Emergenza sanitaria, i medici dell’Isde scrivono al prefetto di Taranto

GUIDATOTARANTO – Lo scorso 19 agosto, in Prefettura, si è tenuto un incontro tra  la dott.ssa Trematerra, in rappresentanza del prefetto Umberto Guidato, e diverse associazioni locali che hanno illustrato le problematiche riguardanti la relazione tra salute ed inquinamento ambientale nella città di Taranto e nella sua provincia. A distanza di alcuni giorni, l’ISDE (Associazione Medici per l’Ambiente), da sempre impegnata su queste tematiche, ha ritenuto opportuno inviare al prefetto la lettera che pubblichiamo di seguito, sottoscritta dal dottor Agostino Di Ciaula, referente per la Puglia di Isde Italia e dalla dott.ssa Mariagrazia Serra, componente dell’Isde Taranto.

LA LETTERA

Attraverso la Ricerca Finalizzata 2006, il Ministero della Salute Italiano ha finanziato il programma strategico nazionale “Ambiente e salute”, coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità. Nell’ambito di tale programma è iniziato nel 2007 il Progetto SENTIERI: Studio di mortalità dei residenti in siti inquinati italiani (SIN), finalizzato ad esaminare il profilo di salute della popolazione residente nei SIN, in riferimento a specifiche esposizioni ambientali. In estrema sintesi, lo studio Sentieri ha consentito di identificare già nel 2011 (anno di divulgazione dei primi risultati) chiari rapporti di causalità epidemiologica tra la mortalità per specifiche patologie nelle popolazioni esaminate ed un elenco ben definito di insediamenti inquinanti. Nel caso specifico del SIN di Taranto, lo studio Sentieri fa riferimento a “una raffineria, un impianto siderurgico, un’area portuale e discariche di RSU con siti abusivi di rifiuti di varia provenienza”.

Recentemente (marzo 2014), un aggiornamento dello Studio ha confermato i risultati del 2011, rafforzandoli con nuove evidenze epidemiologiche riferite all’incidenza di patologia (la comparsa di nuovi casi) e alla frequenza delle ospedalizzazioni. I dati riferiti a Taranto mostrano in maniera chiara eccessi di mortalità, di ricoveri e di incidenza di numerose forme tumorali e di varie malattie non neoplastiche, confrontata sia con la popolazione regionale di riferimento che con la macro-area geografica del Sud Italia. Tali criticità non risparmiano i bambini, notoriamente più a rischio in seguito ad esposizione ambientale.

Oltre a questi dati, andrebbero considerate le evidenze scientifiche che documentano la presenza di concentrazioni di diossine nel latte materno delle donne di Taranto sino a 40 volte superiori a quelle considerate “tollerabili” dall’organizzazione mondiale della sanità e di concentrazioni di metalli pesanti (tossici estremamente dannosi e potenzialmente cancerogeni) come manganese, arsenico, cadmio e piombo “nella fascia medioalta della distribuzione dei livelli riscontrati nella popolazione italiana”. I risultati dell’aggiornamento dello studio documentano nel SIN di Taranto una stima generale dell’aumento di incidenza per tutti i tumori di circa +33% per le donne e del +39% per gli uomini. 

Questo significa che, considerata l’assenza di procedure di bonifica, persiste in quell’area una condizione di rischio e che i cittadini di Taranto sono esposti da decenni agli effetti patogeni di sostanze nocive per la salute, deliberatamente immesse nell’ambiente da produttori di rischio autorizzati dalle competenti istituzioni e dalla normativa vigente, nella sostanziale indifferenza operativa dei servizi di prevenzione ambientale. 

È anche opportuno considerare che, secondo evidenze presenti nella letteratura scientifica internazionale, gli inquinanti responsabili delle malattie descritte negli studi Sentieri hanno rapporto di causalità, oltre che con quelle patologie, con una serie di altre malattie non oncologiche (solo per citarne alcune: malattie endocrino-metaboliche in età pediatrica e adulta, aborti spontanei, malformazioni fetali, autismo, disturbi dello sviluppo neuro-motorio) non completamente valutate, non valutate affatto o addirittura non valutabili con gli strumenti epidemiologici attualmente a disposizione nella nostra Regione e nell’area di Taranto. Alcune di queste patologie (specie quelle insorte nei bambini) non sono mortali e non richiedono ricoveri, ma causano sofferenze e severe conseguenze sanitarie, economiche e sociali nel mediolungo termine.

