Ilva, Marescotti e Battaglia replicano a De Marzo

ilva fabbriTARANTO – Ieri abbiamo pubblicato sul nostro sito una nota stampa a firma dell’ingegner Biagio De Marzo, in passato presidente del cartello di associazioni ambientaliste “AltaMarea”, contenente passaggi “pepati” che tirano in ballo sia il presidente di PeaceLink, Alessandro Marescotti, che Antonia Battaglia, referente della stessa associazione a Bruxelles (leggi qui).

Oggi ritorniamo sull’argomento pubblicando due repliche: la prima di Marescotti, la seconda della Battaglia. InchiostroVerde continua, quindi, a garantire sulle sue pagine pluralismo e democrazia, convinto come non mai che solo dando voce a opinioni  e punti di vista differenti (talvolta opposti) può fornire ai propri lettori gli strumenti per leggere e comprendere i fatti che accadono. A Taranto e altrove.

PeaceLink non firma armistizi con l’Ilva mentre i bambini muoiono – Nessuna tregua possibile sulla salute dei tarantini

marescottiL’ingegnere Biagio De Marzo mi invita a firmare “un armistizio” sull’Ilva. Lo fa in un lungo editoriale dal titolo “Marescotti sull’Ilva ci sia un armistizio”, apparso mercoledì scorso con grande evidenza sulla Gazzetta del Mezzogiorno in forma di editoriale, di ben sette colonne (intervento pubblicato ieri anche sul nostro sito, ndr). Mi ha colto di sorpresa. Biagio De Marzo conclude così: “E’ il momento, egregio presidente, carissimo Alessandro, che partecipi anche tu all’”armistizio non dichiarato”, per il bene dei tarantini e dei lavoratori dell’Ilva, che interrompa le pressanti comunicazioni alle istituzioni europee che di fatto “forniscono munizioni ai nemici dell’Italia””.

Nel suo articolo mi invita a “richiamare per consultazioni l’ambasciatrice di Peacelink a Bruxelles”, ossia Antonia Battaglia, e a smentire il “chiacchiericcio” che la immagina come una pedina delle lobby siderurgiche europee ostili all’Ilva. In questo armistizio che mi propone vi è una condizione che ritengo eticamente inaccettabile ossia, specifica De Marzo, “l’accettazione che per qualche tempo ci siano ancora danni sanitari”. Scrive infatti: “Si impongono decisioni difficili che presuppongono comunque  una sorta di “armistizio non dichiarato” che sottintenda anche l’accettazione che per qualche tempo ci siano ancora danni sanitari. Tale “armistizio non dichiarato” consentirebbe di attivare strategie operative immediate, reperire le risorse necessarie, far ripartire gli impianti e redigere e realizzare, in tempi ragionevoli, il progetto di una “Nuova Ilva” che operi nel mercato globale”.

In buona sostanza mi si chiede di “chiudere un occhio” sul fatto che possano morire e ammalarsi altre persone nel frattempo che l’Ilva venga messa a norma e ritorni (pia illusione) ad essere competitiva sul mercato globale. La mia formazione umana e civile rifiuta questo armistizio. E’ già stato firmato da tanti uomini politici. Ma io non sono uno di quelli. E vorrei raccontare un episodio che mi è accaduto quando ero a Bruxelles in occasione di un incontro con la Commissione Europea. Ero nella stanza dell’albergo e sul tablet stavo ripassando le cose che avremmo dovuto dire alla Commissione Europea. Leggevo e rileggevo tutte le prescrizioni autorizzative AIA non attuate dall’Ilva, quando sbucò dal display un messaggio che mi commosse. Una mamma di Taranto, che non conoscevo, mi aveva scritto proprio in quel momento.

