Mar Piccolo, addio al primo seno

TARANTO – E venne il giorno. Scade infatti quest’oggi la proroga concessa ai mitilicoltori dal tavolo tecnico regionale lo scorso 5 aprile, per lo spostamento dei mitili presente nel I seno del Mar Piccolo nelle aree di mar Grande. Delle 23 cooperative che operano nel I seno, soltanto in 8 sono riuscite a spostare i propri impianti nelle aree di fronte il lungomare. Chi aveva la concessione anche per il II seno, è riuscito a rifugiarsi lì. Il dramma scoppiato nel luglio 2011, è giunto dunque alla sua peggiore, ma inevitabile conclusione.

Nell’ultimo tavolo tecnico regionale, si è per fortuna convenuto sull’opportunità di rimandare la revoca delle DIA sanitarie rilasciate ai mitilicoltori del I Seno, per consentire l’allevamento del “novellame anno 2013” che dovrà essere inderogabilmente e definitivamente movimentato in aree idonee entro il 28 febbraio 2014. La data stabilita, non è per nulla casuale. Infatti, in una nota diramata dalla Regione Puglia lo scorso 5 aprile, si legge che “questa scadenza dovrà tenere conto delle determinazioni assunte dal Commissario Straordinario ad acta per la problematica ambientale di Taranto”. Perché entro febbraio del prossimo anno, si presume debbano avere inizio le operazioni di bonifica del mar Piccolo.

Dunque lo specchio di mare del I seno dovrà essere per forza “liberato” dagli impianti e degli allevamenti dei mitilicoltori. Ma quali dovrebbero essere queste “aree idonee” dove spostare il novellame del 2013, non è dato sapere. Probabilmente, allo stato attuale, nessuno è in grado di rispondere a questa domanda. Visto che non è detto che l’area di Mar Grande dove sono stati fatti trasferire gli impianti e i mitili adulti, lo sia. Perché come previsto dal tavolo regionale dell’8 giugno scorso, per avere la certezza sulla reale qualità dell’acqua di Mar Grande, si dovranno attendere i risultati delle operazioni di caratterizzazione condotte dalla ASL e che dovranno durare per i prossimi sei mesi.

Operazioni che hanno preso il via da poco con 12 prelievi, 10 dei quali hanno dato esito positivo. Prelievi che non saranno più a spese dei singoli mitilicoltori, ma sui quali sarà “garantita istituzionalmente attraverso una caratterizzazione generale dello specchio d’acqua in Mar Grande antistante il lungomare di Taranto”, come affermato dall’assessore regionale, Fabrizio Nardoni, lo scorso 5 aprile. Intanto però, lo spostamento degli impianti, con l’approdo degli allevamenti in Mar Grande che hanno necessitato della presenza dei famosi “corpi morti”, enormi basi di cemento armato del peso di 3,5 quintali che sosterranno i galleggianti e che sono stati trasportati con grandi imbarcazioni, è avvenuto a spese degli stessi mitilicoltori. I quali sanno che, comunque vada, subiranno l’ennesimo danno: perché il prodotto che verrà fuori dalle acque di Mar Grande avrà una qualità ed un sapore diverso rispetto a quello cresciuto e coltivato nel I seno del Mar Piccolo.

Il bacino più piccolo, come tutti oramai sanno, possiede infatti una salinità unica al mondo grazie alla presenza degli oltre trenta citri presenti sui fondali che immettono nel Mar Piccolo acqua dolce. Il quadro si chiude con un dettaglio non da poco e che in molti fanno finta di non ricordare: il 31 dicembre scade la concessione di due anni della Marina Militare per la zona di 369.00 mq individuata in Mar Grande, dove oggi sono “ospitati” gli allevamenti dei mitilicoltori. A tutt’oggi non è dato sapere se la Marina concederà una proroga o meno. Ma a vedere l’atteggiamento ostruzionista avuto sin dal luglio del 2011 per la delimitazioni dell’area, c’è poco da stare allegri. Del resto, ad oggi, i vertici della Marina si sono ben guardati anche soltanto dall’abbozzare un tentativo per chiedere scusa del danno arrecato a Taranto, al Mar Piccolo e ai mitilicoltori. Anzi.

Lo scorso 25 gennaio, nella Rada di Mar Grande a bordo della portaerei Cavour, avvenne il passaggio di consegne del Comando in Capo della Squadra Navale della Marina Militare fra gli Ammiragli di Squadra Giuseppe De Giorgi (cedente) e Filippo Maria Foffi. La cerimonia fu presieduta dal Capo di Stato Maggiore della Marina Militare Ammiraglio di Squadra Luigi Binelli Mantelli. Il quale sostenne che la Marina Militare, in oltre 100 anni di storia, non avrebbe inquinato il mare di Taranto, anzi: se c’è una verità è quella rappresentata dalla crescita della nostra città sotto tantissimi profili, proprio grazie alla presenza ed all’azione dell’Arsenale e della Marina Militare.

