Cemerad, una storia radioattiva – Si cerca una soluzione che sembra impossibile da trovare

CEMERAD-250x150TARANTO– Ogni tanto qualcuno si ricorda della Cemerad di Statte. Nel sito, che fu sequestrato il 19 giugno del 2000 (sequestro preventivo disposto dal Gip, Ciro Fiore, effettuato dal Nas Carabinieri il 4 luglio successivo), si trovano ancora oggi 30.000 fusti metallici arrugginiti, 60 container, mentre 42 silos risultano esposti alle intemperie in un’area di 4.000 metri quadrati a cielo aperto. Contengono scorie a media radioattività con tempi di dimezzamento ultratrentennali. Inoltre, in un capannone abusivo di 5.000 metri quadrati, sono stoccati circa 18.000 fusti di rifiuti radioattivi. All’epoca del sequestro, la gravità della situazione venne evidenziata anche dal Comando provinciale dei Vigili del Fuoco e dall’Azienda sanitaria locale Taranto/1, che denunciarono unitamente i “gravissimi rischi per la salute e l’incolumità pubblica e privata, gravissimi rischi di inquinamento e contaminazione ambientale a causa delle notevoli quantità di rifiuti radioattivi, speciali e tossico nocivi stoccati nella struttura Cernerad”.

Il sito si trova in località masseria Vocchiaro-Grottafornara, a ridosso della Statale 172 per Martina Franca, dove da sempre non esiste alcuna vigilanza a protezione dello stesso. Da allora ad oggi, nulla è cambiato. Rimuovere immediatamente i 3000 mila fusti di rifiuti radioattivi contenuti nel capannone in disuso della Cemerad a Statte, nelle vicinanze di Taranto, collocandoli in uno dei 5 depositi per le scorie in cui sono disponibili tutte le competenze per il loro trattamento e la messa in sicurezza”. È quanto chiede la senatrice Laura Puppato, capogruppo del Pd nella Commissione bicamerale di inchiesta sul ciclo dei rifiuti, in un’interrogazione presentata in queste ore al ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti.

Lo scorso 2 dicembre, il sito fu visitato dai parlamentari della commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite collegate al ciclo dei rifiuti: “Abbiamo fatto una serie di verifiche importanti sul deposito Cemerad dove sono stoccati rifiuti pericolosi che riteniamo debba avere in tempi brevi una soluzione definitiva. Ci sono alcuni progetti sul tavolo e non sta a noi giudicare quale sia il migliore, ma possiamo dire che questa situazione non può continuare”. Questo l’allarme che lanciò il presidente della Commissione parlamentare Alessandro Bratti (Pd). Lo scorso agosto invece, una interrogazione parlamentare ai Ministri Galletti (Ambiente), Beatrice Lorenzin (Salute) ed Angelino Alfano (Interno) sul caso Cemerad fu presentata dal deputato leccese Diego De Lorenzis (M5S). Il problema è che in questi 14 anni, ben poco è stato fatto. Un caso sul quale abbiamo scritto più volte nel corso degli ultimi anni (grazie al supporto del sito inchiostroverde.it e all’importante lavoro svolto dal comitato Legamjonici e dei Verdi di Statte).

Del resto, le ultime notizie sulla Cemerad di Statte, le avevamo lasciate alla riunione svolta in Prefettura a Taranto il 23 aprile del 2013. All’incontro presero parte l’ex Commissario Straordinario per gli interventi di bonifica ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto ingegner Pini, il Soggetto Attuatore Antonio Strambaci, l’assessore regionale alle Politiche ambientali Lorenzo Nicastro, l’ex presidente della Provincia di Taranto Gianni Florido unitamente all’ex assessore provinciale all’ambiente Gianpiero Mancarelli, il sindaco di Statte Angelo Miccoli, il Comandante Provinciale dei Vigili del Fuoco Boscaino, dirigenti dell’ISPRA e dell’ARPA Puglia. Al centro della riunione, “una definitiva soluzione della complessa vicenda”. Che ancora oggi è rimasta però irrisolta.