 “L’interesse che avete e l’amore per Taranto – scriveva questa mamma – non vi fa che onore e mi fa credere che qualcuno nutre speranze per questa città martoriata da decenni”. Questa mamma mi raccontava il calvario della sua bambina nata non con uno ma con due tumori contemporaneamente: “Di Taranto conosco i lunghi periodi trascorsi quest’anno in ospedale con mia figlia, credo di conoscere solo la realtà più crudele che Taranto può offrire alla vita. Mia figlia vi ringrazierà per la battaglia che state facendo. Nata apparentemente sana, ha sviluppato un tumore renale bilaterale a soli sei mesi. Gli oncologi hanno subito parlato di trasmissione da parte di uno dei due genitori, la bambina è nata con questo problema.  E allora dal mio piccolo, come mamma, combatto anch’io questa battaglia senza armi, con la mia voce, a volte urlando contro la sordità di chi mi sta vicino e non si rende conto che quelli che pagano sono i bambini, le anime innocenti. Spero che anche la vostra voce percorra il giusto verso e giunga a chi sa ascoltare”.

Sentivo che quel messaggio era una ulteriore chiamata all’impegno per la mia coscienza. Un grido di dolore che giungeva via email. Il giorno dopo c’era l’incontro con la Commissione Europea e prima di entrare in riunione lessi quell’e-mail ad Antonia Battaglia, che ci accompagnava e ci guidava a Bruxelles. Anche Antonia si commosse. Antonia è mamma di tre bambini. E le mamme sanno fare patti di fedeltà con i loro bambini che noi uomini non riusciamo neppure ad immaginare. Quando leggo, sono le parole di Biagio De Marzo, che Antonia farebbe parte di coloro che “di fatto favoriscono gli avversari dell’Italia e della comunità tarantina” e che “ci sono potenti lobbisti tedeschi e francesi che vogliono far chiudere l’Ilva di Taranto per eliminare un concorrente” rimango indignato perché si fa specifico riferimento ad Antonia.

Insinuare che Antonia Battaglia possa essere un’abile lobbista, dotata di agganci di altissimo livello e infiltrata dentro PeaceLink per favorire le acciaierie tedesche e francesi è quanto di peggiore io potessi leggere. Antonia è mamma di tre bambini e sacrifica il suo tempo per onorare l’impegno che prendemmo con quella mamma che ci scrisse a Bruxelles. Stiamo lottando insieme per un ideale ben preciso, perché “non un altro bambino, non un altro abitante di questa sfortunata città, non un altro lavoratore dell’ILVA, abbia ancora ad ammalarsi o a morire o ad essere comunque esposto a tali pericoli, a causa delle emissioni tossiche del siderurgico”, come ebbe a scrivere Patrizia Todisco, magistrato di Taranto.

Antonia è una persona splendida che ha saputo mettere al servizio dei bambini di Taranto la sua esperienza nell’ONU ed è diventata di fatto la loro “ambasciatrice” a Bruxelles. Antonia ha una approfondita conoscenza del diritto internazionale, ha frequentato master, è esperta di istituzioni europee, parla fluentemente l’inglese e il francese, sa tradurre all’istante ogni cosa. Concentra in sé competenze rarissime, a cui aggiunge un’attività giornalistica su Micromega e una straordinaria forza di volontà. Se invece di ringraziare una persona così si alza il chiacchiericcio, vuol dire che a Taranto le persone mediocri e insensibili hanno preso il sopravvento nei corridoi della politica.

 Antonia è con PeaceLink per onorare l’impegno che ci siamo presi verso tutti i bambini e i genitori che oggi percorrono il calvario negli ospedali, verso i tanti bambini malati, verso quel 54% in più di bambini col cancro che a Taranto rappresentano il frutto di un armistizio scellerato. Un armistizio che abbiamo deciso di non firmare perché non è un armistizio ma è di fatto la prosecuzione di una guerra. Una guerra agli innocenti. Quell’armistizio “non scritto” lo hanno firmato in tanti, persino il PCI, ma non verrà firmato da PeaceLink. Noi andremo avanti con Antonia Battaglia e con tutte le persone di buona volontà fino a che l'”inutile strage” non sarà terminata.

