Eni, il Comune di Taranto “scopre” l’uovo di Pasqua sull’idrogeno solforato

Raffineria-ENI-Taranto

Raffineria-ENI-TarantoTARANTO – Martedì la Direzione Ambiente, Salute e Qualità della vita del Comune di Taranto, ha inviato una relazione a firma del funzionario tecnico Giancarlo Ciaccia e del dirigente Alessandro De Roma alla Commissione Consiliare “Ecologia e Ambiente”, al Sindaco e all’assessore all’Ambiente Vincenzo Baio, avente come oggetto “Cattivi odori (GAS) in città”, in risposta ad una richiesta avanzata dai soggetti politici su citati attraverso una nota dello scorso 26 novembre, in cui si chiedeva alla Direzione Ambiente del Comune di chiarire la natura dei fenomeni emissivi odorigeni che da anni ammorbano i tarantini.

Incredibili a dirsi, i nostri politici ancora oggi chiedono spiegazioni, fanno finta di non sapere e non capire. E così la Direzione Ambiente è stata costretta a redigere una relazione con la quale si scopre l’acqua calda: ovvero che la sostanza che causa “la percezione degli sgradevoli odori di gas, è l’idrogeno solforato o acido solfidrico”. La Direzione Ambiente “spiega” a nostri politici che l’H2S “è un gas incolore dall’odore caratteristico di uova marce, per questo definito gas putrido. È idrosolubile, ha caratteristiche debolmente acide e riducenti. Il composto è caratterizzato da una soglia olfattiva decisamente basso: in letteratura si trovano numerosi valori definiti soglia olfattiva: da 0.7 ng/m3 a 14 ng/m3: taluni soggetti sono in grado di percepire l’odore già a 0,2 ng/m3, in corrispondenza dì 7 ng/m3 la quasi totalità dei soggetti esposti distingue l’odore caratteristico. Tale sostanza si origina naturalmente (in zone vulcaniche o geotermiche) o in aree industriali effettivamente presenti nel Comune dì Taranto, ovvero nei processi di produzione di carbon coke, di raffinazione del petrolio, dì rifinitura di oli grezzi, di concia delle pelli (calcinalo e pickel), di fertilizzanti, di coloranti e pigmenti, di trattamento delle acque di scarico e di altri procedimenti industriali”. La relazione della Direzione Ambiente precisa inoltre che si tratta di una “sostanza estremamente tossica poiché è irritante e asfissiante. L’azione irritante, che si esplica a concentrazioni superiori ai 15.000 ng/m3 ha come bersaglio le mucose, soprattutto gli occhi; a concentrazioni di 715.000 ng/m3, per inalazione, può causare la mode anche in 5 minuti (WHO 1981, Canedien Centre for Occupatienal Heah and Safoly 2001). L’acido solfldrico è considerato, pertanto, un veleno ad ampio spettro, ossia può danneggiare diversi sistemi del corpo. Ad alte concentrazioni paralizza il nervo olfattivo rendendo impossibile la percezione del suo sgradevole odore e può causare incoscienza nell’arco di pochi minuti. Agisce come l’acido cianidrico inibendo la respirazione mitocondriale”.

Per rendere la relazione ancora più completa, la Direzione Ambiente ha inserito nella stessa anche la scala degli effetti sul corpo umano del solfuro di idrogeno espressa in parti per milione (1 molecola di H2S tra 999.999 altre molecole = 1 ppm; fattore di conversione H2S 1 ppm = 1.500 ng/m3): 0,0047 ppm è la soglia di riconoscimento, la concentrazione a cui il 50% degli esseri umani può percepire il caratteristico odore del solfuro di idrogeno, normalmente descritto come odore di uova marce; meno di 10 ppm è il limite di esposizione senza danni 8 ore al giorno; 10-20 ppm é il limite è il limite oltre il quale gli occhi vengono irritati dal gas; 50-100 ppm causano un danno oculare; 100-150 ppm paralizzano il nervo olfattivo dopo poche inalazioni, impedendo di sentire l’odore e quindi di riconoscere il pericolo; 320-530 ppm causano edema polmonare con elevato rischio di morte; 530-1000 ppm stimolano fortemente il sistema nervoso centrale e accelerano ancora più gas e provocando iperventilazione; 800 ppm è la concentrazione mortale per il 50% degli esseri umani per 5 minuti di esposizione; concentrazioni di oltre 1000 ppm causano l’immediato collasso con soffocamento, anche dopo un singolo respiro.

Per la Direzione Ambientale è fondamentale sottolineare e ricordare ai nostri smemorati politici che, “nonostante la evidente pericolosità intrinseca dell’H2S, non esiste a livello normativo un limite di concentrazione giuridico (come, ad esempio, esiste per il PM10) ma esistono, invece, limiti legati ai luoghi di lavoro (TLV-TWA – che esprime la concentrazione limite, calcolata come media ponderata nelle 8 ore/giorno nelle 40 ore settimanali – alla quale tutti i lavoratori possono essere esposti, giorno dopo giorno senza effetti avversi per la salute per tutta la vita lavorativa: pari a 15000 ng/m3). I valori utilizzati come riferimento, sono appunto i citati valori soglia effettiva che danno l’indicazione circa la possibilità che l’individuo ‘medio percepisca o meno la presenza di tale sostanza: in pratica, l’H2S è monitorato in quanto utilizzato come tracciante di una miscela odorigena”.

