Piccoli obesi crescono – Le cattive abitudini da cambiare

obesitàTARANTO – Sovrappeso ed obesità sono ormai da alcuni anni considerati, in particolare nei paesi occidentali, un problema di sanità pubblica che comporta enormi conseguenze a livello sanitario, sociale ed economico, a causa delle conseguenze che comporta sulla salute, in particolare di tipo cardio-vascolare (pressione alta, ictus, infarti) e metabolico (diabete). Tale fenomeno sta raggiungendo livelli allarmanti anche tra bambini ed adolescenti, in quanto risulta essere in costante aumento anche in tenera età.

Per definizione, un bambino è in sovrappeso quando il suo Indice di Massa Corporea (IMC o BMI) si colloca tra il 90° e il 95° percentile, mentre è obeso quando supera il 95°percentile. Tanto il pediatra quanto dietisti e nutrizionisti possono calcolare tali percentili e ciò è molto importante che sia fatto per tutti i bambini perché i genitori si rendano conto se il figlio sia effettivamente normopeso, dal momento che il problema dell’eccesso di ponderale è troppo spesso sottostimato sui bambini e non avvertito come una minaccia per la salute. Luogo comune è: “crescendo, si svilupperà in altezza e dimagrirà”. Rimane ancora, purtroppo, la concezione che il bambino paffutello sia sinonimo di salute e benessere e il più delle volte i genitori di bambini obesi ritengono che i loro figli abbiano un peso nella norma.

Secondo l’indagine Multiscopo dell’ISTAT del 2002 relativa a sovrappeso e obesità in età evolutiva in Italia, su un campione di soggetti tra i 6 ed i 17 anni, tra 1999 e 2000, un bambino su tre ha già problemi di peso dalle scuole elementari, mentre tra gli adolescenti il fenomeno complessivamente si dimezza. I nostri bambini sono i più obesi di Europa. Il trend è purtroppo in aumento, specialmente nelle regioni del Sud Italia. In particolare, la Campania si aggiudica il primo posto con il 36% di prevalenza di sovrappeso ed obesità in età evolutiva. Al secondo posto la Sicilia; quindi Lazio e Puglia. Il fenomeno è tanto più frequente quanto più bassi sono scolarizzazione e livello socio-economico dei genitori.

Anche in età pediatrica l’obesità rappresenta un grave problema dalle conseguenze sociali, economiche e di salute pubblica, a causa delle complicanze a cui si associa. Tra queste ipertensione, iperlipidemie, malattie respiratorie, diabete, alterazioni osteoarticolari e disordini psicosociali. Oltretutto esiste il 75% di probabilità che l’adolescente obeso rimanga tale in età adulta, con i rischi associati alle patologie croniche suddetti. La strategia d’elezione per arginare il dilagare del fenomeno è la prevenzione primaria. Essa consiste nell’educare il bambino alla pratica di uno stile di vita sano che consista in una alimentazione varia ed equilibrata e alla pratica di attività fisica, sia essa programmata (come l’attività sportiva) e non programmata (lasciare l’automobile e camminare a piedi, giocare all’aria aperta, ecc).

La prevenzione primaria si differenzia da quella secondaria per il fatto che è condotta prima che la patologia, in questo caso obesità o sovrappeso, si instauri nel soggetto. Dalla prevenzione secondaria sui bambini con problemi di peso si ottengono invece scarsi risultati, specialmente quando, associata alle abitudini alimentari errate ormai radicate, c’è la sedentarietà. Il primo esempio per il cambiamento dello stile di vita disadattativo deve provenire dalla famiglia: il 70-80% dei bambini obesi ha infatti almeno un genitore obeso a sua volta.

Questo perché i genitori, fin dalle prime epoche di vita, forniscono alla prole cibo e stile di vita, condividendo con loro geni ed ambiente. Ciò significa che non solo ha un peso la genetica per la trasmissione della obesità da padre in figlio, ma hanno un ruolo fondamentale anche le abitudini alimentari e lo stile di vita che, inconsapevolmente, sono trasmessi ai figli. Fortunatamente il Ministero della Salute si è attivato da diversi anni con campagne di prevenzione anche nell’ambito delle istituzioni scolastiche tanto tra i genitori quanto tra ragazzi ed insegnanti. L’educazione alimentare in età pediatrica tende, in maniera preminente, a incoraggiare il consumo di frutta, legumi e verdura, in genere non amati dai bambini; a fare colazione a base di latte al mattino e spuntini sani con yogurt, pane e pomodoro, frutta e frullati di frutta; a imparare a conoscere e a consumare tutti i tipi di alimenti.

Dott.ssa Iris Zinzi

Dietista presso ambulatorio di Diabetologia, DSS TA 02, Massafra

Biologa Nutrizionista, libero professionista, Taranto

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