Ilva, a Brescia si parla degli effetti dei metalli sulla salute dei ragazzi di Taranto

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TARANTO – Domani mattina, alle ore 10, nell’Aula Magna della facoltà di Economia dell’Università di Brescia si terrà il workshop dal titolo: “New frontiers of prevention in environmental health”. Nell’occasione verrà presentato il progetto “Impatto sulla salute da esposizione ad inquinanti ambientali nelle aree di Brescia e Taranto: aumentare le conoscenze per affinare interventi preventivi di rilevanza locale e globale” (progetto finanziato nell’ambito del Bando di Ateneo Health&Wealth).

Ricordiamo che a Taranto è già stato adottato il modello «made in Brescia» di studio degli effetti che l’esposizione a metalli pesanti di origine industriale ha sul sistema nervoso della popolazione, soprattutto soggetti in età evolutiva (6-11 anni).

“Il team dell’Università degli Studi coordinato dal professor Roberto Lucchini (docente di Medicina del Lavoro che si divide tra Brescia e la Mount Sinai School of Medicine di New York) – si legge in un articolo pubblicato oggi sul sito BresciaOggi.it. – ha concluso una prima fase del lavoro triennale finanziato dal Ministero della Sanità su 300 bambini della città pugliese che sarà presentato domani in un seminario in programma dalle 10 nell’aula magna di Economia in via San Faustino, mentre già è in partenza un’ulteriore estensione dell’indagine con finanziamenti propri della Statale. La metodologia utilizzata è identica a quella applicata a Brescia nelle zone della Valcamonica e della Bassa bresciana su una platea, finora, di 720 ragazzi delle scuole medie, ai quali sono stati somministrati test psicologici tesi ad individuare ritardi nell’apprendimento, deficit dell’attenzione, autismo o depressione”.

L’esperienza bresciana ha sollecitato un’esperienza analoga per Taranto dove resta alta la preoccupazione per le emissioni dell’Ilva. Nel 2013, il Ministero della Salute ha avviato un progetto del Ccm (Centro per la prevenzione e il Controllo delle Malattie) con l’obiettivo di approfondire gli aspetti dell’impatto dei metalli sul neurosviluppo dei bambini. Un team si è dunque occupato della valutazione dei soggetti con misurazioni ambientali, biologiche e test neuropsicologici, secondo una metodologia già sperimentata da anni a Brescia.

“Le indagini – riporta la testata giornalistica bresciana – hanno rilevato parallelismi, di cui si discuterà approfonditamente nella sessione di studi di domani. Uno sforzo che non si esaurisce dal momento che l’idea è raggiungere, grazie al nuovo finanziamento, una quantità di mille soggetti a Brescia e mille a Taranto e di mantenerli monitorati nel tempo per seguire l’evoluzione degli effetti degli inquinanti (manganese, piombo, cadmio, arsenico, mercurio e selenio in particolare) sulla salute”.

Il professor Lucchini precisa che “nonostante le emissioni siano state ridotte e i biomarcatori siano attualmente più bassi, è necessario capire quali saranno le ricadute dell’esposizione nel tempo, per mettere in atto strategie di prevenzione”. Va detto, che il progetto segue un filone avviato negli anni Novanta quando l’attenzione si è concentrata sull’esposizione dei lavoratori delle industrie delle ferroleghe di Bagnolo Mella e della Val Camonica, da Darfo a Breno a Sellero, che poi si sono riconvertite alla lavorazione di acciaio. In seguito gli studi si sono allargati ad altre fasce della popolazione: adolescenti, anziani e soggetti affetti da Parkinson.

Va detto che l’esposizione a manganese genera una forma di malattia molto simile al Parkinson, mentre il piombo provoca problemi di tipo cognitivo e nei bambini ritardi dell’apprendimento. Proprio in Val Camonica è stato confermato un aumento del Parkinson (358 malati ogni 100 mila abitanti rispetto alla media bresciana, di 237). «In generale, tutte le indagini condotte finora in lavoratori, adolescenti e anziani, hanno confermato una riduzione delle funzioni motorie e cognitive in relazione all’esposizione a metalli», spiega Lucchini.

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