Amarcord – Ciò che eravamo. E ciò che siamo

bambiniC’è stato un tempo in cui eravamo liberi. Felici. Spensierati. Che non vuol dire che non avevamo problemi o pensieri per la testa. Intendo proprio dire che eravamo felici, liberi e spensierati. Probabilmente eravamo più leggeri. Semplicemente, avevamo la possibilità di vivere una vita vera. Attraverso l’esperienza quotidiana di ogni singolo aspetto dell’esistenza. Dal più bello al più duro. Purtroppo, non siamo stati in grado di difendere e conservare quella bellezza. Forse perché pensavamo o speravamo fosse eterna. Nessuno ci aveva detto che niente è per sempre. E quando l’abbiamo capito era già troppo tardi. E la società era cambiata così velocemente, anno dopo anno, che non siamo stati in grado di difenderci né di opporre la giusta resistenza.

C’è stato un tempo in cui passare ore in una piazzetta tirando calci ad un pallone, era il massimo della vita. Dove l’abilità maggiore era riuscire a fare gol sotto le panchine. Non è un caso del resto se i maggiori talenti calcistici vengono dalla strada. Ogni giorno era una sfida diversa. Ogni giorno si aggiungeva qualcuno “nuovo”. Difficilmente di un altro quartiere. Perché all’epoca si viveva per quartieri. I “nuovi” erano quelli che ti guardavano giocare dal balcone di casa, sino a quando non trovavano il “coraggio” di scendere e fare parte del gruppo.

C’è stato un tempo in cui vivevamo per strada. Tra di noi. In mezzo alla gente. Al traffico. Ed erano anni difficili. Quelli della “Taranto violenta” come l’hanno ribattezzata cinematograficamente. Anni duri, quelli dei proiettili vaganti, quelli dei famosi “grattini”. Dove se ti fermavano per chiedere l’orario, un attimo dopo eri senza l’orologio al polso e loro erano già svaniti nel nulla, tra la folla, invisibili. Erano anni in cui dovevi imparare a stare al mondo. Volente o nolente. Perché all’epoca i computer in casa non c’erano. E la tv in camera non ce l’avevi. E tra il fare i compiti e lo scendere per strada, non avevi mai dubbi sul cosa scegliere. Anche perché ogni giorno per strada era un’avventura diversa. Gli amici della strada te li ritrovi poi accanto per tutta la vita. Almeno così credevamo. Il senso di libertà che provavi era infinito. Fosse anche solo per due ore, quando ti tiravi dietro la porta di casa, eri libero. Nel vero senso della parola. Ed eri felice e spensierato. Ma soprattutto leggero.

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