L’Ilva e l’indotto scomparso

TARANTO – Sarà il commercialista Mario Tagarelli la persona a cui il commissario dell’Ilva, Enrico Bondi, dovrà riferire sull’andamento della società nei prossimi 12 mesi. La designazione è avvenuta ieri all’unanimità dall’assemblea dei soci del Cda dell’Ilva Spa riunitasi a Taranto, con il voto favorevole in videoconferenza del socio di minoranza Valbruna Nederland, di cui ci occuperemo prossimamente. Tagarelli, che è colui al quale il gip Patrizia Todisco ha conferito il compito di amministratore dei beni del sequestro da 8 miliardi di euro sui beni e sui conti della capogruppo Riva FIRE (oltre che uno dei quattro custodi giudiziari nominati nell’ordinanza del 25 luglio scorso, a cui veniva affidata la gestione amministrativa dello stabilimento), andrà dunque a ricoprire la figura prevista dal quarto comma del decreto legge 61 varato dal Governo il 4 giugno e attualmente in discussione alla Camera per la conversione in legge, iter che dovrà essere completato entro il 4 agosto.

Il comma in questione prevede che “è garantita all’impresa, nella persona del legale rappresentante all’atto del commissariamento o di altro soggetto appositamente designato dall’assemblea dei soci, l’informazione sull’andamento della gestione e sulle misure di cui al comma 2”, che è quello che stabilisce il commissariamento dell’Ilva per 12 mesi “eventualmente prorogabili di 12 mesi fino ad un massimo di 36”, con l’obiettivo “primario” del proseguimento dell’attività produttiva dell’azienda. E’ bene infatti ricordare che il decreto legge del 4 giugno, ha sospeso temporaneamente i poteri del Cda dell’Ilva trasferendoli nelle mani del commissario Bondi, prevedendo appunto che gli azionisti siano comunque informati dell’andamento della società.

Non è un caso se l’ultima seduta del Cda Ilva del 5 giugno scorso, nella quale Tagarelli avrebbe dovuto nominare il nuovo board dell’azienda siderurgica essendosi lo stesso Cda dimessosi il 25 maggio a seguito del sequestro preventivo ordinato dal gip, si concluse con un nulla di fatto. Del Cda facevano parte anche il presidente Ilva Bruno Ferrante, l’amministratore delegato Enrico Bondi e il consigliere Francesco De Iure. Certo, è una nomina strana quella di Tagarelli. Ma una sua logica ce l’ha: visto e considerato che oramai è chiaro che il risanamento dell’area a caldo avverrà in piccolissima parte (viste le risorse esigue prospettate da Bondi) e che i soldi utilizzati non saranno certamente quelli del gruppo Riva, nominare chi è comunque amministratore dei beni della holding di famiglia è un modo come un altro per tenere vivi i legami con la proprietà.

Il mondo sommerso dell’indotto Ilva

Proprietà che sta “perdendo” tutti i suoi fiduciari all’interno dell’Ilva, ma che mantiene ancora un potere enorme all’interno dello stabilimento. Non è certamente storia di oggi infatti, che la famiglia Riva nel corso degli anni abbia eliminato quasi del tutto le aziende tarantine dall’indotto del siderurgico. Del resto, l’ufficio acquisti dell’Ilva continua ad avere sede a Milano. Domanda antipatica: Bondi lo sposterà da lì? Chissà. Intanto, è notizia di ieri che una commessa da 2 milioni di euro per l’adeguamento di due macchine previsto dall’AIA, è stata assegnata direttamente dall’ufficio Ilva di Milano alla alla ditta Omev di Vado Ligure. Entro i prossimi 15 giorni i 20 dipendenti della storica azienda metalmeccanica vadese, attualmente in cassa integrazione a rotazione, torneranno a lavorare proprio grazie a questa commessa che riguarda l’acciaieria.