Pillole di storia

Come denunciò nel 2003 il giornalista Gianni Lannes,l’Enea è a conoscenza della situazione, come documenta una sua nota epistolare risalente al 29 novembre 1990; e il ministero dell’Industria lo è addirittura dal 28 luglio 1984. E così la Presidenza del Consiglio dei ministri di cinque Governi che si sono succeduti in questi anni”. Così come giacciono negli archivi impolverati della Camera diverse interpellanze parlamentari sulla vicenda, a partire dal lontano 1995. Negli anni, si sono poi rincorse denunce allarmanti sul fatto di comea Statte muoiano o si ammalino di patologie tumorali cittadini dai 15 ai 50 anni”.

Poi, con la delibera CIPE n.35/05 (triennio 2005-2008), viene previsto un finanziamento di 3.700.000 milioni di euro per la bonifica del sito ex Cemerad, cifra poi dirottata, come spesso avviene dalle nostre parti, verso altri interventi individuati in accordo con le amministrazioni provinciali. Tale sostituzione fu necessaria poiché per l’intervento di bonifica non era possibile assumere impegni giuridicamente vincolanti entro il 31 dicembre 2008 in quanto, nel corso delle attività di approvazione del progetto operativo di bonifica, emersero problematiche legate alla particolare natura del rifiuto, identificato come radioattivo e, pertanto, disciplinato dal decreto legislativo n. 230 del 1995. Soltanto nel 2012, grazie all’attenzione ed alle continue pressioni dei Verdi di Statte e del comitato ‘Legamjonici’, la questione tornò in auge. Ad esempio, si scoprì che la Regione Puglia nel 2008 stanziò dei fondi per la caratterizzazione e la bonifica del sito, che poi anche in questo caso vennero destinati “altrove”.

Inoltre,‘Legamjonici’ attestò che l’avvio della bonifica attendeva l’autorizzazione dell’ASL per la nomina di un esperto in radioprotezione necessario anche nella fase di caratterizzazione del contenuto dei fusti. Dopo la nomina dell’esperto, si attese la fase di apertura di un bando di gara per l’appalto dei 1.500.000 stanziati dalla Provincia. Nel Consiglio Comunale del 22 dicembre 2011, l’assessore all’ambiente di Statte, Vincenzo Chiarelli, dichiarò che l’avvio del bando di gara attendeva l’autorizzazione dei Vigili del Fuoco. Questi ultimi, nel gennaio 2012, davano il loro parere favorevole con prescrizioni. Nell’aprile dello stesso anno, effettuata l’ennesima ispezione e presa visione della relazione tecnica allegata al bando di gara del Comune, NAS e ISPRA chiesero l’integrazione di una specifica normativa per non inficiare l’intero progetto.

Una nota dell’ISPRA trasmessa il 2 maggio 2012 al dipartimento della Protezione Civile, alla Regione Puglia, al Prefetto di Taranto e al sindaco di State, a seguito di un sopralluogo effettuato sul sito nell’aprile 2012, sottolineava come “sia il capannone, sia i fusti presentano segni di notevole degrado”. Nel giugno 2012 infine, il comune di Statte, utilizzando un finanziamento provinciale che ammontava a 1,5 milioni di euro e sulla base di un progetto elaborato da uno studio professionale di Bari (Romanazzi-Boscia e associati Srl, contratto del 16/05/2011), bandì una gara per “l’affidamento, con contratto di appalto, dei lavori di caratterizzazione chimica e fisica dei rifiuti presenti all’interno del capannone ex Cemerad”. L’importo a base di gara, fu di 1.088.532,23 euro. Il bando fu pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 25 giugno 2012, con termine per la presentazione delle offerte al 23 luglio e apertura delle buste fissata per il 25 luglio. Ad aggiudicarsela l’impresa Gesteco Spa di Udine.

Dall’esame dei documenti di gara, emerse però che oggetto dell’appalto non era la caratterizzazione di tutti i rifiuti presenti all’interno del capannone, ma solo una parte di essi. Si tratta di quei fusti che, stando alla documentazione disponibile all’interno del deposito o all’etichetta posta su di essi, contengono rifiuti non radioattivi, ovvero rifiuti radioattivi il cui tempo di dimezzamento è inferiore a 75 giorni e che pertanto, in base alla legge, possono essere gestiti come rifiuti speciali, non radioattivi. L’appalto era quindi finalizzato non alla caratterizzazione radiologica dei rifiuti presenti nel deposito, ma solo all’attribuzione di un codice CER a quella parte di rifiuti che possono esse considerati non più radioattivi. Venivano esclusi in questa fase anche dalla caratterizzazione chimico fisica i rifiuti sicuramente radioattivi e quelli privi di etichetta e quindi di ogni indicazione in merito al contenuto.