Gli autori dello Studio Sentieri, commentandone i risultati, affermano che questi “possono considerarsi già utilizzabili per indicare e modulare cogenti misure di prevenzione primaria”. L’esigenza di bonifica del territorio di Taranto è stata espressa per legge già nel 1998 e i circa 16 anni di ritardo hanno significato, in termini epidemiologici, centinaia di malati e di morti in più all’anno a causa delle matrici (aria, acqua, terra) inquinate. La mancata attuazione della bonifica ambientale del SIN di Taranto, inoltre, ha addirittura lasciato il posto a norme e procedimenti autorizzativi che consentono il protrarsi del danno e la realizzazione di ulteriori insediamenti inquinanti.

Pur non volendo considerare i vari decreti legge “salvaIlva”, solo negli ultimi due anni è stato autorizzato il raddoppio di uno degli inceneritori di rifiuti esistenti (Appia Energy), sono state autorizzate con decreto legge due discariche per rifiuti speciali in piena area urbana e c’è stato un finanziamento regionale per il “restyling” di un secondo inceneritore (AMIU), che avrebbe potuto essere tranquillamente disattivato lasciando il campo a misure più sostenibili e più efficaci di gestione dei rifiuti. 

I cittadini di Taranto sono discriminati rispetto a residenti in altre zone d’Italia e non sono al momento tutelati da misure efficaci. È eticamente inaccettabile che si validi nella pratica un modello di “sanità pubblica” in cui si osservano gli effetti sulla salute di una popolazione lasciata vivere per decenni in condizioni di inquinamento ambientale noto per la sua dannosità, senza mettere in atto concrete misure idonee a ridurre o abolire l’eccesso di rischio e a garantire un’adeguata assistenza sanitaria.

Come conseguenza di tutto questo, a carico della Regione restano i costi sanitari diretti e indiretti delle mancate bonifiche e dell’amplificazione del danno, a carico di intere categorie imprenditoriali (allevatori, agricoltori, mitilicultori) i costi e i mancati profitti derivanti da attività irreversibilmente colpite e penalizzate, e a carico di tutti i cittadini di Taranto costi affettivi e di vita difficilmente calcolabili.

A questo si aggiunga la constatazione dei gravi limiti logistici e strutturali di alcuni degli strumenti che dovrebbero garantire il raggiungimento degli obiettivi di prevenzione: inadeguatezza dei sistemi di monitoraggio ambientale, possibilità di bio-monitoraggio (dosaggio degli inquinanti in campioni biologici) scarse o assenti, assenza o inefficienza dei registri di patologia (si pensi, ad esempio, ai registri per le malformazioni fetali, per l’autismo o per il diabete tipo 1), mancata condivisione dei pochi dati epidemiologici raccolti dalle istituzioni sanitarie. Quando le evidenze scientifiche vengono ignorate o vengono ostacolate, l’intervallo tra la salute possibile e la salute reale di una popolazione inevitabilmente aumenta e, nel caso di Taranto, questo ha già raggiunto livelli inaccettabili per un Paese civile.

Quanto sino ad ora riferito ci induce a sperare in un Suo autorevole intervento nei confronti delle Istituzioni competenti affinché: si rispetti, con estrema urgenza, l’esigenza della bonifica del territorio di Taranto, espressa per legge già nel 1998 (DPR 196/1998), nella consapevolezza che qualunque ulteriore ritardo significherà inevitabile incremento di danni sanitari a carico di una popolazione già abbondantemente provata; si rendano pienamente operativi tutti gli strumenti utili e tutte le collaborazioni possibili, al fine di eseguire indagini epidemiologiche sulle patologie (specie pediatriche) ancora non esaminate in Provincia di Taranto; si rendano possibili analisi di bio-monitoraggio che, se affiancate dal monitoraggio ambientale, offrirebbero la possibilità di una più completa valutazione del danno e del rischio sanitario, oltre ad aprire preziose possibilità di prevenzione primaria; si migliori e si incrementi l’assistenza sanitaria per tutti i cittadini vittime di patologie correlabili all’inquinamento, attraverso la realizzazione di un network qualificato, efficace ed efficiente, che offra loro percorsi agevolati di diagnosi, terapia, riabilitazione; si provveda a manovre economiche atte al risarcimento del danno ambientale e sanitario di cui il SIN di Taranto è stato oggetto fino ad oggi; ci si adoperi per evitare l’impianto di ulteriori fonti inquinanti che aggraverebbero la già precaria situazione attualeNel ringraziare per l’attenzione concessa, ISDE Italia rimarca la piena disponibilità dei medici ad attività di collaborazione e supporto finalizzate al raggiungimento degli obiettivi descritti”.

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