Così come presto torneremo ad indagare su a che punto sia il progetto presentato lo scorso anno dal Genio Militare “per la messa in sicurezza di emergenza dell’area ex IP” presso la Marinansen, denominato “Progetto preliminare di messa in sicurezza di emergenza delle acque di falda”. Tema sul quale ci siamo già scontrati con la Marina in merito ai tempi di attuazione, palesemente in ritardo rispetto al programma iniziale. Così come non è dato sapere se, come e quando i mitilicoltori tarantini riusciranno ad ottenere come parziale risarcimento, i finanziamenti europei promessi da tempo dalla Regione. Sui quali si è impegnato in prima persona il neo assessore regionale alle politiche agricole, Fabrizio Nardoni. Il quale ha garantito che a breve “come assessorato provvederemo ad immettere nuove risorse sul capitolo della pesca e dell’acquacoltura pugliese con la seconda tranche del Bando che metterà a disposizione ulteriori 8.500.000,00 euro”. Staremo a vedere.

E visto che siamo nel regno dell’incertezza, dovremo attendere almeno sei mesi per conoscere i risultati definitivi dello studio che effettuerà ARPA Puglia, che dovrà accertare la presenza o meno di sorgenti inquinanti ancora attive in Mar Piccolo. E soprattutto dovrà suggerire quale tecnica eseguire per l’eventuale bonifica dei fondali. Perché nell’atto di intesa sottoscritto a Roma il 26 luglio 2012 riguardante la bonifica e l’ambientalizzazione dell’area tarantina, è stato inserito il vecchio progetto del 2005 del ministero dell’Ambiente, in cui era previsto il dragaggio dei fondali dei primi 170 metri dalla banchina dell’Arsenale, per cui nel 2006 furono finanziati 26 milioni di euro. Finiti poi a Manfredonia.

Perché se da un lato è vero che all’epoca i mitilicoltori si opposero alla tecnica dei dragaggi (operazione sulla quale anche ARPA e CNR nutrono ancora oggi forti dubbi), è altrettanto vero che gli studi di approfondimento che la Provincia di Taranto avrebbe dovuto effettuare, non furono mai portati a termine. Ma come riportammo lo scorso 11 marzo, gli studi dell’ARPA mirano a sciogliere il vero nodo di tutta la faccenda bonifiche: stabilire con certezza scientifica lo stato di inquinamento in cui versano la falda superficiale e la falda profonda. Su quest’ultima nessuno è oggi in grado di dire come stiano effettivamente le cose. Ecco perché occorre effettuare questi studi. Sarebbe paradossale spendere 21 milioni di euro per una bonifica fittizia del Mar Piccolo che non risolverebbe, di fatto, il problema.

Anche perché, al di là dei due soggetti inquinanti oramai accertati (l’Arsenale Militare e la cava piena di PCB presente nella San Marco Metalmeccanica che attraverso la falda profonda che ha sede nella successione del Calcare di Altamura arriva nel I Seno dal lato dei Tamburi e del Galeso), ultimamente l’attenzione si è spostata proprio sui citri. Sì, perché pare che proprio la funzione che quest’ultimi svolgono da secoli, potrebbe avere un ruolo non secondario in tutta questa faccenda. Ma cosa accadrebbe qualora non si riuscisse ad individuare tutte le fonti inquinanti e la reale situazione della falda profonda? In questo caso ritornerebbe in auge una teoria che da anni viene avanzata anche da diversi esperti del settore: non effettuare alcun intervento di bonifica lasciando che il primo seno di mar Piccolo si auto bonifichi da solo.

Questo però potrebbe avvenire in un lasso di tempo abbastanza lungo, diversi anni: il che comporterebbe un intervento dello Stato (magari del ministero della Difesa e della Marina Militare) a sostegno dei mitilicoltori. Magari, quei 21 milioni potrebbero diventare un fondo di garanzia per le cooperative. Vedremo. Certo fanno sorridere tutti coloro i quali, istituzioni in primis, lamentano come il tempo stringa: entro dicembre tutto dovrà essere portato a termine (studi, progetti, bandi, assegnazione dei lavori), altrimenti si perderanno i finanziamenti previsti dalla delibera CIPE.

Ma invece di lamentarsi di ciò, dovrebbero spiegare perché dalla firma del protocollo per le bonifiche del SIN di Taranto-Statte (26 luglio 2012), alla nomina di Pini come Commissario straordinario per la gestione delle bonifiche (11 gennaio 2013), siano passati ben sei mesi. Tempo utilizzato in attesa che lo Stato salvasse l’Ilva dall’azione della magistratura tarantina. In questo quadro desolante, la nostra totale solidarietà non può che andare ai mitilicoltori e, anche se solo idealmente, alle acque del Mar Piccolo. Un dono della natura, l’ennesimo, che abbiamo pensato bene di ignorare per decenni, lasciando che venisse lentamente avvelenato giorno dopo giorno. Nessuno di noi può dirsi esente da colpe e sentirsi assolto.

Gianmario Leone (TarantoOggi, 30 aprile 2013)

 

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