Inoltre, ricordiamo come lo scorso dicembre riportammo su queste colonne la notizia secondo cui la Somin di Cologno al Serio fu scelta per svolgere le operazioni di spegnimento dell’altoforno 1. La Somin, azienda che opera nel settore da oltre 25 anni (con 125 dipendenti diretti e un indotto che genera altri 60 posti di lavoro), è specializzata nell’istallazione, manutenzione e grandi interventi su impianti per la produzione di acciaio. Mentre alla ditta Ksb Service Italia Srl di Venezia fu assegnato il compito di svolgere le attività di “discussione tecnica pompa Ksb impianto di desolforazione per valutazione tecnica non conformità ricambio installato”. Non solo. Perché basta scorrere la prima relazione trimestrale dell’Ilva in merito allo stato di attuazione delle prescrizioni previste dall’AIA, per accorgersi che tutte le ditta incaricate dei lavori o interpellate dall’azienda per fornire progetti e preventivi, non sono certamente di Taranto e provincia.

C’è ad esempio la famosa Paul Wurth, con sede centrale in Lussemburgo e sede italiana a Genova. C’è la Phoenix Compact con sede a Cusano Milano; la Siemens VAI Metals Technologies con sede a Linz, in Austria ed in Italia con sede a Marnate (provincia di Varese); la Ecoplants srl con sede a Parma; la Danieli & C.Officine Meccaniche SpA di Udine; la Golder Associates S.r.l. di Torino; la svizzera Environ Italy S.r.l con sede a Roma; la Arcadis Italia S.r.l. con sede ad Assago; la Corus Service Centre Milano Spa; la cecoslovacca Drevo; la francese Alstom Power Italia Spa la cui sede più vicina è Bari; la General Impianti del Gruppo Loccioni di Ancona; l’altra francese Bureau Veritas con sede centrale a Milano; la svizzera ABB; la toscana Terradata; l’abruzzese Laser Lab; la lombarda LabAnalysis srl con sede a Pavia; la piemontese Neosis S.a.s.; l’altra piemontese Theolab Spa; la VED srl di Priolo Gargallo in provincia di Siracusa; la Project Automation S.p.A. di Monza e la romana Prisma srl.

Ma è davvero credibile pensare che non ci sia tra Taranto e provincia un’azienda in grado di svolgere lavori di manutenzione o di bonifica sugli impianti dell’area a caldo dell’Ilva? E perché in tutti questi anni anche le più semplici ditte fornitrici tarantine sono state eliminate una dopo l’altra dal portafoglio dell’Ilva? Invero, non proprio tutte. Qualcuna si è miracolosamente “salvata”. Certo, appare molto strano che ad esempio i sindacati tacciano da anni su questo problema. In questo, ancora una volta, sono alleati di Confindustria Taranto e Confindustria Puglia, che difendono l’attività produttiva dell’Ilva tacendo, soprattutto per interessi e tornaconti personali, tutto quello che avviene all’interno del siderurgico.

Perché non denunciano che ancora oggi l’ufficio acquisti dell’Ilva ha sede a Milano? Perché non hanno denunciato in tutti questi mesi che non una sola ditta contattata per i lavori previsti dall’AIA ha sede a Taranto e provincia? E’ questo il diritto al lavoro che si vuole difendere? E’ questo il Pil che si deve assolutamente salvaguardare? E perché i tanti imprenditori tarantini che nel corso degli anni hanno subito questa lenta ed inesorabile epurazione, hanno taciuto in tutti questi anni? Perché non escono allo scoperto almeno adesso che la vicenda Ilva sta facendo scoprire ai tanti addormentati e distratti di questa città, anni di omissioni e compiacenze a tutti i livelli e in tutti i settori? Questa città, se vorrà davvero cambiare, dovrà farlo a tutti i livelli. “La libertà è un dovere, prima che un diritto è un dovere” (Oriana Fallaci, Firenze, 29 giugno 1929 – Firenze, 15 settembre 2006).

Gianmario Leone (TarantoOggi, 21.06.2013)

 

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