Ilva, il “finto” caso Bondi

TARANTO – Il “caso diplomatico” scoppiato domenica scorsa intorno alla figura del commissario straordinario dell’Ilva Enrico Bondi, contiene in sé le tante anomalie di una storia, quella del siderurgico tarantino, in cui forse soltanto la storia, tra qualche decennio, ci restituirà l’esatta verità delle cose e le tante responsabilità, non solo politiche, ma soprattutto etiche e morali di quanti ancora oggi dimostrano di avere un concetto alquanto ambiguo della parola verità.

Proviamo dunque a ripristinare ancora una volta l’esatta dinamica dei fatti e con essa l’effettiva realtà delle cose. Possiamo dire con certezza che tutto ha avuto inizio lo scorso 29 maggio, quando il direttore generale di ARPA Puglia, Giorgio Assennato, presenta il primo documento sulla Valutazione d’impatto sanitario alla commissione Ambiente della Regione Puglia. La relazione è prevista dalla legge regionale 21/2012, “Norme a tutela della salute, dell’ambiente e del territorio sulle emissioni industriali inquinanti per le aree pugliesi già dichiarate ad elevato rischio ambientale”, approvata il 17 luglio dello scorso anno.

All’art.2 la stessa recita: “l’Agenzia Regionale dei Servizi Sanitari (AReS), l’Agenzia Regionale per la Prevenzione e la Protezione dell’Ambiente della Puglia (ARPA PUGLIA) e l’Azienda Sanitaria Locale (ASL) competente per territorio, dovranno congiuntamente redigere, con cadenza almeno annuale, un rapporto (VDS) anche sulla base del registro tumori regionale e mappe epidemiologiche sulle principali malattie a carattere ambientale. In sede di prima applicazione, il rapporto dovrà essere predisposto entro 90 giorni dalla approvazione del predetto regolamento”. Regolamento che fu approvato soltanto lo scorso 3 ottobre: numeri alla mano, per scrivere il rapporto di giorni ce ne sono voluti 207.

Nella relazione (che contiene la perizia degli epidemiologi nominati dal tribunale di Taranto Triassi, Biggeri e Forastiere, i dati dello studio Sentieri (aggiornato al 2009) ma non i dati del registro tumori di Taranto 2006/07/08) che fu ignorata da tutti gli organi di stampa locali e nazionali, si leggeva che “i miglioramenti delle prestazioni ambientali, che saranno conseguiti con la completa attuazione della nuova AIA, comporteranno un dimezzamento del rischio cancerogeno nella popolazione residente intorno all’area industriale” (dato peraltro rivisto al ribasso dal dott. Agostino Di Ciaula dell’ISDE nella sua audizione alla commissione Ambiente della Camera lo scorso 25 giugno, la cui relazione non ha mai visto la luce sui mass media locali e nazionali, tranne che su queste colonne e il sito inchiostroverde.it).

La legge prevede poi che ogni azienda interessata dalla Valutazione d’impatto sanitario, in questo caso l’Ilva, abbia un mese di tempo per presentare le sue osservazioni. Ora: lo scorso 29 maggio Enrico Bondi aveva annunciato le dimissioni da ad dell’Ilva da appena due giorni. E al 4 giugno, giorno in cui il governo approvò il decreto legge 61 col quale lo nominava commissario straordinario Ilva, mancavano 6 giorni. La prima domanda che ci poniamo è dunque la seguente: in che veste Bondi ha chiesto a periti che avevano già lavorato per l’Ilva (come il dr. Carlo La Vecchia, per due anni componente del “Comitato Scientifico” del “Centro Studi Ilva”) di redigere una relazione a commento della Valutazione redatta da ARPA, AReS e ASL/TA? Secondo: perché Bondi non ha atteso di essere nominato commissario straordinario (attendendo anche la nomina di Ronchi come sub commissario avvenuta pochi giorni dopo) e quindi in quella veste dare mandato a periti esterni al “giro Ilva” di rispondere al documento di ARPA, AReS e ASL? Terzo: perché Bondi, pur conoscendo il contenuto della relazione ha preferito comunque inviarla ben 23 giorni dopo essere stato nominato commissario straordinario Ilva, quindi ben sapendo cosa ciò avrebbe scatenato?

Ma a nostro modo di vedere, le colpe non sono solo di Bondi. Perché l’art.6 della legge regionale in questione prevede che “entro 30 giorni dal ricevimento delle osservazioni dell’azienda, le autorità sottopongono alla Giunta regionale il rapporto ai fini della presa d’atto”. Dunque, dato che la lettera di Bondi con annesso “commento” dei periti Ilva è datata 27 giugno, ci sono ben 17 giorni di silenzio da parte della Regione e di ARPA sul documento in questione. Perché si è atteso che ben due quotidiani, il “Fatto Quotidiano” e la “Gazzetta del Mezzogiorno”, pubblicassero il contenuto della perizia Ilva, con le conseguenze che tutti conosciamo? Perché ARPA Puglia ha pubblicato soltanto lunedì 16 la lettera di Bondi, la relazione dei periti Ilva e la Valutazione d’impatto sanitario sul suo sito ufficiale?

