L’Ilva tra Aia, tecnici Ispra e Corte Costituzionale

TARANTO “Stiamo aspettando da Ilva una risposta industriale e finanziaria circa l’affidabilità del suo impegno”. Questa frase non è nostra. Non è stata pronunciata da un operaio, né da un sindacalista. Non appartiene ai tanti politici impegnati in questi giorni di campagna elettorale a promettere “mari e monti” per il futuro di Taranto. Non è nemmeno degli ambientalisti o del comitato dei “liberi e pensanti”. L’ha pronunciata il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, a Genova: non una città qualunque quindi, quando si parla di Ilva. Strana affermazione quella del ministro, visto che a metà novembre 2012, dalla commissione istruttoria dell’autorizzazione integrata ambientale arrivò il via libera al piano tecnico presentato dall’azienda al ministero dell’Ambiente, per ottemperare le prescrizioni contenute nell’AIA rilasciata all’Ilva lo scorso 26 ottobre.

Dunque, la prima domanda che ci poniamo è: a quale documento la commissione istruttoria ha conferito parere positivo? E il ministro Clini quel piano tecnico l’ha mai visto? O si è accontentato dell’ennesimo fascicoletto patinato sfornato dall’azienda all’interno dei quali da anni scrivono di essere una delle aziende migliori del mondo? Così come torniamo a chiederci come sia possibile che l’azienda affermi di aver già ottemperato al 65% delle prescrizioni, quando deve ancora presentare un piano industriale che dia certezze ed affidabilità alle tante parole a vuoto pronunciate dallo scorso luglio ad oggi. Non solo. Perché la domanda va girata anche ai Comuni di Taranto e Statte, oltre che alla Provincia. Venerdì scorso infatti, durante un incontro sull’AIA tra le associazioni ambientaliste e l’assessore provinciale all’Ambiente Giampiero Mancarelli, lo stesso annunciava come alle due amministrazioni comunali fosse arrivata, da parte dell’Ilva, la richiesta dei permessi edilizi per la costruzione della copertura dei parchi minerali.

Domanda: ma nella richiesta dell’Ilva era anche presente la copertura finanziaria dell’intervento? Com’è possibile infatti che nel giro di appena 24 ore il ministro dell’Ambiente affermi che si è ancora in attesa di un piano industriale e delle relative garanzie finanziarie circa la sua affidabilità, mentre l’assessore provinciale all’Ambiente annunci che l’azienda ha chiesto i permessi per costruire delle strutture che costeranno centinaia, se non miliardi di euro? E’ chiaro che qui qualcuno mente sapendo di mentire. Perché se l’Ilva è in grado di pagare interventi così onerosi, non è assolutamente vero che è in difficoltà economica. Dunque, non è vero che non può pagare gli stipendi ai lavoratori e che rischia di chiudere da un giorno all’altro. Giusto ad onor di cronaca, ricordiamo che l’Ilva ha affidato la progettazione e i lavori alla società Paul Wurth.

E che secondo le prescrizioni AIA entro 36 mesi si dovrà procedere alla copertura del parco minerali primario, mentre entro un anno i due parchi più piccoli (Omo e Nord Coke). Altrettanto fa riflettere il fatto che l’azienda sia in ritardo con la copertura dei quattro lati dei nastri trasportatori, lunghi 200 chilometri, che smistano i minerali dai parchi agli impianti dell’area a caldo. L’AIA prevedeva tre mesi di tempo per ottemperare a questa operazione. L’Ilva invece ne ha coperti appena il 10% e ha chiesto una proroga sino ad ottobre 2015. Richiesta motivata con il fatto che per “blindare” i nastri, l’azienda dovrebbe fermarli. Il che vorrebbe dire svuotare i parchi minerali di materie prime e quindi bloccare la produzione dell’area a caldo. Evento impossibile per l’azienda ed il ministro Clini, così come per le nostre istituzioni che pare si siano bevuti anche quest’ennesima boutade dell’azienda.

In arrivo garante e tecnici ISPRA

In settimana proveranno a capirci qualcosa i tecnici dell’ISPRA e il Garante dell’Autorizzazione integrata ambientale, l’ex procuratore generale della Cassazione, Vitaliano Esposito, attesi a Taranto nei prossimi giorni. Tocca infatti proprio ai tecnici ISPRA verificare se l’azienda stia ottemperando o meno le prescrizioni e il loro ordine temporale. In una relazione inviata a Roma giorni addietro, l’azienda ha come detto fornito la sua versione fiabesca. Gli esiti della verifica saranno poi comunicati al Garante, il quale incontrerà in questi giorni i rappresentanti dei sindacati e delle associazioni ambientaliste. Il Garante, nominato dal Governo, ha l’obbligo, in base alla legge 231 del 24 dicembre 2012, di redigere ogni sei mesi una relazione sullo stato di avanzamento del risanamento ambientale della fabbrica. Ricordiamo che l’AIA rilasciata il 26 ottobre scorso, riguarda soltanto il contenimento delle emissioni inquinanti dell’area a caldo. A completamento dovranno esserci due ulteriori autorizzazioni: una per le discariche, acque di scarico e rifiuti industriali, che però doveva essere pronta entro il 31 gennaio scorso, ed un’altra, infine, per le centrali elettriche entro fine maggio 2013.

Mercoledì appuntamento alla Consulta

Intanto mercoledì si riunirà la camera di consiglio della Corte Costituzionale chiamata a decidere sull’ammissibilità dei due conflitti di attribuzione fra poteri dello Stato sollevati dalla Procura di Taranto. Il primo, giunto alla Consulta alla fine del 2012, riguarda il decreto legge 207 del 3 dicembre scorso; il secondo, depositato nelle scorse settimane, riguarda invece la legge di conversione, appunto la n. 231. Mercoledì si gioca dunque il primo di una serie di match decisivi in questa infinita vicenda. E’ bene però precisare che nella camera di consiglio di mercoledì, la Consulta non deciderà nel merito dei due ricorsi ma si esprimerà solo sulla loro ammissibilità. Nel caso di giudizio favorevole, si aprirà poi un’ulteriore fase. Come detto si tratta soltanto del primo di una serie di appuntamenti importanti.

Oltre ai conflitti di attribuzione infatti, alla Corte Costituzionale sono giunte anche le impugnazioni fatte sia dal gip, Patrizia Todisco, che dai giudici del Tribunale dell’Appello, i quali hanno sollevato diverse eccezioni di incostituzionalità rispetto alla stessa legge 231. Il gip e il Tribunale dell’Appello, sospendendo ogni decisione sulla richiesta dell’Ilva di dissequestrare le merci sequestrate lo scorso 26 novembre, hanno rimesso la legge alla Corte Costituzionale, sottolineando tra le altre cose come l’ordinamento non preveda che le norme abbiano effetto retroattivo e che quindi le merci sequestrate – nel caso specifico coils, lamiere e tubi – tornino nella disponibilità di un’azienda che è sotto inchiesta giudiziaria oltre ad avere i suoi proprietari ai domiciliari o in arresto all’estero.

Per il gip Todisco la legge 231 vìola ben 17 articoli della Costituzione mentre per i giudici dell’Appello sono 5 gli articoli della Carta Costituzionale ad essere stati violati. Subito dopo essere stato nominato, il nuovo presidente della Consulta, Franco Gallo, ha assicurato tempi brevi per le decisioni considerata l’importanza della questione e le sue ripercussioni dirette sui temi dell’ambiente, della salute e del lavoro. La storia è ancora tutta da scrivere.

Gianmario Leone (TarantoOggi, 11.02.2012)

 

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