Ilva, Fiom Cgil: la valutazione del danno sanitario sia garanzia per tutti

Ilva Taranto M5S Taranto

L’incontro al MISE tra le organizzazioni sindacali e Arcelor Mittal, dopo la straordinaria mobilitazione del 9 ottobre scorso con sciopero dei lavoratori dell’Ilva, seppur non soddisfacente ha dato modo alla FIOM di dichiarare ufficialmente al tavolo che per avviare una vera fase negoziale è necessario ritirare la procedura ex art. 47 ed entrare nel merito sia del piano industriale che del piano ambientale. Di seguito la nota stampa del sindacato.

Il MISE, a seguito della richiesta avanzata dalla Fiom, ha inviato alle organizzazioni sindacali una nota con la quale ha comunicato le date dei primi incontri, il 9 novembre e 14 ottobre, per la presentazione e la discussione dei piani industriale e ambientale di Ilva.

Riteniamo inaccettabile le modalità con cui è stata aperta la procedura ex art. 47 ma soprattutto l’ efferatezza con cui è stata approvata, attraverso il DPCM del 29 settembre 2017, la nuova autorizzazione integrata ambientale. Il governo di fatto non ha coinvolto il Ministero della Salute nella procedura di approvazione della nuova AIA ed ha evitato di entrare nel merito delle osservazioni presentate dalle istituzioni come ARPA e Comune di Taranto e dalla FIOM che avrebbero dovute essere discusse, attraverso una conferenza di servizi, così come avviene in una normale procedura di autorizzazione integrata ambientale.

Il piano ambientale così com’è è irricevibile; nessuno pensi che accorciando semplicemente i tempi per l’attuazione delle prescrizioni si possano risolvere le annose questioni ambientali e sanitarie. Il Ministro Calenda non si scandalizzi se la Regione Puglia e il Comune di Taranto hanno dichiarato l’intenzione di procedere con un ricorso al TAR, in quanto la scarsa trasparenza da parte del governo nel coinvolgimento dei territori interessati ha di fatto impedito un confronto sulle criticità riscontrate nel piano ambientale.

Non vi è inoltre alcuna evidenza, all’interno della nuova AIA, di un eventuale impiego di nuove tecnologie nonostante nella nota del 5 giugno, diramata dal Ministero dello Sviluppo economico per ufficializzare la firma del decreto di aggiudicazione di Ilva, si precisava che AM InvestCO si sarebbe impegnata a valutare la possibilità di introdurre l’impiego della tecnologia DRI (impianto di prededuzione).

La FIOM CGIL ribadisce la necessità di subordinare e vincolare i piani industriale e ambientale di AM InvestCO alle risultanze della valutazione del danno sanitario effettuata in conformità alla legge regionale n. 21 del 24 luglio 2012, al fine di analizzare nell’immediato eventuali criticità emerse dalla VdS ed effettuare tempestivamente le necessarie modifiche ai piani industriale e ambientale.

La Legge regionale 24 luglio 2012, N. 21 “Norme a tutela della salute, dell’ambiente e del territorio sulle emissioni industriali inquinanti per le aree pugliesi già dichiarate a elevato rischio ambientale” ha infatti la finalità di prevenire ed evitare un pericolo grave, immediato o differito, per la salute dei lavoratori e dei cittadini.

L’importanza della valutazione dell’impatto sanitario è stata inoltre ribadita attraverso il decreto interministeriale, decretato dal ministero della salute di concerto con il ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, del 24/04/2013 che stabilisce i criteri metodologici utili per la redazione della stessa. Nello specifico quindi si dispone, in riferimento alle aziende di interesse strategico nazionale, che il ministero della salute riferisca annualmente alle competenti commissioni parlamentari sulla valutazione del danno sanitario, sullo stato della salute della popolazione coinvolta, sulle misure di cura e prevenzione messe in atto e sui loro benefici.

Si ritiene incomprensibile che il Governo, e segnatamente il Presidente del Consiglio dei Ministri ed i Ministri dell’ambiente e della salute, non sia ancora riuscito a far utilizzare per l’Ilva di Taranto le “Linee guida per la Valutazione Integrata di Impatto Ambientale e Sanitario (VIIAS) nelle procedure di autorizzazione ambientale (VAS, VIA, AIA)”, approvate all’unanimità il 22 aprile 2015 dal Consiglio Federale del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente costituito da ISPRA e dalle ARPA/APPA italiane.

Applicare tali linee guida al caso Ilva di Taranto è un prerequisito irrinunciabile, infatti l’attenta considerazione preventiva del danno sanitario residuo eviterà il ripetersi del disastro che stiamo vivendo a Taranto. Si evidenzia inoltre che non ci sono differenze sostanziali tra il DPCM del 14/03/2014 e il DPCM del 29/09/2017, di fatto sono stati esclusivamente prorogati i termini per l’ottemperanza delle prescrizioni e non sono state introdotte da AM InvestCO innovazioni tecnologiche tali che possano far sperare in un reale abbattimento dell’impatto sulla salute dei cittadini e dei lavoratori.

Permangono pertanto le criticità evidenziate nella VDS effettuata da ARPA Puglia, ASL Taranto e AReS nel 2015 per lo stabilimento ILVA. La valutazione del danno sanitario del 2015 ha analizzato tutte le realtà industriali presenti nel territorio ionico, ovvero ILVA, ENI, CISA e APPIA ENERGY, dove si evince che il maggior contributo in termini di emissioni inquinanti per il rischio cancerogeno inalatorio è rappresentato maggiormente da ILVA. La relazione evidenzia infatti che “la valutazione del rischio cancerogeno inalatorio delle emissioni in atmosfera per lo scenario 2016 nell’area di Taranto evidenzia un numero di circa 14.000 persone residenti a Taranto per le quali, ipotizzando un’esposizione costante alle concentrazioni modellizzate per 70 anni, la probabilità aggiuntiva di sviluppare un tumore nell’arco dell’intera vita è superiore a 1:10.000.”

Il Governo, i Ministeri competenti e la Regione Puglia devono pertanto verificare, attraverso la Valutazione del Danno Sanitario, che le prescrizioni previste dal DPCM del 29/09/2017 siano sufficienti a garantire la tutela della salute dei cittadini del territorio ionico e dei lavoratori, dell’ambiente e del territorio ionico già fortemente provato dall’impatto ambientale dell’Ilva di Taranto e dai numerosi decreti d’urgenza che si sono susseguiti negli anni per consentire la continuità di un’azienda ritenuta di interesse strategico nazionale.

La trattativa tra sindacati e azienda non può essere esclusivamente legata ad aspetti salariali e contrattuali ma deve necessariamente includere anche il tema dell’innovazione tecnologica per la salvaguardia dell’ambiente e della salute dei cittadini e dei lavoratori. Non vogliamo un’Ilva a prescindere! Il Governo deve garantire un reale processo di risanamento ambientale e la piena occupazione attraverso l’intervento pubblico di Cassa Depositi e Prestiti, evitando di lasciare nelle mani del nuovo acquirente il futuro di Taranto e dell’intero mezzogiorno.