Ilva, dopo il Tavolo al Mise sappiamo chi ha già perso la partita

Foto di Federica Petruzzi

TARANTO – Partiamo da un dato politico oggettivo: un minuto dopo che Mittal si è proposta per migliorare gli aspetti ambientali del suo Piano (al di là se questi siano effettivi o farlocchi), i sindacati confederali, il sindaco di Taranto, il Presidente della Provincia, il Pd, Forza Italia e Confindustria avevano già perso la loro partita.

Per loro andava già bene ciò che era stato proposto prima. Neppure si erano presi la briga di verificare l’attendibilità del loro interlocutore che, ovunque produca nel mondo, tradisce gli impegni presi in ogni ambito: sociale, ambientale, economico ed occupazionale.

Già solo per questo l’attivismo locale rappresenta la comunità più di tutti loro messi insieme. Questo anche nell’ipotesi in cui nell’incontro al Mi.S.E. non fosse riuscito a prendere parola nessuno. Figurarsi poi se sono riusciti a farlo e ad infliggere colpi da far vacillare il gigante Mittal davanti agli impotenti attori del disastro tarantino.

Che poi cosa significa “ambientalizzare”, per chi vuol guardare le cose praticamente e al di fuori del profitto di pochi? Significa mettere in atto un insieme di operazioni sugli impianti per diminuirne l’impatto ambientale. Ergo, a diminuire il numero di morti causati dall’inquinamento.

Ora, senza fare tecnicismi o addentrarci in studi scientifici – i quali pure hanno già sentenziato come nessuna prescrizione possa mai rendere compatibile Ilva con la vita dei tarantini – proviamo a fare qualche riflessione pragmatica a riguardo. Se a seguito degli interventi previsti ci saranno, facciamo per dire, 20 morti anziché 40 al mese, sarebbe un ottimo risultato no? Un incredibile dimezzamento dei decessi.

Ma il discorso è ancora troppo astratto, andiamo più a fondo: chi accetterebbe venti morti in cambio di qualche posto di lavoro? Attenzione però, non vale considerare che i morti appartengano ad altri, occorre considerarli fra i propri cari, se non proprio su di sè. Anzi, facciamo così, poniamo il caso che chi compra Ilva riesca nel miracolo di “ambientalizzare” la fabbrica al 99,9% e la valutazione del danno sanitario sentenzi che il numero di decessi a causa dell’industria scenda a uno. Un tarantino soltanto, uno! Quanti dei difensori del profitto e dell’acciaio ad ogni costo sono disposti a sacrificare il proprio figlio? Proprio così.

Se quell’unico decesso da mettere in conto fosse vostro figlio, accettereste? Ecco, così si ragiona pragmaticamente su certe ipotesi. Con venti morti che qualcuno giudicherebbe un successo, occorrono quaranta genitori disposti a sacrificare un figlio, ottanta nonni il proprio nipotino, oppure venti figli disposti a sacrificare la propria madre o il proprio padre, decine di persone pronte a lasciar andare un parente o un amico prima, spesso molto prima, del tempo. Chi si offre per questa roulette russa di Ilva? Qual è il numero di morti che siamo disposti a offrire per far recuperare alle banche i crediti che hanno con l’Ilva?

No, non si tratta di fare una guerra fra poveri. I bistrattati attivisti tarantini hanno pensato anche a questo, andando ben oltre le loro possibilità e competenze. Hanno dimostrato che quei posti di lavoro si possono recuperare con altre operazioni, ad esempio grazie ai fondi europei, ed hanno pure dimostrato che non esiste strategicità dell’acciaio, perché nel mondo se ne produce più di quanto ne serva. Altro che guerra fra poveri, basta unirsi e un’altra storia per questa città la si inizia a costruire da domani, volendo.

Massimo Ruggieri (Giustizia per Taranto)

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