Come non bastasse, nella relazione la Direzione Ambiente ricorda ai nostri politici che “nel contesto della città di Taranto, ARPA Puglia ha chiaramente e ripetutamente individuato come fonte verosimile di tali omissioni la Raffineria ENI, con particolare riferimento alle operazioni di fermate/ravvii degli impianti effettuati in condizioni meteoclimatiche tali da porre la raffineria “sopravento” rispetto alla città (vento N-NOvest). La stessa Agenzia Regionale, oltre a provvedere al monitoraggio degli odori attraverso l’implementazione della rete regionale di qualità dell’aria, da novembre 2013, ha inoltre messo a punto e reso operativo un sistema sperimentale di monitoraggio delle molestie olfattive, chiamato OdorTel, che coinvolge la popolazione residente. Attraverso detto sistema, alcuni cittadini volontari (i “recettori”), durante il verificarsi dell’evento odorigeno, hanno la possibilità di comunicare in tempo reale il disturbo percepito semplicemente contattando un centralino telefonico messo a disposizione dall’agenzia”. Infine, la relazione si conclude sottolineando come “parallelamente alle predette attività di mopitoraggio, si segnala che tutta la problematica di cui alla presente relazione è già oggetto di valutazione del Ministero dell’Ambiente, di ISPRA e dell’ARPA, le cui risultanze confluiranno nel procedimento di riesame (in corso) dell’AIA della Raffineria di Taranto”.

Ora. E’ davvero incredibile che i nostri politici abbiano bisogno ancora oggi in pieno 2015 di una relazione che spieghi loro come se fossimo alle scuole elementari, l’origine dei fenomeni emissivi verificatisi nel corso degli ultimi anni. Visto che non si contano le relazioni di ARPA Puglia nelle quali la direzione scientifica dell’agenzia regionale per la protezione ambientale affermava come la fonte fosse la raffineria Eni. Relazioni in cui si spiegava in maniera semplice ed accessibile per tutti cosa fosse l’H2S, i suoi effetti e le motivazioni del perché è l’Eni e non un’altra industria la responsabile dei fenomeni suddetti. Sul sito ufficiale di ARPA Puglia c’è un settore apposito dove vengono pubblicate le relazioni scientifiche dell’agenzia in merito ai fenomeni emissivi su Taranto.

Su queste colonne e insieme all’apporto del sito inchiostroverde.it, abbiamo scritto decine di articoli sulla questione delle emissioni della raffineria Eni. L’ultima volta ne abbiamo scritto lo scorso 7 marzo in merito ai fenomeni emissivi dello scorso 7 e 8 febbraio. Inoltre, abbiamo sempre riportato come l’Eni, in tutti questi anni, abbia sempre negato ogni addebito. Mentre ARPA Puglia non ha mai avuto dubbi nell’indicare la raffineria come unica responsabile di tali eventi emissivi. Del resto, il direttore dell’ARPA Giorgio Assennato il 4 luglio 2013, fu chiarissimo di fronte alle nostre domande: “l’Eni nega da sempre anche davanti all’evidenza dei dati scientifici: evidentemente fa parte della loro politica aziendale. Semplicemente, se ne fregano, perché programmano e svolgono operazioni che comportano i fenomeni emissivi in questione, pur sapendo della presenza di condizioni climatiche sfavorevoli venendo avvisati da noi ben due giorni prima”.

Torniamo dunque ancora una volta a ribadire come il problema di fondo, da anni, sia sempre lo stesso: finché questi impianti industriali opereranno sul territorio inseguendo la famosa “logica del profitto”, non ci sarà giudice, AIA, Garante, Decreto o Legge che tenga. O loro, e quindi gli interessi economici strategici per l’Italia ed un lavoro che dà pane e veleno, o noi: e quindi la salute, l’ambiente e lo sviluppo di alternative economiche non impattanti sul territorio che valorizzino le risorse della nostra storia, della nostra terra e la creatività dei nostri giovani e di tanti onesti lavoratori e altrettanti attuali disoccupati tarantini. Non c’è possibilità di convergenza tra queste due realtà. Non c’è possibilità di compromesso. Non c’è eco-compatibilità che tenga. O loro. O noi. Per noi, da sempre, la questione è sempre stata e sempre sarà soltanto questa (e pensare che ancora oggi da più parti, tra politica e mass media, ci si chiede da dove provengano questi “fenomeni emissivi”). Ma come si può evincere da quanto accaduto, i nostri politici si divertono a prendersi in giro, a perdere tempo, a chiedere lumi e spiegazioni su quanto accade nella città che sono loro ad amministrare da anni e anni. Contenti loro.

Gianmario Leone

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