Il pensiero Landini (Fiom) su Ilva, Riva, lavoro ed economia

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fiom tarantoPenso che sia assolutamente importante e decisivo che sia stato fatto il decreto per l’Ilva come condizione per poter seriamente far partire il processo che deve portare agli investimenti, deve portare al risanamento dell’azienda in tempi più rapidi possibili e il decreto è la condizione”. Lo ha dichiarato il segretario nazionale della Fiom Cgil Maurizio Landini partecipando ieri a Taranto all’assemblea dei metalmeccanici. “Fin da tempi non sospetti – ha aggiunto Landini – come Fiom e come Cgil avevamo posto questo problema della necessità di un passaggio che cambiasse la proprietà, che vedesse anche un intervento pubblico come elemento proprio di garanzia e di trasparenza. Noi tra l’altro abbiamo chiesto che tutte le parti sociali siano rapidamente convocate anche dal governo anche per poter affrontare queste tematiche”. Secondo il leader della Fiom la nuova legge può essere “un’occasione vera che non può essere sprecata né per i lavoratori di Taranto né per i cittadini di Taranto nell’ottica di un’azienda che torni a essere un’azienda che non solo produce acciaio, ma non inquina, non ammazza nessuno ed è in grado di poter garantire un futuro a questo paese”.

Credo che sia molto importante – ha spiegato ancora – che tutte le risorse che sono state sequestrate alla famiglia Riva, ed eventualmente anche altre se ci sono, siano destinate a questo risanamento e a questa necessità. È necessario che la nuova società si strutturi anche con un gruppo dirigente manageriale in grado di affrontare una situazione di questo genere e di avere un’attenzione non semplicemente a Ilva in quanto tale ma a tutta la filiera e al sistema produttivo che sta attorno ad Ilva”. Riferendosi al voto contrario di Sel al decreto, Landini ha osservato che la Fiom è un sindacato “che parla con tutte le forze politiche e che ha la sua autonomia e indipendenza da tutte le forze politiche. Siamo abituati a usare la nostra testa. È fin dai tempi del governo Berlusconi e del governo Monti che la Fiom chiede che ci sia un intervento pubblico e un cambio di proprietà. Quindi, nel momento che questo avviene, troverei singolare che se uno chiede una cosa per tre anni e poi la fanno cambi idea”.

A proposito della new.co che nascerà nei prossimi mesi, Landini ha dichiarato che “per il momento si parla di un periodo transitorio, ma l’intervento diretto dello Stato nell’Ilva è legato alla prospettiva. Cosa succederà alla fine penso che sarà oggetto di discussione. Io non do per scontato che questo processo possa semplicemente concludersi con la vendita a qualcuno perché se uno risana e le cose funzionano si tratta anche di capire quale può essere la presenza dell’intervento pubblico, che tipo di impresa si può fare”. “Penso che la new.co – ha aggiunto – non sia l’unica soluzione possibile. Ci sono anche altre forme che possono essere affrontate: la bad company, la quotazione in borsa. Possono esserci molte cose. Per poter ragionare e discutere si tratta di capire come si fanno e con quali caratteristiche”.

In merito al ricorso presentato dai Riva contro la dichiarazione dello stato di insolvenza dell’Ilva sotto la gestione commissariale, Landini ha commentato con una battuta: “i Riva di disastri ne hanno fatti abbastanza. Quindi, se si dessero una calmata farebbe bene alla loro salute e farebbe bene anche al paese”. “Se siamo in questa situazione – ha spiegato il segretario nazionale della Fiom – qualche responsabilità mi pare ci sia e i Riva per come hanno gestito e per come hanno fatto industria ce le hanno tutte”. Landini ha detto anche che “il settore siderurgico per qualsiasi paese che vuole rimanere industriale è un settore strategico” e che “una quantità di risorse di questa natura che oggi sono state messe a disposizione deve essere gestite con molta trasparenza e con molta precisione”. “Siccome – ha proseguito – qui non c’è solo il problema Ilva, ma c’è il problema appalti e il problema bonifiche, occorre io credo che tutti i soggetti che operano abbiano una visione complessiva e che tutti i soggetti siano messi nella condizione davvero di poter fare di questo percorso che risolva i problemi che ci sono”.

Dopo aver trattato le tematiche legate all’Ilva, Landini ha toccato altre tematiche di livello nazionale. “Mentre rispetto all’Ilva si parla quasi di un intervento pubblico, in altre realtà dove il governo è presente, penso a Finmeccanica, sta svendendo le aziende e quindi c’è una contraddizione molto precisa. Non sta in piedi – ha proseguito – che da una parte c’è l’intervento pubblico per l’Ilva e dall’altra si vende tutto il sistema dei trasporti e non si costruisce un sistema dei trasporti pubblico”. “È lo stesso governo – ha continuato – che sugli stessi temi sta agendo in modo diverso e questa cosa io credo sia un problema perché stiamo pagando il fatto che non c’è una ripresa degli investimenti pubblici e privati e non c’è anche un quadro di politica industriale vera non solo sul settore siderurgico ma su tutti i settori strategici”.

