Bombe d’acqua: i Comuni sono tenuti a risarcire le auto danneggiate

Bomba d’acqua: se il Comune non fa l’adeguata manutenzione delle strade, è tenuto a risarcire i danni. La Cassazione chiarisce che anche se la pioggia è di intensità eccezionale tale da far ritenere l’evento atmosferico assolutamente imprevedibile e straordinario, il Comune è tenuto a risarcire gli immobili allagati e le auto danneggiate se non dimostra che la rete fognaria, per lo scolo delle acque piovane, era funzionante. Non vale, quindi, a esonerare l’amministrazione dal pagamento la considerazione che, se anche le pompe per il filtraggio dell’acqua avessero funzionato correttamente, esse non sarebbero comunque riuscite a smaltire la mole di pioggia caduta per effetto del nubifragio.

Il nostro codice civile stabilisce una responsabilità di tipo oggettivo – ossia a prescindere da qualsiasi sussistenza di colpa o malafede – in capo al titolare di una cosa, per i danni da essa arrecati a terzi per il solo fatto che egli ne è custode. In questo caso, la “cosa” è la strada (ed anche l’impianto di scolo delle acque piovane). Il comune è custode di tali beni e, pertanto, risponde di tutti i danni provocati ai cittadini, salvo tuttavia che dimostri che l’evento sia avvenuto per un caso fortuito, ossia un fatto del tutto imprevedibile e, comunque, inevitabile.

La pioggia, in sé per sé, non è imprevedibile, anche se di intensità sostenuta, dovendosi comunque mettere in conto che, di tanto in tanto, gli agenti atmosferici possono giocare brutti scherzi anche al di là delle medie stagionali. Ma quando l’evento è così straordinario da essere considerato “isolato” e i danni come inevitabili, allora scatta il caso fortuito e l’assenza di responsabilità per il Comune.

La sentenza in commento spiega, però, che anche un acquazzone particolarmente intenso, tanto da considerarsi straordinario, non libera dalla responsabilità il Comune se questi non ha prestato la dovuta manutenzione agli impianti necessari ad evitare l’allagamento delle strade e, quindi, il danneggiamento a cose o persone nei dintorni. L’amministrazione – a prescindere dalla bizze del clima – deve comunque metterci la sua “buona parte” e provvedere a che tutte le reti di scolo funzionino correttamente. Qualora, ad esempio, un canale dovesse risultare intasato per i detriti, le foglie o la sporcizia, allora il risarcimento scatterebbe di sicuro e non ci sarebbe modo di evitarlo.

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Salvarsi dalla multa per eccesso di velocità si può, se c’è lo stato di necessità. E’ quanto ha stabilito in una recente sentenza il giudice di pace di Palermo che ha stabilito come la minaccia di un pericolo attuale può giustificare la fretta eccessiva sulla strada. In pratica, la legge esclude la condanna per chi commette l’illecito (in questo caso la guida in eccesso di velocità) perché costretto dalla necessità di salvare sé o anche altri soggetti da un pericolo attuale di un danno grave alla persona. È tuttavia necessario che:

• il pericolo sia attuale: in pratica, si deve trattare di una situazione urgente che non consente di essere rimandata ad altro momento;

• il pericolo non sia stato volontariamente causato da chi commette l’illecito;

• il pericolo non sia altrimenti evitabile se non con la condotta illecita;

• il fatto sia proporzionato al pericolo. La scriminante opererà dunque quando l’importanza del bene minacciato prevale o si equivale a quello sacrificato: per esempio, non per salvare una piantina agonizzante è consentito andare a 200 Km/h.

Questi principi, come detto, valgono anche in ambito di sanzioni amministrative e, in particolare, perle multe per violazione del codice stradale. L’importanza della sentenza in commento sta nel chiarire cosa intendere per “pericolo attuale”: lo stato di necessità – afferma il giudice di Pace – non deve essere inteso come certezza matematica di un pericolo, ma è sufficiente anche la “ragionevole minaccia” di una causa imminente e prossima del danno. Nello stato di necessità – si legge in sentenza – l’attualità del pericolo deve intendersi come semplice “probabilità” (e non necessità in senso assoluto) di questo. In pratica, bisogna mettersi nella condizione psicologica del conducente al momento in cui pone in essere la condotta di guida vietata dal codice della strada e, quindi, con le sue cognizioni in quel determinato momento.

fabiana di cuiaA cura di Fabiana Di Cuia, laureata con lode in Scienze della Comunicazione  – Giornalista – Insegnante ed istruttore di scuola guida

Autoscuola 2000 Di Cuia, via Calamandrei, 12 (Taranto)

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