Ilva: i decreti allungano la vita dell’azienda senza migliorare la nostra

TARANTO – Rimandare gli impegni allunga la vita, anche se fa stare meno sereni e genera ansia. In effetti questo avviene con la vicenda Ilva. Tanti decreti (abbiamo davvero perso il conto) hanno allungato la vita di una azienda che, se non sostenuta con le stampelle governative, sarebbe probabilmente già fallita per dissesto finanziario oppure chiusa per il non completo adeguamento degli impianti alle prescrizioni AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale).

Una vicenda che, se non fosse così tragica e importante per tutto il territorio ionico, potrebbe addirittura far sorridere perché specchio del tipico pressappochismo di chi ci governa. Sicuramente i tanti decreti, compreso l’ultimo che dovrebbe essere convertito in legge al Senato nei prossimi giorni, pur allungando la vita all’Ilva, non hanno migliorato lo stato d’animo di chi lavora nello stabilimento.

Le proteste (sotto forma di presidio e sciopero) dei giorni scorsi rappresentano la prova di come il clima di incertezza sul futuro del siderurgico e la proroga dell’applicazione delle prescrizioni AIA creino tensione e ansia negli stessi lavoratori. Non sono per nulla chiare le prospettive future di una azienda che, una volta in mano al privato, non potrebbe certo continuare a perdere decine di milioni di euro al mese in un contesto di saturazione  – a livello mondiale –  del mercato dell’acciaio e di limitazione contingente della produzione in situ per motivi di potenziale inquinamento ambientale.

E neanche si può pensare che lo Stato possa continuare, oltre che con la eventuale compartecipazione all’acquisto di quote dell’azienda da parte di Cassa Depositi e Prestiti, a finanziare le perdite all’infinito: Ilva deve infatti evitare di essere messa sotto accusa dall’Europa per l’utilizzo di aiuti di Stato. Per questo, l’unica reale possibilità futura è il taglio delle spese con la possibile, a nostro parere, chiusura definitiva di alcuni reparti di produzione.

Il grande dubbio è se potrà mai l’Ilva diventare efficiente, non inquinante e addirittura redditizia per i futuri acquirenti. Sono tre condizioni alla base di una qualunque attività imprenditoriale e che, stando a ciò che è avvenuto nella gestione dell’Ila negli ultimi anni, sembrano davvero di difficile raggiungimento. Ansia e preoccupazione vi è poi, sia nei lavoratori che nei cittadini di Taranto, per il rinvio della completa attuazione delle prescrizioni AIA che, al di là delle percentuali di facciata che vengono sciorinate, risultano ancora incompiute nella parte più economicamente impegnativa come per esempio la copertura dei parchi minerali, malgrado se ne parli ormai da diversi anni e siano già stati presentati diversi progetti e preventivi.

I continui avvertimenti alla popolazione per i wind days non sono più ammissibili e il futuro sindaco di Taranto non potrà più consentire il perdurare di questa situazione. L’evidenza dell’aumento del rischio sanitario nei giorni di vento impone che il primo responsabile della salute pubblica metta in atto tutte le misure che eliminino tale rischio, non limitandosi ad una semplice e assolutamente inapplicabile raccomandazione generica di evitare sport all’aperto o limitare l’uso delle auto.

Siamo infatti certi che le raccomandazioni basate sul principio di massima precauzione rilanciate da ASL e Comune, su suggerimento di ARPA, abbiano trovato una scarsissima applicazione pratica. In ogni caso, tali richieste di precauzione ledono i diritti personali dei singoli cittadini e se possono essere accettati come misure eccezionali una tantum, non possono certo diventare la regola ogni volta che spirerà il vento verso i quartieri più esposti alla ricezione di polveri sottili.

È indispensabile, senza alcun indugio, eliminare il problema alla fonte, pretendendo l’applicazione alla lettera delle prescrizioni AIA o la chiusura degli impianti. In maniera definitiva, senza più omissioni e ambiguità, ASL, ARPA e Comune dovranno esprimersi sulla compatibilità o meno della grande industria con i quartieri ad essa più prossimi. Sono in corso vari studi nell’ambito del Progetto Jonico Salentino, come quelli sui bioindicatori, che presto chiariranno meglio i potenziali rischi derivanti degli inquinanti emessi dalla grande industria.

Sempre più ricca e aggiornata è inoltre la conoscenza dello stato di salute della popolazione grazie all’attivazione del registro tumori, alle indagini epidemiologiche e all’operato del Centro Salute Ambiente. La chiarezza diventa quindi una pretesa di chi da anni subisce la presenza dell’Ilva. Non si dovrà più consentire, cioè, una analisi a posteriori sui danni causati da eventuale inquinamento. Chiarezza sui rischi d’impresa e su regole precise da applicare dovrà esserci anche verso i futuri acquirenti di Ilva. Il decimo (o undicesimo?) decreto discusso in Parlamento in questi giorni non è certo un buon segnale. Impunità per chi amministra e rimessa in discussione dei tempi e modi di attuazione delle prescrizioni AIA sono elementi che generano in tutti noi ansia e incertezza per il futuro.

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