Ilva, commedia atto III

bondiTARANTO – Ancora una volta, ma per puro spirito di sopravvivenza, utilizzeremo tutta la razionalità in nostro possesso attenendoci come sempre ai fatti. Nella speranza che questa commedia dell’assurdo termini quanto prima e che questa città possa finalmente voltare pagina, costruendo un futuro indipendentemente da ciò che sarà il prossimo futuro dell’Ilva. Come riportato ieri dunque, è allo studio in questi giorni l’ennesimo decreto sul siderurgico. Del resto, come ampiamente anticipato su queste colonne negli ultimi due mesi, non poteva essere diversamente. Ed ora spiegheremo il perché. Il primo obiettivo del nuovo decreto sarà quello di sospendere le sanzioni previste dalla prima legge ‘salva-Ilva’ votata dal governo Monti nel dicembre dello scorso anno (riprese nella legge del 4 agosto), a fronte dell’appurata non applicazione delle prescrizioni presenti nel riesame dell’AIA concesso all’Ilva dall’ex ministro dell’Ambiente Corrado Clini  nell’ottobre 2012.

Il problema, in realtà, lo ponemmo già un mese fa, dopo lo scontato epilogo delle terza verifica sull’attuazione delle prescrizioni effettuata dai tecnici dell’ISPRA e dell’ARPA Puglia il 10 e 11 settembre scorsi. Ovvero pochi giorni prima del 15, giorno previsto dalla legge n.89 del 4 agosto scorso, come termine ultimo per la presentazione della “Proposta del piano di lavoro” da parte del comitato dei tre esperti (poi consegnato soltanto il 10 ottobre) sulla rimodulazione della tempistica dell’attuazione delle prescrizioni AIA. In pratica, abbiamo mandato dei tecnici a “verificare” che l’attuazione dell’AIA da parte di Ilva fosse ancora e regolarmente in ritardo (motivo per il quale la legge di agosto è stata voluta e approvata e l’azienda commissariata).

Perché? Per due semplicissimi motivi. Primo perché la maggior parte delle violazioni segnalate non solo riguarda il periodo pre-commissariamento (e quindi ancora di epoca “Riviana”), ma soprattutto perché la maggior parte delle prescrizioni “violate” sono quelle sulle quali l’azienda ha chiesto ed ottenuto da mesi da parte della commissione IPPC (cosa sulla quale torneremo nei prossimi giorni), una proroga sui tempi finali di realizzazione delle opere previste (cosa che il ministero dell’Ambiente peraltro sa perfettamente visto che la commissione IPPC lavora per l’ente ministeriale in questione). Secondo, perché se il compito affidato al comitato dei tre esperti prevede per legge la rimodulazione della tempistica nell’attuazione delle prescrizioni AIA, vuol dire che quelle stesse sarebbero risultate, oggi come allora, per forza di cose non ancora attuate. Visto tra l’altro che il piano è stato presentato soltanto lo scorso 10 ottobre ed attende ancora di essere approvato con apposito decreto dal ministro dell’Ambiente.

Non prima però, di essere passato sotto la supervisione del commissario dell’Ilva Enrico Bondi: perché è il piano ambientale che si deve adeguare alle risorse previste dal piano industriale, non certamente il contrario. A questo punto però, qualcuno potrebbe sollevare una giusta obiezione: ma la legge 89 del 4 agosto non impone al commissario di garantire la progressiva attuazione delle misure indicate nell’AIA? Certo. Ma se le tempistiche previste sono state rimodulate nel tempo, è sulle “nuove prescrizioni” che Bondi deve garantire la progressiva attuazione e non su quelle “vecchie”. Quindi, come scrivemmo nei mesi scorsi, è come se all’Ilva questi ultimi 150 giorni fossero stati del tutto “condonati”. Ed ecco il motivo per il quale è stata soppressa la figura del Garante. In tutto questo tempo infatti, avrebbe soltanto potuto assistere impotente al corso degli eventi (non che durante il suo mandato avesse fatto chissà cosa a dire la verità). Motivo per cui il sito del Garante dell’AIA all’interno del portale dell’ISPRA versa oramai da mesi in stato vegetativo e per trovare i documenti sull’AIA dell’Ilva bisogna partecipare ad una specie di caccia al tesoro con il sito del ministero dell’Ambiente: alla faccia della trasparenza e della partecipazione di associazioni e cittadini.