Era stata prevista anche la realizzazione di un laboratorio di analisi all’interno dei capannoni per evitare lo spostamento di materiale pericoloso. Poi, una volta ultimata la fase di caratterizzazione, si sarebbe potuto accedere al finanziamento regionale da 1,5 milioni di euro per la bonifica totale del sito. Era anche prevista la firma del contratto in attesa di ottenere i vari nullaosta della Prefettura per la mobilità dei rifiuti e dei Vigili del fuoco per l’antincendio. Superata questa fase, sarebbe stato siglato un protocollo con l’ARPA Puglia in cui si sarebbero valutate le migliori modalità di esecuzione delle attività di caratterizzazione.

In realtà, nulla di tutto questo accadde. Il Comune di Statte non procedette all’aggiudicazione e della successiva stipula del contratto di appalto per la mancanza dell’adozione formale da parte della provincia di Taranto dell’impegno relativo a una quota residua, pari a poco meno di un terzo dell’intero finanziamento di 1,5 milioni di euro. Del resto, nel Consiglio Comunale del 22 dicembre 2011, nella sua relazione la dott.ssa Palma, responsabile del servizio finanziario del Comune, dichiarò che della somma destinata alla Cemerad, l’ente finanziatore avrebbe anticipato solo un milione: per la parte restante, sarebbe venuta meno la disponibilità, causa patto di stabilità (tra l’altro, i fondi andavano impegnati entro e non oltre il 2013). Già all’epoca infatti, le critiche di Legamjonici e dei Verdi (che furono spostate anche dalla commissione d’inchiesta parlamentare sul ciclo dei rifiuti della XVI Legislatura, dal 2008 al 2013), riguardavano soprattutto il percorso complessivamente scelto dal comune di Statte, non economico e di nessun beneficio immediato, che impegna una cifra non trascurabile per una sola, parziale caratterizzazione, rinviando a un futuro indeterminato ogni operazione concretamente efficace per la riduzione del rischio.

William Stivali, ex ispettore del Corpo forestale di Brescia e Giuseppe Giove, comandante forestale Lombardia-E. Romagna, in una video intervista realizzata lo scorso aprile per il sito del Corriere della Sera a firma dei giornalisti Andrea Palladino e Andrea Tornago intitolato “La minaccia radioattiva alle porte di Taranto”, affermano che “ci siamo trovati di fronte 14.000 o 18.000 fusti, gran parte dei quali contenenti materiale radioattivo, avevamo un gaiger e questo gaiger quando siamo entrati, ha cominciato a suonare”; aggiungendo che “la Cemerad aveva un rapporto intimo con Nucleico che era una società partecipata sia da Agip che da Enea ed ecco perché c’era questo incrocio che partiva dall’Enea di Rotondella, portava a Cemerad e portava poi a Nucleico in cui erano confluiti sostanzialmente sia Agip nucleare che Enea nazionale”; “Abbiamo scoperto che c’erano materiali con tempi di decadenza di addirittura 9999 anni (…) siamo rimasti molto basiti perché non ci aspettavamo uno stoccaggio di così lungo termine in un capannone di lamiera: non era neanche in calcestruzzo”.

Nello stesso articolo si apprende che “nell’informativa preparata alla fine degli anni ’90 dal Corpo forestale dello Stato erano indicati i rapporti commerciali della Cemerad: tra le tante società c’era la Setri di Cipriano Chianese, la mente dei traffici di rifiuti dei casalesi, legato – raccontano le indagini della DDA di Napoli – all’ambiente di Licio Gelli”: del resto, il proprietario della Cemerad, Giovanni Pluchino, era il presidente dell’ordine dei chimici di Taranto, ed un massone appartenente alla loggia Pitagora. L’azienda di Giovanni Pluchino, era dedita al trasporto e stoccaggio di rifiuti radioattivi e tossico-nocivi, tutti provenienti dall’Italia centro-settentrionale, grazie ad una semplice autorizzazione dell’Ufficio del medico provinciale di Taranto (nulla osta del 28 luglio 1984, protocollo n. 12478) e in seguito della giunta provinciale (n. 1889 dell’11 ottobre 1989).