Inevitabile, parlando del mondo del lavoro, un passaggio sul provvedimento del “job act” e le politiche del lavoro varate dal governo Renzi. “Pensando, come fa il governo, che i problemi si risolvano rendendo più facili i licenziamenti o riducendo di qualche euro le tasse alle imprese secondo me non si va da nessuna parte. Il jobs act è un provvedimento pessimo e siamo di fronte al fatto che c’è una riduzione dei diritti delle persone che lavorano. Quando uno – ha aggiunto – può essere licenziato e anche se ha ragione anziché tornare al proprio posto di lavoro ti danno un po’ di soldi, vuol dire che c’è un arretramento dei principi costituzionali del nostro paese. E dall’altra parte non è vero che si sta riducendo la precarietà perché molte forme di lavoro precario rimangono, non c’è un’estensione degli ammortizzatori sociali”. Anche con i provvedimenti che vengono indicati secondo Landini “chi è senza lavoro e non ha mai potuto lavorare non ha alcuna tutela di reddito e quindi non siamo di fronte a una riforma universale e da questo punto di vista per quel che ci riguarda non consideriamo chiusa quella partita. Abbiamo organizzato per il 28 di marzo una manifestazione nazionale e stiamo lavorando affinché sia una manifestazione molto grande, non solo dei metalmeccanici, ma anche dei giovani, dei precari, di tutte le persone che pensano che quella non è la strada da seguire”.

Restando in ambito politico, Landini ha voluto chiarire i suoi progetti futuri, che lo vedrebbero in un futuro non troppo lontano, scendere in politica per ridare linfa alla sinistra italiana. “Non c’è un nuovo soggetto politico, noi abbiamo parlato di coalizione sociale, ovvero il mestiere del sindacato: quello di unire tutto quello che le imprese dividono. Io – ha aggiunto – non mi metto alla guida di nulla. Io sono il segretario generale della Fiom e il sindacato è stato sempre un soggetto generale che fa politica perché ha una idea generale: questa è la storia della Fiom e della Cgil”. Landini ha parlato di “una svalorizzazione generalizzata del lavoro, sia dipendente che autonomo, e una sua frantumazione. La coalizione sociale vuole non dividere ma mettere assieme tutti i lavoratori, i giovani, i precari, i migranti, per cambiare le politiche economiche e sociali di questo paese”.

Il problema “che sta venendo fuori – ha attaccato il segretario della Fiom – è il tentativo di cancellare il sindacato perché quando il governo dice che discute con te, ma non accetta nulla, decide quello che vuole e non c’è nessun confronto, nessuna contrattazione, siamo di fronte al tentativo di dire che il sindacato generale e confederale che c’è in Italia non deve più esistere”. Per Landini “la coalizione sociale l’ha fatta Renzi prima di noi perché si è messo d’accordo con Confindustria, perché sta applicando le politiche di Confindustria e sta facendo una cosa diversa. Quindi noi facciamo quello che è necessario fare perché se non lo facessimo significherebbe rinunciare a una nostra funzione. La coalizione sociale esiste se tutti i soggetti sociali accettano, ma non c’è uno che si mette a capo”. Quella del bisogno del leader, ha concluso Landini, “è una malattia grave dell’Italia e finché la malattia è questa io credo che alla fine non si va da nessuna parte. Più ci sono leader, peggio stanno quelli che lavorano, più stanno bene quelli che sono furbi, che non pagano le tasse, che sfruttano queste divisioni. Quindi l’operazione che noi proponiamo è esattamente l’opposto”.

Infine, uno sguardo ai rapporti tra l’Italia e l’Unione Europea, specie in tema di rapporti economici e commerciali. Con Landini che ha lanciato da Taranto la proposta di rivedere gli accordi, chiedendo una mutualizzazione del debito. “Ormai dobbiamo avere in testa che qualsiasi tipo di scelta che si fa è condizionata e diretta dall’Europa. Questa storia che ogni singolo paese ha un’autonomia non è più vera. E allora è necessario, anche dentro una nuova idea di politica industriale, aprire una discussione su come cambiare gli accordi europei che stanno ammazzando non solo l’Italia ma anche l’Europa stessa”. “La possibilità di far ripartire gli investimenti – ha spiegato Landini – è l’unico strumento che crea lavoro e occupazione e passa attraverso anche una revisione di quei trattati”.

Io faccio un esempio molto preciso: noi – ha aggiunto – abbiamo un grande debito pubblico e paghiamo interessi pesanti, si parla di 100 miliardi all’anno. Se una persona anziché pagare un mutuo in dieci anni al 6% lo paga in trent’anni con interessi all’1% si troverebbe nelle condizioni di poter pagare il suo debito e di avere anche più risorse per altri investimenti”. Questa stessa logica, ha proseguito Landini, “dovrebbe essere la battaglia che si apre in Europa e quindi una mutualizzazione del debito in cui nessuno dice che non paga i debiti, ma tutti vengono messi nella condizione di poterlo fare. Soprattutto gli interessi non vanno più a finire alla Bce o alle banche tedesche, ma vanno rimessi ai paesi per poter far ripartire gli investimenti. Qualcuno si è accorto che l’Italia è stata per sei mesi alla presidenza della Commissione europea? Il governo italiano – ha concluso Landini – io penso dovrebbe fare questa battaglia. Se non la fa, noi come sindacato pensiamo che dobbiamo farla e deve essere una battaglia di tutto il sindacato europeo”.

Foto di SegnoUrbano.it

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