Non solo: perché i due quotidiani su citati ha voluto realizzare questo finto “scoop” giornalistico, affibbiando a Bondi delle frasi in virgolettato che in realtà appartenevano ai quattro relatori della relazione, scatenando un caso mediatico sul nulla? Perché se è vero che lo stesso Bondi, anche se in maniera molto velata e piuttosto furba, avalla in un certo senso il contenuto della relazione quando nella lettera scrive che “dalla memoria emerge come i criteri adottati e la procedura valutativa seguita presentino numerosi profili critici, sia sotto il profilo dell’affidabilità scientifica, sia sotto il profilo delle conclusioni raggiunte”, è altrettanto vero che non ha mai pronunciato né sostenuto la folle teoria dei periti Ilva per i quali “è erroneo e fuorviante attribuire gli eccessi di patologie croniche oggi a Taranto a esposizioni occupazionali e ambientali occorse negli ultimi due decenni”, e che l’aumento dei tumori ai polmoni è da addebitare al consumo di sigarette: “è noto che a Taranto città portuale, la disponibilità di sigarette era in passato più alta rispetto ad altre aree del Sud Italia dove per ragioni economiche il fumo di sigaretta era ridotto fino agli anni ‘70”.

Eppure, a causa della “furbata” dei due quotidiani, tutta Italia si è indignata e ha chiesto le dimissioni di Bondi. Senza nemmeno prendersi la briga di andarsi prima a leggere la lettera del commissario straordinario. Fa inoltre specie che molti personaggi delle istituzioni locali e regionali che hanno avanzato nelle ultime ore la richiesta delle dimissioni, non solo siano clamorosamente invischiati nelle intercettazioni telefoniche nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Taranto sul disastro ambientale provocato dall’Ilva, ma soprattutto si mostrino come cani rabbiosi a difesa della moralità e dell’etica comune, quando per anni hanno avallato e sostenuto tutte le false teorie promulgate dall’Ilva e dai componenti della famiglia Riva. Come mai soltanto oggi mostrano quest’insolito coraggio?

Ciò detto, la verità è che se da un lato c’è chi opera in modo piuttosto strano (come i due quotidiani o la Regione, l’ARPA, l’ASL e l’AReS che hanno preferito far esplodere il caso mediatico e poi rendere noti i documenti in questione), dall’altro è innegabile come Bondi abbia messo in atto una strategia politica perfetta, nella cui trappola sono caduti tutti. Perché lasciando scoppiare questo finto caso diplomatico, ancora una volta l’attenzione dei cittadini e del resto dell’Italia viene spostata dalle cose concrete e più importanti per la difesa dell’ambiente e della salute dei cittadini. Perché a tutt’oggi, e sino a quando non saranno presentati il piano industriale e il piano per l’applicazione delle prescrizioni AIA (entrambi arriveranno dopo l’estate), l’Ilva è semplicemente un’azienda ancora una volta lasciata libera di “operare” come meglio crede. Chi infatti controllerà in queste settimane il siderurgico e le sue attività emissive, vista anche la soppressione della figura del Garante dell’AIA? Chi è in grado di affermare con assoluta certezza cosa avviene all’interno dell’Ilva? Chi tutela in questo momento l’ambiente e la salute dei cittadini? Nessuno.

Infine, lascia basiti leggere i tanti commenti di chi crede davvero che Bondi debba operare per il bene di Taranto e quindi dello Stato. Bondi fu chiamato dal gruppo Riva per tutelare gli interessi del gruppo e gestire da ad la vita dell’Ilva Spa “al meglio”. Ora è stato chiamato dallo Stato a gestire l’attività produttiva dello stabilimento, perché considerato strategico per l’economia nazionale. Possibile che si voglia ancora ignorare il fatto che gli interessi dello Stato siano gli stessi dell’Ilva e quindi del gruppo Riva? E che quindi Bondi tutelerà e difenderà finché possibile quegli interessi? Taranto, svegliati: sei circondata da gente che, in un modo o nell’altro, ancora oggi, è chiamata a difendere soltanto il suo grande o piccolo orticello che si ritrova a coltivare. Il tuo futuro, l’unico vero bene comune imprescindibile, ovvero la tua salute, quella dei tuoi cittadini e la tutela del tuo ambiente, puoi difenderlo soltanto restando unita e agendo compatta contro i tanti “cattivi maestri” che da troppo tempo in te hanno trovato dimora.

Gianmario Leone (TarantoOggi, 17.07.2013)

 

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