Un verbale dei NAS, datato 9 agosto 2000 (quindi poco meno di due mesi dal sequestro), certificava “la sparizione di documenti dai faldoni 50-55”. Il 10 giugno 2003 il Tribunale di Taranto condannò Giovanni Pluchino ad “1 anno di reclusione e al pagamento di una sanzione pecuniaria di 12 mila euro”. L’autorità giudiziaria dispose “il dissequestro del deposito e la bonifica del sito entro sei mesi dalla pubblicazione della sentenza, oltre alla restituzione dell’immobile al proprietario Mario Soprano”. Queste le motivazioni: “Il titolare della Cemerad, realizzava una discarica di rifiuti pericolosi e senza la prescritta autorizzazione e gestiva un impianto di raccolta di rifiuti radioattivi senza rispettare le specifiche norme di buona tecnica al fine evitare rischi di esposizione alle persone del pubblico”. La sentenza passò in giudicato. E il tutto si inabissò.

I problemi ancora irrisolti

Come detto, dopo la riunione in Prefettura dell’aprile 2013, del caso Cemerad si sono perse le tracce. Giovedì scorso, il sito inchiostroverde.it ha pubblicato la denuncia del WWF Taranto che aveva segnalato ad ARPA Puglia la presenza di vistosi danni sul tetto del sito. L’agenzia regionale per la protezione ambientale ha poi comunicato al WWF che lo scorso 2 dicembre è stato effettuato dal DAP di Taranto, congiuntamente al Comando locale dei Vigili del Fuoco, un sopralluogo per accertare la fondatezza e la consistenza della denuncia. Gli esiti di tale sopralluogo, riporta sempre inchiostroverde.it, sono stati trasmessi alla Prefettura di Taranto ed al Comune di Statte. Il 5 dicembre, il sindaco del Comune di Statte ha emesso una ordinanza per il ripristino urgente delle pannellature a copertura del capannone.

Stessa denuncia era stata avanza da Vincenzo Conte del M5S di Statte, da sempre impegnato sui problemi ambientali del piccolo comune ionico. Il quale ieri ha diffuso la notizia secondo cui venerdì scorso durante il Consiglio comunale di Statte, è stata votata una delibera con un impegno di spesa di 6000 euro per l’intervento di manutenzione. Del resto, il sito è da sempre abbandonato: a protezione del quale non vi è mai stato nemmeno un servizio di vigilanza. Insomma, una vera e propria bomba radioattiva. A danno dell’ambiente. E della salute dei cittadini di Statte, che difficilmente sapranno che effetto ha avuto sulle loro vite la presenza di quel materiale radioattivo. La struttura del sito è infatti abusiva sia da un punto di vista strutturale e autorizzativo, che ambientale, vista la vicinanza con abitazioni civili e all’ospedale “G. Moscati”.

Al di là dei finanziamenti dirottati altrove nel tempo e di quelli previsti e mai utilizzati, ancora oggi il problema della Cemerad è sempre lo stesso. Tra le prescrizioni dei Vigili del Fuoco nel Nulla Osta per la caratterizzazione, è prevista la realizzazione di un capannone accanto al sito Cemerad, più grande di quello esistente, per separare i rifiuti nucleari da quelli che non lo sono (come prevede la legge italiana sui rifiuti nucleari). Il problema è che un’operazione del genere ha costi elevatissimi: già due anni fa i Verdi e Legamjonici parlavano di una cifra vicina agli 8 milioni di euro. L’alternativa a cui da tempo le istituzioni locali e la Regione Puglia stanno lavorando, prevede invece la possibilità di individuare un sito in Italia atto ad ospitare e a smaltire i fusti contenenti rifiuti nucleari. Intanto, in attesa di una soluzione, migliaia di fusti radioattivi restano abbandonati in un capannone nella campagna di Statte. Abbandonati al loro destino. Come migliaia di cittadini.

Gianmario Leone (TarantoOggi, 23.12.2014)

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