Lorenzin, un ministro (della Salute) da brividi

TARANTO – Dal governo tecnico targato Monti a quello delle larghe intese varato da Enrico Letta, per Taranto cambierà poco in tema di ambiente e salute. Soprattutto per quanto attiene il ministero della Salute, le perplessità sono decisamente tante. Sarà infatti Beatrice Lorenzin, 42 anni, deputata del Popolo della Libertà, a prendere il posto di Renato Balduzzi. Nata a Roma il 14 ottobre 1971 sotto il segno della bilancia, ha il diploma di liceo classico. Domanda: ma per fare il ministro non ci vorrebbe come minimo una laurea? E’ un paese strano, il nostro. Perché proprio nel giorno in cui la Lorenzin viene nominata ministro della Salute, il ministero dell’istruzione pubblica il decreto che stabilisce le modalità con le quali si svolgeranno i test di ammissione alle facoltà a numero chiuso programmato a livello nazionale, tra le quali Medicina.

Da quest’anno infatti, conterà anche il voto del diploma, che contribuirà alla valutazione del test di ingresso alle facoltà a numero chiuso nazionale. Il voto di diploma avrà un peso non superiore al 10%, ma occorrerà comunque conseguire la maturità con almeno 80 centesimi. Il test di ammissione  –  come rilevano da  Alpha test  –  comprenderà 60 domande, così ripartite: 5 di cultura generale, 25 di ragionamento logico, 14 di biologia, 8 di chimica e 8 di fisica e matematica, e diminuisce anche il tempo a disposizione: 90 anziché 120 minuti. Inoltre, nel 2013, i posti per Medicina e chirurgia sono in calo: 152 in meno rispetto ai 10.173 dello scorso anno. Cosa debba pensare un maturando di fronte alla nomina della Lorenzin, è facilmente immaginabile. Ma qui non è soltanto una questione di titoli. Anzi. Perché il neo ministro nello scorso inverno, durante una puntata della trasmissione di approfondimento politico di Rai Tre, Ballarò, in cui si parlava della vicenda dell’Ilva, ha sviscerato il suo pensiero di cui ora riporteremo soltanto i “concetti”salienti (l’intero video è sul sito www.inchiostroverde.it).

A domanda del conduttore, se la vicenda dell’Ilva sia una storia di corruzione e mala imprenditoria o altro, la Lorenzin così attacca: “E’ una storia di incapacità nella gestione di una crisi aziendale e ambientale, che coinvolge non soltanto Taranto, ma tutto l’indotto dell’acciaio italiano”. Il che è già un non rispondere, visto che la domanda era chiaramente incentrata soltanto sulla vicenda Ilva. Dopo di ciò, la Lorenzin si lancia a gamba tesa contro la magistratura tarantina: “E’ una situazione paradossale: perché dopo aver fatto un accordo con il governo, la Procura boccia l’accordo con il governo”. Ignorando del tutto che si è di fronte ad un’inchiesta in cui si è ravvisato un reato penale e dimenticando che la magistratura non è un partito politico. Perché secondo la Lorenzin, in qualsiasi altro paese industrializzato, “come Germania e Francia, mai una procura avrebbe potuto bloccare l’indotto dell’acciaio”.

Peccato che altrove le leggi lo Stato le fa rispettare e le stesse industrie hanno interesse a rispettarle (in Germania il gruppo Riva ha recentemente vinto un premio per la qualità ambientale di uno dei suoi impianti). Dopo di che la Lorenzin si lancia in una breve disamina di politica economica, sostenendo che dalla situazione Ilva ne stiano guadagnando i competitor europei e mondiali “come le aziende tedesche e i colossi indiani, che magari pensano di usufruire di una futura svendita dell’Ilva”. Da tutto questo, “non ci guadagna nessuno: né lo stato italiano, né i cittadini di Taranto”. Per questo, appare scontato il plauso al lavoro dell’ex ministro dell’Ambiente, Corrado Clini. Da qui il suggerimento di far diventare l’AIA, da semplice atto amministrativo, “un decreto”: in modo tale da imporre ai giudici tarantini il rispetto della legge.

Ma per la Lorenzin il gruppo Riva avrà qualche “piccolissima” colpa in tutto questo? “Indubbiamente ci sono state delle “rilassatezze”, risponde il neo ministro. Che però, dopo aver sostenuto tutte queste tesi, ammette candidamente che “io non ho in mano gli atti giudiziari”. Ed allora come fa un deputato della Repubblica italiana a parlare di una vicenda di cui praticamente ammette, implicitamente, di non sapere nulla? Parla per partito preso, senza essersi nemmeno preso la briga di andarsi a leggere le carte dell’inchieste, perizie incluse. Ma siccome il vocabolario politichese possiede infinite varianti linguistiche, la Lorenzin aggiusta il tiro dichiarando che “c’è stato un percorso che ha avuto degli stop and go”.

Ma la lezione non è ancora finita. Perché “quando succedono queste cose, si deve fare una trattativa: a quel punto la magistratura non può intervenire nel lavoro di un governo. E’ qui che c’è un conflitto”. Cioè: la Lorenzin non sa nemmeno che la realtà, è del tutto opposta alla sua versione: perché è il governo italiano che è intervenuto nella vicenda giudiziaria dell’Ilva, salvando l’azienda dalle azioni della Procura e non certamente il contrario. Insomma, per la Lorenzin in questo paese “c’è una seria crisi democratica”.

Infine, una lezione di storia che potrebbe valergli una laurea ad honoris causa, visto che quella vera la Lorenzin non la possiede. “La magistratura è storicamente la spada del re. Colei che ha potere di vita e di morte sui cittadini, che storicamente sono difesi dal potere legislativo. Quando il potere legislativo non riesce a difendere i cittadini e la spada del re diventa strumento di potere, la democrazia è a rischio”. Bene. Questo è il neo ministro alla Salute. Altro non è il caso di aggiungere. Poche parole, invece, per il neo ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando, ai più sconosciuto. Intervistato dal “Secolo XIX”, Orlando ha dichiarato che la prima cosa da fare sarà “curare le ferite inferte da un cattivo sviluppo industriale”. Staremo a vedere.

Gianmario Leone (TarantoOggi, 29.04.2013)

 

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