Il licenziamento dei 67 lavoratori del cementificio di Taranto (ex Cementir, oggi Cemitaly) sarebbe un’altra pesantissima tegola che cade sulla testa di una comunità già martoriata da numerose crisi produttive e occupazionali. Ci troviamo di fronte a una situazione che si trascina da anni, e che rivela la mancanza di politiche industriali nel nostro paese. Di fronte alla crisi del settore – e ai problemi specifici dello stabilimento di Taranto – il governo prima ha lasciato che la vecchia proprietà, Caltagirone, riducesse produzione e occupazione, poi ha accettato che la stessa Cementir, fra i più importanti produttori italiani di cemento, passasse in mano alla tedesca HeidelbergCement, multinazionale che domina il settore a livello globale, e che già controlla Italcementi. In sostanza, si è permesso che un intero settore – fra i più rilevanti per la nostra economia – venisse trasferito nelle mani di una grande impresa privata.
Ora è forte il timore che questa impresa voglia risolvere il problema della sovrabbondanza di capacità produttiva chiudendo gli impianti più “deboli”. Fra questi, Taranto. Sul cementificio ionico continua a gravare il sequestro di loppa avvenuto lo scorso anno; il dissequestro, ordinato soltanto in agosto, non ha ancora permesso allo stabilimento di rifornirsi adeguatamente. Tale situazione di difficoltà non può essere presa a pretesto dalla proprietà per chiudere l’impianto e mandare a casa i lavoratori. In questo caso al danno si aggiungerebbe la beffa: come già annunciato dalla società, le aree contaminate presenti all’interno del sito non verrebbero bonificate.
Il silenzio dei parlamentari ionici – tutti del Movimento 5 Stelle – su questa vicenda è allarmante. Si rischia l’ulteriore desertificazione produttiva del nostro territorio: tutte le rappresentanze politiche e istituzionali devono fare la loro parte per impedirlo.
Rifondazione Comunista dà il proprio sostegno alle mobilitazioni che i lavoratori e le organizzazioni sindacali metteranno in campo, e chiede al governo di intervenire immediatamente per scongiurare i licenziamenti e la chiusura dello stabilimento e imporre alla proprietà le bonifiche.
Rifondazione Comunista Taranto