Danno sanitario, Arpa Puglia fa ricorso al Tar contro decreto

Ilva Ue Taranto

2-arpaArpa Puglia ha presentato ricorso al Tar del Lazio contro il decreto interministeriale (Salute-Ambiente) del 24 aprile scorso che fissa “i criteri metodologici utili per la redazione del rapporto di Valutazione del danno sanitario” circa la popolazione che risiede nelle aree soggette a inquinamento di origine industriale. L’Arpa Puglia contesta le norme fissate nel decreto che porta la firma dei ministri del Governo Monti Renato Balduzzi e Corrado Clini.

“Il decreto Balduzzi-Clini –  scrive Arpa Puglia – impedisce alla Valutazione di danno sanitario di produrre effetti vanificando l’attivita’ sin qui svolta, ma soprattutto incidendo inopinatamente sull’attivita’ di prevenzione cui e’ mirata la Vds stessa in particolare e che rappresenta una funzione fondamentale di tutta l’attivita’ tecnico-amministrativa dell’Agenzia ambientale”.  Secondo Arpa Puglia, i criteri inseriti nel decreto “qualora applicati, renderebbero di fatto inefficace l’attivita’ preventiva di Arpa snaturandola della sua funzione primaria di prevenzione e supporto alla Regione”. La Regione Puglia “già oggi è nelle condizioni di chiedere il riesame dell’Aia sulla base di quella Vsd” si legge nel ricorso dell’Arpa con riferimento all’Ilva di Taranto. Invece “i criteri metodologici interministeriali impediscono l’immediata esecuzione della valutazione di efficacia delle prescrizioni Aia in termini di tutela della salute, differendo praticamente dalla scadenza di adeguamento all’Aia (2016-2017)la verifica che la normativa pugliese consente di espletare sin da subito con funzione preventiva”.

 La valutazione di danno sanitario rilasciata ad aprile scorso per l’Ilva di Taranto dall’Arpa Puglia “aveva consentito di stimare nello scenario post-Aia (che si realizzera’ nel 2016) una netta diminuzione del rischio cancerogeno della popolazione residente nell’area ma residuava comunque un rischio cancerogeno nella popolazione dell’area urbana adiacente all’impianto, superiore alla soglia adottata dall’Epa (un caso di tumore in eccesso per diecimila abitanti)”. E proprio questo dato “richiederebbe un riesame dell’Aia per ridurre la capacita’ produttiva o per richiedere tecnologie ancor piu’ performanti sotto il profilo delle emissioni rilasciate”.

Nel ricorso si fa presente  “l’assoluta necessita’ di poter dimostrare – in tempo utile – che i piu’ bassi livelli emissivi autorizzati dalla nuova Aia non causino apprezzabili effetti sanitari, particolarmente in riferimento al Pm10, l’inquinante valutato nella perizia epidemiologica acquisita dal giudice penale ed escluso invece dal decreto”. Invece “i criteri previsti dal decreto – sottolinea in conclusione l’Arpa – prevedono un’inutile ripetizione di studi ed in ogni caso anche nel risultato (ovvio) della conferma dei danni alla salute dei tarantini, non e’ previsto alcun intervento, non e’ prevista alcuna possibilita’ di riesame dell’Aia dell’Ilva”.

 

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