Ecco perché, specie dopo le diffide fatte all’Ilva dall’ISPRA, si sta lavorando ad una soluzione che attribuisca le inadempienze alla proprietà dei Riva (che hanno gestito ufficialmente l’azienda sino al 3 giugno scorso mentre dal 4 l’Ilva è stata commissariata) invece di ricadere sulla gestione dei due commissari. Come disciplinato dalle leggi 231 del 2012 e 89 del 2013 infatti, le sanzioni, che vengono comminate dal prefetto di Taranto, possono arrivare sino ad un massimo del 10% del fatturato aziendale e questo, ovviamente, avrebbe oggi effetti economici molto pesanti sulle casse “vuote” dell’Ilva. Del resto, Bondi non accetterebbe mai che un solo centesimo dei crediti finanziari per un valore di 2,2 miliardi, di cui 1,8 miliardi costituiscono la stima del costo dell’AIA sino ad agosto 2016, su cui ha trattato con una serie di banche possa essere utilizzato per pagare multe dovute all’inadempienza della gestione passata.

Nel decreto infatti, dovrebbe essere chiarito il periodo di “transizione” che regola il passaggio dell’applicazione dell’AIA tra le due leggi, la 231 del 2012 e la 89 del 2013. Il testo – a cui si lavorerà sino a lunedì per presentarlo nel Consiglio dei Ministri di martedì – definirà in modo più chiaro il periodo di passaggio tra l’Autorizzazione integrata ambientale precedente (quella di Clini), attualmente ancora in vigore, e il nuovo Piano previsto dall’ultima legge (che sarà firmato da Orlando). In sostanza si arriverà ad ottenere una sospensione delle sanzioni, che altrimenti scatterebbero inevitabili dal momento che resta “attiva” la precedente AIA, non essendo ancora pronto il nuovo Piano. Sul fronte sanzioni, dovrebbero rientrare nel raggio d’azione di un eventuale decreto, anche quelle prefettizie. Facendole ricadere sul periodo della gestione Riva, in pratica, le stesse sprofonderebbero in un imbuto nero dal quale non riemergerebbero più.

Inoltre, come abbiamo riportato ieri e nei mesi scorsi, si proverà a nominare il sub commissario Edo Ronchi responsabile del procedimento della Conferenza dei Servizi, in modo tale da trasformarlo nell’unico garante dell’attuazione delle prescrizioni AIA. Il che sarebbe legato al tentativo di varare per decreto il non assoggettare alla Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA) una serie di opere tra cui la copertura dei parchi minerali, primari e secondari. Cosa che di fatto costringerebbe il Comune di Taranto a concedere i permessi edilizi all’Ilva “sulla fiducia”. Il ricatto sul tavolo è che senza questa operazione, i tempi si allungherebbero di molto, sforando di fatto il termine ultimo per l’applicazione dell’AIA, stabilito per agosto 2016.

Infine, il tema delle risorse finanziarie. Bondi e Ronchi  vogliono che le risorse sequestrate alla famiglia Riva siano destinate al risanamento dello stabilimento. Ma questo appare francamente impossibile, visto che quelle somme sono state sequestrate nell’ambito di un’inchiesta il cui processo deve ancora iniziare. E che fino all’ultimo grado di giudizio prevede per i Riva (e quindi per le risorse sequestrate) la presunzione d’innocenza. E il congelamento di quelle somme. Nel 2016 però, il processo sarà ancora in corso. E l’Ilva potrebbe aver già chiuso i battenti. “Lo Stato non professa un’etica, ma esercita un’azione politica” (Piero Gobetti, Torino, 19 giugno 1901 – Neully-sur-Seine, 15 febbraio 1926). Buon weekend.

Gianmario Leone (TarantoOggi, 23.11.2013)

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