanno anch’essi individuato un’associazione statisticamente significativa con l’esposizione al particolato sottile; in particolare un’esposizione a PM2,5 compresa tra 10 e 14 µg/m3 ha fatto rilevare un incremento del rischio di aborto spontaneo del 9% rispetto a esposizioni inferiori a 10 µg/m3, mentre un’esposizione a PM2,5 superiore a 14 µg/m3 ha mostrato un incremento del 13%. La letteratura scientifica annovera anche studi che hanno indagato la possibile associazione di aborto spontaneo con alcuni fattori di esposizione riconducibili allo stile di vita o  legati a fattori individuali dei genitori.

A tal proposito è stata rilevata una diminuzione del rischio di aborto spontaneo al crescere del grado di istruzione della madre (30) o l’aumento dell’occorrenza dello stesso esito in donne fumatrici durante la gravidanza (34). I risultati dello studio in quest’ultimo caso hanno mostrato un OR pari a 1,3 (IC 95% 1,0-1,6); nessuna relazione è stata invece individuata con l’abitudine al fumo nel padre. Nell’ambito di questo studio non è stato possibile investigare queste variabili per l’indisponibilità dei dati necessari all’indagine.

In sintesi, l’aborto presenta una natura alquanto eterogenea; si pensi agli aborti dovuti
ad anomalie genetiche o cromosomiche, agli aborti dovuti ad anomalie dello sviluppo fetale e
agli aborti dovuti a problemi anatomici dell’utero e della placenta. I vari fattori di rischio
biologici, demografici, occupazionali e ambientali, nonché le forti interazioni tra i potenziali
fattori di rischio e le difficoltà a misurare alcuni di essi (ad esempio lo stress) rendono gli studi epidemiologici su questo argomento non sempre facili da condurre o da valutare.

La fase descrittiva del presente studio ha avuto come obiettivo quello di segnalare eventuali anomalie del fenomeno abortivo che si manifestano in determinate aree geografiche della Regione. Le analisi multivariate della fase analitica dello studio, hanno portato all’individuazione di alcune associazioni causali tra l’abortività spontanea e i fattori di rischio indagati, tra i quali trova un ruolo determinante il particolato atmosferico.

In conclusione si ritiene utile avviare in futuro indagini più approfondite in particolare nei comuni con maggiore intensità del fenomeno (es. Jesi, Falconara Marittima, Macerata)
facendo ricorso a ulteriori fonti di dati correnti quali l’archivio informatizzato dei certificati di
assistenza al parto (CedAP). Nel caso in cui si rilevino e confermino criticità territoriali di
abortività spontanea, potrà essere valutata l’ipotesi di implementare studi più specifici e
puntuali come, ad esempio, studi di esposizione short term (case cross-over) o studi di risk
analysis su base sub-comunale con georeferenziazione delle residenze delle madri.

Il reperimento di maggiori informazioni afferenti alla sfera biologica, allo stile di vita e
all’effettiva esposizione ambientale e professionale dei singoli individui, infine, potrà avere un
ruolo chiave per verificare compiutamente le ipotesi eziologiche e, se del caso, individuare
potenziali fonti antropiche di pressioni ambientali sull’area che potrebbero avere un ruolo
importante nell’eziologia dell’esito sanitario indagato.

Risultati
L’indagine epidemiologica descrittiva su base comunale ha evidenziato, per alcuni comuni della regione Marche, la necessità di particolare attenzione, in quanto fanno rilevare una situazione critica in confronto con il riferimento regionale. I risultati dell’analisi multivariata mostrano un’associazione statisticamente significativa con la classe di età 35-49 anni, la cittadinanza, i precedenti aborti e l’esposizione al particolato sottile. In particolare un’esposizione a PM2,5 compresa tra 10 e 14 µg/m3 incrementa il rischio di aborto spontaneo del 9% rispetto a esposizioni inferiori a 10 µg/m3 , mentre un’esposizione a PM2,5 superiore a 14 µg/m3 lo incrementa del 13%. I risultati sono stati confermati anche senza considerare il fattore di correzione dell’indice di deprivazione socio-economica.

Conclusioni
La fase descrittiva del presente studio ha avuto come obiettivo quello di segnalare eventuali anomalie del fenomeno abortivo che si manifestano in determinate aree geografiche della Regione. Le analisi multivariate della fase analitica dello studio, hanno portato all’individuazione di alcune associazioni causali tra l’abortività spontanea e i fattori di rischio indagati, tra i quali trova un ruolo determinante il particolato atmosferico.

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