Ilva, i fatti stanno a zero

TARANTO – Dopo l’incontro di mercoledì al ministero del Lavoro a Roma, i dirigenti dell’Ilva e i sindacati si sono incontrati come previsto nel pomeriggio di ieri negli uffici del siderurgico. Anche questa volta, si è trattato di una riunione interlocutoria: si è semplicemente approfondito quanto discusso a Roma il giorno prima, senza però decidere nulla.

Si proverà a farlo da oggi, quando inizieranno una serie di incontri in cui si dovrà discutere della cassa integrazione straordinaria chiesta dall’Ilva per 6.417 operai del siderurgico tarantino sino al dicembre del 2015. Si parlerà anche di corsi di formazione, si analizzeranno le situazioni di ogni singolo reparto e si proverà a capire se l’apertura sui contratti di solidarietà avanzata dall’azienda nella riunione romana, sia reale o meno.

Il vero paradosso è però un altro. Ed è sempre lo stesso da mesi. Anche ieri infatti, l’azienda non ha né presentato né accennato ad alcun piano industriale. Né ha fornito ai sindacati il piano investimenti con il quale si certifica la copertura finanziaria per i vari interventi previsti dall’AIA. In pratica, tanto per essere chiari, si discute da mesi sul nulla, visto che manca la base sulla quale costrire ogni iniziativa per il futuro. Il tempo però, almeno per i sindacati, stringe: il 14 marzo a Roma infatti, si dovrà raggiungere l’accordo sulla cassa integrazione. Il che vorrà dire che l’azienda dovrà in un modo o nell’altro iniziare a scoprire le carte. E stando così le cose, c’è poco da stare allegri.

Anche perché due giorni prima, martedì 12, il tribunale del Riesame si pronuncerà sul ricorso presentato dall’Ilva in merito alla decisione del gip Patrizia Todisco che ha dato mandato ai custodi giudiziari di vendere l’acciaio sequestrato all’azienda lo scorso 26 novembre, i cui proventi saranno congelati su un conto corrente sino al pronunciamento definitivo della Corte Costituzionale sull’intera vicenda. Decisione avversata con ardore dall’Ilva, che vorrebbe invece rientrare in possesso dell’acciaio, venderlo e poi utilizzare i circa 900 milioni incassati come parziale copertura per gli interventi previsti dall’AIA.

Qualora il Riesame non dovesse accogliere l’istanza dei legali dell’azienda, prevediamo che l’incontro del 14 marzo sarà alquanto bollente. Anche perché nella riunione di martedì a Roma, come dichiarato anche dal segretario generale della Fiom di Taranto, Donato Stefanelli, all’Ilva è stato assegnato un importante “compitino per casa”: ovvero trovare i soldi per tutti gli interventi previsti nell’AIA. Sarà anche per questo motivo se nei prossimi giorni è previsto un consiglio di amministrazione dell’Ilva SpA, nel quale sarà probabilmente approvato un bilancio in negativo.

Sempre restando in tema AIA, dallo scorso 28 febbraio è online sul portale dell’ISPRA, l’Istituto Superiore per la Ricerca Ambientale, il sito “Garante dell’AIA per l’Ilva”. Il portale consente una agevole consultazione delle prescrizioni che sono state impartite allo stabilimento per il rilascio dell’autorizzazione e ad ogni utente di verificare lo stato della loro attuazione. Questo il link a cui ogni singolo cittadino può accedere:www.isprambiente.gov.it/it/garante_aia_ilva/aia-e-controlli/aia-e-controlli. Tra i vari documenti caricati sul sito, vi è anche la “Tabella riassuntiva dello stato di attuazione delle prescrizioni come comunicato dall’ILVA il 27 gennaio 2013”. Come si potrà notare, tranne per quanto riguarda le fasi di spegnimento dell’AFO 1 e delle batterie 5 e 6 (peraltro previste dall’azienda ben prima del sequestro dello scorso 26 luglio), gli interventi più importanti sono ancora in fase di progettazione, per altri quest’ultima risulta essere conclusa, per altri ancora si parla di ordini già inviati. Tra i tanti lavori non ancora attuati, la famosa copertura dei nastri trasportatori.

Nella tabella è la prescrizione numero 6: “Si prescrive all’azienda, con riferimento alla prescrizione del paragrafo n. 9.2.1.11 del decreto di AIA del 4 agosto 2011, di completare e integrare entro 3 mesi dal rilascio del provvedimento di riesame dell’AIA, l’intervento denominato “Interventi chiusura nastri e cadute”, mediante la chiusura completa (su tutti e quattro i lati) di tutti i nastri trasportatori di materiali sfusi, con sistema di captazione e convogliamento delle emissioni in corrispondenza dei punti di caduta (compresi salti nastro)”.

Risponde l’Ilva: “Le attività di chiusura sui 4 lati di tutti i nastri trasportatori dello stabilimento sono attualmente in corso. Per la prescrizione in oggetto è stata inoltrata da ILVA una istanza di modifica non sostanziale con nota Dir. 257 del 17.12.2012. A seguito di detta istanza è stata inoltrata ulteriore comunicazione con cui si è specificato che il termine per l’adeguamento di tutti i nastri trasportatori dello stabilimento è previsto per l’ottobre 2015 (nota ILVA Dir. 19/2013 del 17.01.2013)”.

Bene. Facciamo un salto nel passato. L’8 gennaio del 2003 viene firmato il primo dei quattro tristemente famosi atti d’intesa. Presenti: il Commissario delegato per l’emergenza ambientale in Puglia, Raffaele Fitto, il presidente della Provincia di Taranto, Rana, i sindaci dei Comuni di Taranto, Di Bello e di Statte, Mastromarino, le Organizzazioni sindacali (ad eccezione della Uil) ed il rappresentante legale dell’ILVA spa, Claudio Riva. Nel testo dell’accordo si legge: “Nell’ambito del piano di adeguamento saranno considerate anche le migliori modalità di trasporto via nastro delle materie prime a servizio e nell’ambito dello stabilimento”.

Oltre un anno e mezzo dopo, il 21 giugno del 2004, si svolge l’ennesimo incontro in Regione. Presenti: il Presidente/Commissario Fitto, Comuni di Taranto e Statte, Provincia di Taranto e organizzazioni sindacali. I quali, dopo aver “convenuto sulla idoneità del programma di adeguamento alle BAT presentato nel mese di maggio dall’ILVA, in aggiunta agli interventi proposti dalla società, il Presidente Fitto ha richiesto e ottenuto dal Gruppo Riva la disponibilità a realizzare ulteriori importanti interventi finalizzati alla riduzione della diffusione di polveri nell’ambiente. Tali ulteriori interventi riguardano la più volte auspicata copertura completa dei nastri trasportatori dall’area portuale (molo del 2° e 4° sporgente) all’area Parchi Minerali”. Siamo nel 2013 e quegli interventi devono ancora essere posti in essere. Ma l’Ilva ha chiesto un ulteriore proroga al 2015. In totale fanno 12 anni per coprire 90 km di nastri trasportatori. Vogliamo ancora credere alle favole?

Gianmario Leone (TarantoOggi, 07.03.03)

 

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