«Giustissimo decretare l’obbligo dell’origine in etichetta per il latte, ma bisognerebbe farlo anche per il grano, il pomodoro e tanti altri prodotti del nostro vastissimo patrimonio agroalimentare». Confagricoltura Taranto prende posizione, dopo il recente decreto-latte del governo, rispetto alla difesa dei prodotti italiani, pugliesi e tarantini, perché – spiega il presidente Luca Lazzàro – «tutelare un singolo settore come il latte e i suoi derivati, in particolare a causa della forte crisi dovuta al crollo del prezzo alla stalla, è un provvedimento corretto ma legato all’emergenza, mentre servirebbe agire globalmente sul sistema del “made in”. E soprattutto far capire bene ai nostri amici in Europa che la tutela dell’origine dei prodotti è utile non solo all’Italia, ma funziona per tutti e lungo l’intera filiera produttiva, a prescindere dal Paese che la mette in atto».
«Si tratta – rimarca Lazzàro – di condurre sino in fondo la lunga battaglia, già vinta e tradotta in diversi regolamenti Ue e norme nazionali, per l’olio extravergine di oliva e per l’olio di oliva vergine. Con l’obiettivo di usare la tutela d’origine come uno strumento generale di politica agricola e non come espediente in casi di crisi settoriali».
Come il latte, tuttavia, anche il settore del grano duro pugliese è in profonda sofferenza. Nonostante la Puglia sia il “granaio d’Italia”, con circa un milione di tonnellate di frumento prodotto e una produzione lorda vendibile di 230milioni di euro, il frumento regionale stenta a spiccare buoni prezzi – attualmente meno di 25 euro al quintale, come 20 anni fa – e continua a subire la micidiale concorrenza del grano duro estero. Si calcola che nel 2015 siano sbarcate in Italia almeno 800mila tonnellate di prodotto proveniente da Australia, Ucraina, Canada, Bangladesh, Sud America, Messico e Stati Uniti.
Per Arturo D’Ayala, la cui azienda di famiglia possiede 1500 ettari coltivati a grano, olive e uva da vino nel Tarantino, tra Grottaglie, Monteparano e Carosino, «la preoccupazione vera è che nel Made in Italy entrino molte materie prime straniere senza che ciò sia indicato in etichetta».
«Come dimostrato dall’intera vicenda del latte – continua D’Ayala – è chiaro che senza interventi tempestivi e ad ampio spettro si corre il rischio di demolire, con conseguenze pesanti, la produzione e la commercializzazione di quei prodotti che hanno reso la Puglia famosa in tutto il mondo per l’eccellenza e la qualità dell’agroalimentare».
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