Eni e Ilva, filo diretto di Legamjonici con Strasburgo e Bruxelles

spera 2TARANTO – C’è un filo diretto che da tempo collega il comitato Legamjonici a Strasburgo e Bruxelles. Sul tavolo alcune questioni importanti: i dubbi sulla nuova centrale Eni e la contaminazione del primo seno di mar Piccolo. Partiamo dal primo punto che coinvolge la Raffineria. Di recente, la Commissione europea ha chiesto al comitato coordinato da Daniela Spera informazioni in merito alla petizione presentata nel 2012, relativa principalmente alla violazione della direttiva Via (Valutazione di impatto ambientale).

Per i quattro progetti relativi alla centrale a metano, due gasdotti e l’impianto hydrocracking sono stati seguiti procedimenti autorizzativi distinti. Inoltre, i gasdotti sono stati esclusi dalla Via. Secondo Legamjonici, invece, queste opere – tra loro connesse e riguardanti lo stesso territorio  – dovrebbero sottostare ad un unico procedimento di valutazione di impatto ambientale.  “Eventuali conseguenze sulla sicurezza – spiega la Spera – vanno comunque valutate nel complesso, prima di dare un parere Via positivo, specie quando i progetti sono previsti in aree già ad elevato impatto ambientale e ad elevato rischio di incidente rilevante”.

Eni ha presentato delle controdeduzioni affermando che quanto denunciato da Legamjonici all’Ue è privo di fondamento. Nel frattempo, qualcosa è cambiato: Enipower ha ceduto la gestione della centrale a metano alla Raffineria. In seguito, Legamjonici ha fornito nuovi documenti alla Commissione per le petizioni ribadendo le violazioni già denunciate in precedenza e smentendo quanto dichiarato da Enipower. Secondo Legamjonici si è in presenza di una violazione della legge italiana 55/2002, della direttiva 2011/92/EU, e della giurisprudenza comunitaria, che sanciscono l’obbligo di una valutazione di impatto ambientale di tipo complessivo, che tenga conto dell’effetto cumulativo dei progetti frazionati. Va ricordato, che dopo la presentazione delle petizione, giudicata ricevibile dalla Commissione, l’Ue ha avviato le sue indagini. Nel settembre del 2012, il comitato ambientalista ha presentato le proprie osservazioni al ministero dell’Ambiente, in occasione della partecipazione del pubblico al nuovo progetto di adeguamento della centrale a turbogas.

Anche il nuovo progetto relativo alla centrale a metano, pur prevedendo una riduzione di potenza elettrica da 240 Mwe a 102,  pone dei dubbi, soprattutto in merito ad un inquinante: il monossido di carbonio risulterebbe cinque volte superiore rispetto ai dati del 2011 (da 61,4 t/a a 291,8 t/a). Un risultato ritenuto “inaccettabile” da Legamjonici. “L’opera viene definita di “risanamento ambientale” e migliorativa delle prestazioni ambientali rispetto a quella attuale – evidenzia la Spera – ma a noi non sembra affatto così. Inoltre, nel Sia si specifica che la Co2 emessa sarà quantitativamente identica a quella emessa attualmente con la centrale ad olio combustibile”. Per Legamjonici “si vuole far passare l’opera come migliorativa solo allo scopo di tenere in piedi la raffineria che senza la nuova centrale non potrebbe continuare la propria attività di raffinazione”.

Intanto, fino al prossimo 19 novembre è ancora possibile presentare osservazioni al ministero dell’Ambiente sul nuovo progetto. Anche su questo fronte Legamjonici invita i tarantini a dare battaglia. L’altro fronte aperto riguarda la contaminazione dei mitili del primo seno di mar Piccolo. Legamjonici ha presentato a Bruxelles ulteriori integrazioni con aggiornamenti sulle responsabilità dell’Ilva. L’obiettivo è quello di ottenere il pieno rispetto del principio “chi inquina paga”.

Nel documento fornito alla Commissione per le Petizioni, alla Direzione Generale Ambiente e al Parlamento europeo vengono citati recenti studi condotti dal Dipartimento di Ingegneria Civile Idraulica del Politecnico di Bari, una relazione di Arpa Puglia che fa emergere un superamento dei valori delle Concentrazioni Soglia di Contaminazione di Ipa, Pcb, e Pcdd/f nei sedimenti e nel canale di scarico in mar Grande, e il decreto di sequestro preventivo disposto dal gip di Taranto che accenna proprio all’inquinamento del mar Piccolo in rapporto all’attività del siderurgico.

Secondo Legamjonici ci sarebbe una violazione dei Regolamenti CE n. 852/2004, 853/2004 e 854/2004, relativi alla classificazione e al controllo delle aree di produzione dei molluschi bivalvi, nonché la violazione del Regolamento Ce 1881/2006, in vigore dal dicembre 2011, per il superamento dei limiti di ben oltre 8 pg/g, e del Regolamento n. 1259/2011, in vigore dall’1 gennaio 2012, che fissa limiti più restrittivi (6,5 pg/g) per diossine pcb. “L’Ilva di Taranto, essendo fonte inquinante ancora attiva – dice il Comitato – continua a contaminare i terreni circostanti e le acque”.

Inoltre, sarebbe stato violato il Regolamento Ce n. 178/2002 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 28 gennaio 20o2, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare. Secondo Legamjonici, le autorità italiane non avrebbero messo in campo le misure necessarie per informare i cittadini e prevenire, contenere o eliminare i rischi per la salute dovuti al consumo di prodotti contaminati. Pertanto, viene chiesto l’intervento immediato dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare affinché possa verificare, vigilare e intervenire. L’ultimo punto toccato nella conferenza stampa tenuta questa mattina al centro sportivo Magna Grecia: il ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo, presentato per conto di 52 cittadini di Taranto. Sotto accusa ancora una volta il comportamento tenuto dal Governo italiano sulla vicenda Ilva. Anche su questo fronte si attendono sviluppi. Da ricordare, infine, che la Commissione Europea, nel mese di settembre, ha già aperto una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia proprio per l’inquinamento prodotto dall’acciaieria ionica.

Alessandra Congedo

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