Ilva, Genitori Tarantini: lettera a Matteo Renzi

Questa volta tocca a Renzi. Dopo le lettere al sindaco di Taranto, al presidente della Regione e ai parlamentari che hanno votato a favore del nono decreto salva-Ilva, i Genitori tarantini si rivolgono direttamente al Presidente del Consiglio, censurandone il comportamento nei confronti di Taranto e dell’intera comunità ionica. Di seguito, il testo integrale della lettera.

Signor Matteo Renzi. Primo Ministro della Repubblica italiana, anche il più povero tra gli uomini possiede qualcosa di prezioso: il proprio nome, quello che il padre e le generazioni ancora precedenti gli hanno regalato. E’, questo, un valore che non può essere venduto, se non addirittura svenduto, per puro interesse personale. E’ una ricchezza morale che aumenta grazie alle promesse mantenute, grazie alle azioni che elevano gli umani sugli animali, grazie al senso della giustizia e all’impegno nella difesa dei più deboli.
Il 13 settembre del 2014, Lei fece un tour in Puglia, fissando tre tappe (Peschici, Bari e Taranto). Per i primi due appuntamenti, le immagini televisive proposero un Presidente del consiglio sorridente e pronto al contatto con la folla, con la quale scambiava amichevoli strette di mano. A Taranto, invece, Lei scelse di entrare direttamente nel palazzo della Prefettura, senza scendere dall’automobile, preferendo, forse sotto consiglio, non incontrare la folla che La stava fortemente contestando.
Le Sue parole alla stampa furono, citiamo: “Io penso e credo che quando vieni alla Fiera del Levante, quando vieni a parlare del futuro dell’Italia, del futuro del Mezzogiorno, del futuro della Puglia un passaggio a Taranto forse è il minimo, il minimo forse doveroso. Sarei stato un vigliacco a non essere qua, oggi.” E poi: “… la prossima volta in cui io verrò a Taranto sarà entro Natale, diciamo a fine d’anno, per cui torneremo qui a fare il punto della situazione.” E sui pediatri tarantini che avrebbero voluto incontrarLa, Lei rispose: “Sì, questo mi dispiace molto. Adesso mi sono fatto dare il numero e chiamerò la pediatra.”
Poi, rientrò in auto e lasciò la Prefettura ad alta velocità. Sorvolando sulla personalissima interpretazione della parola “vigliacco”, siamo ancora in attesa della Sua visita natalizia nella nostra città, come in attesa è ancora la dott.ssa Moschetti, la pediatra della quale si era fatto dare il numero di telefono.
Ma c’è di più. Proprio poco prima del famoso Natale, Lei dichiarò: “Se l’Europa vuole impedire di salvare i bambini di Taranto ha perso la strada per tornare a casa. Io sono più fedele agli impegni con quei bambini che a qualche regolamento astruso dell’Ue. Faremo il risanamento ambientale.” E partì con il settimo decreto per l’Ilva. Ora, a parte il fatto che dichiarare di voler salvare i bambini di Taranto presuppone l’esistenza di un problema che in un Paese civile, in una Repubblica democratica non dovrebbe per niente esistere, da quella data sono partiti, in un solo anno, il settimo, l’ottavo e il nono decreto salva-Ilva. Nel frattempo, i bambini di Taranto hanno continuato e continuano ad ammalarsi e a morire in percentuali scandalosamente superiori alla media regionale. Per Lei, però, l’ultima ed unica urgenza è quella di ripassare la palla ai privati. Come tarantini, Le chiediamo: “Primo Ministro, da cosa voleva salvare i bambini della nostra città, visto che l’ultimo rapporto dell’Arpa Puglia rileva, al quartiere Tamburi, valori di sostanze tossiche pari a quelli riscontrabili nei filtri dei camini dell’Ilva?” In ogni caso, i bambini di Taranto La ringraziano per l’interessamento ed il trattamento preferenziale.
Noi, Genitori tarantini, riteniamo una nostra colpa averLe permesso di dichiarare che ai bambini di Taranto avrebbe pensato Lei, perché, da che mondo è mondo, ai bambini dovrebbero pensare i genitori.
Di una cosa stia sicuro, signor Renzi. Quando i nostri figli ci chiederanno di raccontare loro la favola dell’Italia e dei suoi Governanti, non gli racconteremo di un castello incantato e di principi azzurri. Gli racconteremo la verità. Quella di una stamberga nella quale governava un personaggio portato al successo mondiale da uno scrittore Suo conterraneo, tal Carlo Collodi.

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