Taranto: una città dal metabolismo malato che può ancora salvarsi

TARANTO – La città studiata come se fosse un essere vivente evoluto, un organismo in grado di crescere, adattarsi e trasformarsi con un proprio metabolismo in cui energia e materia la attraversano grazie ad una struttura complessa fatta di reti stradali, elettriche, idriche, energetiche, informatiche, paragonabili ai vari apparati: circolatorio, nervoso, escretorio di un mammifero.

È un modo abbastanza recente e affascinante di analizzare le città sviluppato soprattutto da Geoffrey West, fisico teorico, professore ordinario al Santa Fe Institute del New Mexico. Così come nei mammiferi il raddoppio di dimensione e peso nel passaggio da una specie più piccola ad una più grande non richiede il raddoppio di energia necessaria a mantenere il metabolismo basale, ma solo il 75% in più, anche il raddoppio di una città per dimensioni e numero di abitanti porta ad un risparmio energetico del 25% rispetto a quel che si potrebbe prevedere.

La crescita, cioè, di sistemi fisici complessi tende a far risparmiare energia e questo perché l’aumento di dimensioni avviene sfruttando una struttura organizzativa già esistente. In pratica, costruire ex novo e far funzionare una città di centomila abitanti con tutti i suoi servizi, costa di più che aumentare le dimensioni di una città già esistente di un milione di abitanti. Potremmo provare, senza pretendere di dare valenza scientifica alle nostre considerazioni ma quasi per gioco, ad applicare le teorie di West alla nostra Taranto, entrando nell’affascinante mondo del metabolismo urbano.

Acqua, cibo e nutrienti, combustibili ed energia, materiali in genere, rifiuti sono gli elementi che attraversano le nostre reti cittadine per soddisfare bisogni degli abitanti e per far funzionare i servizi. Una città ha sempre bisogno di introdurre materiali ed energia dall’esterno: troppo alta la concentrazione della popolazione per poter essere autosufficiente.

Da un punto di vista fisico, una città è un sistema ordinato che introduce all’interno di se per lo più materiali lavorati che contribuiscono a mantenere l’ordine strutturale della città stessa, venendo utilizzati nella manutenzione e nel continuo ripristino e ammodernamento di cose e luoghi. Uno dei problemi gestionali principali di Taranto è legato alle esagerate dimensioni dell’area comunale che è di circa 250 km2 in cui risiedono 200.000 abitanti.

Per rendere un’idea di quanto enorme sia questa superficie, che comprende anche quartieri della città isolati dal nucleo urbano principale, basti paragonarla a quella di Milano che è di soli 181 km2 e in cui risiedono oltre 1.200.000 abitanti. Da un punto di vista metabolico, sarebbe come avere un individuo grande e grosso, un gigante insomma, costretto a sopravvivere con le stesse risorse energetiche (e finanziarie), o addirittura minori destinate a chi è di taglia ridotta.

Tanta parte delle risorse e delle energie sono così destinate alla manutenzione e al funzionamento della rete strutturale, vera anima della città, di cui parlavamo all’inizio. Trasporti più difficili, illuminazione più costosa, controllo del territorio più impegnativo per le forze dell’ordine, maggiori spese per la manutenzione delle reti strutturali proporzionate ad una così ampia superficie, sono i problemi che ogni amministrazione è costretta a fronteggiare a Taranto.

Alla luce di ciò, per inciso, sembra davvero incomprensibile l’ormai consolidata tendenza della città ad espandersi ulteriormente in zone sempre più periferiche, malgrado la costante riduzione della popolazione residente. Distanze maggiori da percorrere per gli spostamenti significano maggiori disagi per i cittadini, maggiore utilizzo di auto, ore sottratte al tempo libero a ognuno di noi e qualità di vita inficiata.

Ma l’estensione territoriale esagerata non è l’unica criticità dell’essere vivente Taranto che, per esempio, ha ancora una cattiva gestione dei rifiuti, la cui raccolta differenziata è ferma a neanche il 20% nel 2016, con la percentuale più bassa tra i capoluoghi pugliesi. Ancora tanti rifiuti della città finiscono in discarica, perdendo così l’opportunità di sfruttare i vantaggi del riciclo.

È come se un organismo vivente, attraverso i suoi apparati escretori, eliminasse insieme alle sostanze di scarto anche tanti preziosi nutrienti quali vitamine, sali minerali, proteine che potrebbe invece riutilizzare. Non si può inoltre non considerare l’effetto degli inquinanti prodotti dalle grandi industrie tarantine che interferiscono con il metabolismo urbano della nostra città.

Tonnellate e tonnellate di polveri sottili e inquinanti di ogni tipo che attraversano la città, impregnano il suolo, raggiungono la falda, svolgono senz’altro un ruolo di disturbo rispetto al normale equilibrio che vi sarebbe in una città non inquinata. Difficile, certamente impossibile per noi, stilare un bilancio preciso tra effetti positivi e negativi dell’industria, ma siamo certi che, alla luce dell’oggettiva situazione di sofferenza sociale, economica, ambientale e sanitaria, la scelta industriale caratterizza negativamente il metabolismo della nostra città, così come farebbero un gran numero di sigarette al giorno in un fumatore incallito.

Infine, vorremmo fare un cenno ad un altro elemento, questa volta immateriale, che attraversa le città e quindi anche Taranto: la cultura. Anche qui il bilancio è negativo: sempre più giovani , come ci confermano anche i dati ISTAT, lasciano questa città per studiare in università lontane e decidono, una volta laureatisi, di non tornare a Taranto. Il potenziamento dell’università a Taranto è operazione essenziale per non allontanare tanti ragazzi: più corsi di laurea e sede universitaria autonoma dovrebbero essere obiettivi fondamentali di chi amministrerà la città. Chiudiamo però con una considerazione: Taranto è viva e malgrado tutto è una splendida signora, un pochino triste per alcune vicende, ma con una gran voglia di sorridere.

Be the first to comment on "Taranto: una città dal metabolismo malato che può ancora salvarsi"

Tinggalkan komentar