 Alessandro Marescotti – Presidente di PeaceLink

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Mai stata al servizio delle lobby dell’acciaio

Gravame BattagliaEsimio Ing. De Marzo, prendo atto della sua decisione di passare da un’analisi politico-ambientalista seria e rispettosa delle attività di Peacelink al “chiacchiericcio” poco elegante che ha voluto porgere ai lettori della “Gazzetta del Mezzogiorno” e della sua pagina Facebook, coinvolgendo la mia vita privata. Se vogliamo scendere sul terreno del pettegolezzo, potrei ipotizzare le motivazioni che l’hanno spinta a ritirarsi dai movimenti ambientalisti locali dopo molte fruttuose iniziative. Ma non voglio seguirla in uno scontro personale su questioni che nulla hanno a che fare con la gravità della lotta che ci vede impegnati sulla questione ILVA.

Non amo scadere ad un livello più basso, non e’ nel mio stile ne’ nello stile di Peacelink mettere in moto macchine del fango, ne’ fare processi alle intenzioni o alle parentele. Invece la ringrazio, perché le sue banali illazioni sono per me l’occasione per rendere conto di tante cose belle portate avanti nella mia vita, tutte finalizzate a dare il mio contributo alla res publica.  Ho cominciato la mia carriera come Funzionario delle Nazioni Unite e quindi, come tale, ho potuto lavorare in Svizzera, in Kosovo, in Serbia, in Montenegro, in Albania, in Sudan, in Belgio e anche in Lussemburgo. Li’ mi sono trovata proprio dalla parte di quelli che hanno partecipato alle bonifiche di Belval e alla lotta per la reintegrazione degli operai che erano stati licenziati dall’industria siderurgica. Quindi dal lato opposto degli interessi siderurgici, ma, tant’é, mi rendo conto che sia difficile, per lei, conoscere cosa accade fuori.

Oltre ai tre figli che lei ha menzionato nella sua arringa, ho anche due lauree, due master in relazioni internazionali e filosofia politica, fino ad un Dottorato di Ricerca conseguito a Bruxelles sui diritti dei popoli all’autodeterminazione, per la precisione in filosofia politica e diritto internazionale. Capirà, quindi, che non ho grandi difficoltà a conoscere, consultare, incontrare, scrivere e relazionarmi con la Commissione Europea e con tutto il mondo internazionale del quale faccio parte da più di venti anni e che quindi, da tarantina, ho voluto mettere al servizio della mia città la conoscenza del diritto europeo e del mondo internazionale. Per quanto riguarda la mia immagine di madre, ebbene si, ho tre bellissimi bambini che mi occupano pienamente e quando posso liberarmi dagli impegni con loro, con l’attività di ricerca universitaria, mi dedico anima e cuore a Taranto e lo faccio con grande passione per Peacelink, con i miei colleghi, impegnati quanto me in una lotta giusta e coerente.

Per quanto riguarda il Lussemburgo, mi ci sono trovata benissimo e ho potuto apportare un piccolo contributo anche al PD lussemburghese, contributo pero’ finito quando non sono stati felici del mio articolo (pubblicato sul “Letzebuerg Land”, sì, scrivo su diversi giornali e in diverse lingue) sui legami tra Bersani e i Riva. Quindi, come ho fatto con Tsipras, per coerenza, li ho salutati e ho detto loro che la mia strada non era quella del compromesso. Posso raccontarle che la strada che ho intrapreso mi ha portata a lavorare anche in Sudan, a Dubai, in diverse parti del mondo, Asia compresa. Ma non ho mai stretto alleanze con i gruppi siderurgici locali, anzi, di solito mi sono sempre trovata dalla parte opposta. Al netto del pettegolezzo inutile a Taranto e al suo ambiente, il punto di scontro politico e culturale tra noi e’ uno soltanto: lei si autodefinisce “industrialista”, io mi definisco “una intellettuale aperta al confronto”. Non c’e’ bisogno di girarci attorno. Preso atto delle reciproche differenze di stile e di impostazione politica, non mi resta che porgerle distinti saluti.

Antonia Battaglia – Portavoce di PeaceLink presso le Istituzioni Europee

 

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